Dal Salmo 23
Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare.
Ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia,
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.
Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.
di Ettore Sentimentale
Fra tutti i salmi incontrati in questo anno liturgico, quello del “pastore” è stato – senza alcun – dubbio il più frequente. Così, anche questa volta, per commentare il carme desidero concentrare l’attenzione su un’espressione attorno alla quale poter articolare la riflessione. E visto che questo salmo ci viene proposto nella solennità di Cristo Re, mi sembra opportuno collegare le parole del cantico con il “giudizio universale” (Mt 25, 31-46, testo evangelico della relativa domenica).
Le parole del versetto 3 che intendo far risuonare, nella versione letterale suonano così: “mi guida per sentieri di giustizia per amore del suo nome…”. Qui l’orante afferma che il pastore traccia il sentiero nel quale le sue pecore devono marciare, non un sentiero spazioso dove l’uomo si troverebbe a suo agio, ma una “via stretta” (cfr. Mt 7, 13-14), forse difficile da percorrere, ma sicura perché è il Pastore a guidare il gregge. E stando alla versione letterale, il sentiero di cui parla il salmo è fatto “di giustizia”, si tratta quindi del cammino in cui il male non ha alcun accesso. La domanda – un po’ retorica – serve solo a farci riflettere: il pastore bello potrebbe forse condurre il suo gregge per un “cammino ingiusto”? Sarebbe pura follia!
Bisogna però precisare che in mezzo al mondo nel quale viviamo, punteggiato di false strade asfaltate di corruzione e violenza di ogni genere, per riuscire a percorrere il “sentiero di giustizia”, è necessario che il nostro animo aneli alla gioia dell’incontro definitivo con il Signore, che il vangelo sintetizza nell’invito: “Venite benedetti del Padre mio…” (Mt 25, 34). Detto altrimenti: “teniamo lo sguardo fisso su Gesù” (Eb 12,2), lì dove si trova: poveri, ammalati, immigrati, esuli, carcerati, etc…e saremo capaci di seguirlo sul “sentiero di giustizia” da lui tracciato.
A questo punto bisogna sviscerare la vera motivazione di questa contemplazione, abilmente descritta nel cantico. Tutto questo avviene “per amore del suo nome”. Sì, proprio così. Per amore di Lui e perché gli apparteniamo. Non dice forse la Scrittura che noi portiamo inciso il suo nome sulla fronte (cfr. Ap 22,4)?
Avanziamo in questo mondo portando il “marchio di fabbrica” di cui parla S. Paolo in Col 3,1 esortandoci a vivere la novità: “Se siete risorti con Cristo cercate le cose di lassù…”.
Oggi, per non smarrirci, abbiamo bisogno urgente della luce particolare, quella del Pastore che traccia il nostro percorso con delle “porte strette” (come si fa sulle piste da sci). Varcandole noi vedremo il Signore così come egli è e ci sazieremo della contemplazione del suo volto.