Dal Salmo 131
Custodiscimi, Signore, nella pace
Signore, non si esalta il mio cuore
né i miei occhi guardano in alto;
non vado cercando cose grandi
né meraviglie più alte di me.
Io invece resto quieto e sereno:
come un bimbo svezzato in braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato è in me l’anima mia.
Israele attenda il Signore,
da ora e per sempre.
di Ettore Sentimentale
Ci troviamo di fronte a uno dei salmi più brevi ma nello stesso tempo più intensie teneri dell’intero salterio. È un “canto delle ascensioni” intriso di fiducia e secondo molti esegeti l’immagine a cui direttamente rimanda sarebbe quella di una donna che giunta alle porte di Gerusalemme dopo il lungo pellegrinaggio, contemplando il suo bambino “sicuro e tranquillo” aggrappato a lei, proprio dal piccolo appena svezzato, la madre impara l’abbandono e l’umiltà davanti a Dio. Suggestiva e intrigante questa ipotesi, che penso profondamente vera.
Potrei proseguire a scrivere tutte le immagini dei rimandi biblici collegati a questo salmo, ma scelgo di offrire una pagina che sintetizza benissimo il messaggio di questo poema, che obbliga perentoriamente a pensare a Santa Teresa di Lisieux. Mi sembra un modo “alternativo e valido” per riprendere il discorso sulla “santità”, cominciato con la Solennità di Ognissanti dello scorso 1 novembre. Contestualizzo brevemente lo scritto e poi ricopio il testo della lettera.
Siamo nel giugno del 1897, 15 mesi prima era stata rieletta come priora del Carmelo di Lisieux Madre Maria Gonzaga, dopo il triennio della sorella della santa, Madre Agnese di Gesù. E in questo momento Teresa viene sollecitata a riprendere a scrivere. Lo fa “per rispondere al desiderio della Madre”alla quale indirizza il “manoscritto C”. Ecco il testo che a mio giudizio – senza per questo sminuire tutta la ricchezza di esegesi ed ermeneutica biblica – commenta profondamente il nostro salmo. Lo trovate in S. TERESA DI GESU’ BAMBINO, Gli scritti, Postulazione dei Carmelitani, Roma 1995, 252-253.
“Lei lo sa, Madre, ho sempre desiderato essere una santa, ma ahimé, ho sempre accertato, quando mi sono paragonata ai santi, che tra essi e me c’è la stessa differenza cha tra una montagna la cui vetta si perde nei cieli, e il granello di sabbia oscura calpestata sotto i piedi dei passanti. Invece di scoraggiarmi mi sono detta: il buon Dio non può ispirare desideri inattuabili, perciò posso, nonostante la mia piccolezza, aspirare alla santità; diventare più grande mi è impossibile, debbo sopportarmi tale quale sono con tutte le mie imperfezioni, nondimeno voglio cercare il mezzo di andare in Cielo per una via ben diritta, molto breve, una piccola via tutta nuova. Siamo in un secolo d’invenzioni, non vale più la pena di salire gli scalini, nella case dei ricchi un ascensore li sostituisce vantaggiosamente. Vorrei anch’io trovare un ascensore per innalzarmi fino a Gesù, perché sono troppo piccola per salire la dura scala della perfezione. Allora ho cercato nei libri santi l’indicazione dell’ascensore, oggetto del mio desiderio, e ho letto queste parole pronunciate dalla Saggezza eterna: «Se qualcuno è piccolissimo, venga a me» (Pro 9,4). Allora sono venuta, pensando di avere trovato quello che cercavo, e per sapere, o mio Dio, quello che voi fareste al piccolissimo che rispondesse al vostro appello, ho continuato le mie ricerche, ed ecco ciò che ho trovato: «Come una madre carezza il suo bimbo, così vi consolerò, vi porterò sul mio cuore, e vi terrò sulle mie ginocchia» (Is 66,13-12). Ah, mai parole più tenere, più armoniose hanno allietato l’anima mia, l’ascensore che deve innalzarmi fino al Cielo sono le vostre braccia, Gesù! Per questo non ho bisogno di crescere, al contrario bisogna che resti piccola, che lo divenga sempre più”.
Fa molto bene tornare costantemente allo spirito di Lisieux e quando è possibile magari farsi pellegrini sui luoghi di Teresa Martin…