di ANDREA FILLORAMO
Riporto e rispondo, a: ……..@hotmail.it, in cui fra l’altro leggo: “ …..sarebbe necessaria una tua presa di distanza da quanto in Facebook un prete messinese scrive nei confronti del nuovo arcivescovo e degli altri preti…………..”
Più volte dalle righe di questo giornale ho invitato indirettamente ma sempre in modo pressante il prete di cui nell’allegata email a rivedere la sua posizione piuttosto negativa nei confronti dell’arcivescovo Accolla, che, a mio parere, con molte difficoltà ma semprecon grande impegno sta affrontando i molteplici problemi dell’arcidiocesi peloritana, tenendo particolarmente conto che in dieci mesi dal suo insediamento un vescovo, chiunque egli sia, non può fare miracoli. Pertanto le lagnanze di quel prete, i suoi piagnistei, le sue accuse, le malevoli interpretazioni, la rivelazioni di veri o presunti scandali sessuali, che avrebbero come protagonisti suoi confratelli, seminano fango su tutta una categoria. Non pensa quell’«uomo di Dio» che il fango prima o dopo si puòrivoltare verso chi lo produce o lo espande. Si tratta di pettegolezzi che quel prete divulga procurando dei danni, maschere che occultano la sua mancanza di stabilità psicologica che bisognerebbe accertare. Egli forse non sa che dei pettegolezzi dei preti si è interessato lo stesso Papa Francesco, che ha tuonato continuamente contro il loro chiacchiericcio, cioè il loro “chiacchierare prolungato e molesto, per lo più sommesso, le dicerie maligne, i pettegolezzi” (vedi il Treccani alla voce “chiacchiericcio”). A tal proposito Papa Bergoglio dice: "Quello che distrugge di più la fraternità sacerdotale sono le chiacchiere. Il chiacchiericcio è un atto terroristico, perché tu con la chiacchiera butti una bomba, distruggi l’altro e te ne vai tranquillo! (…..). Per favore, niente chiacchiere. Sarebbe bello mettere un cartello all’entrata: «Niente chiacchiere»". Il Papa, quindi, condanna il pettegolezzo, che è molto frequente fra le persone e al quale, a suo parere, si dedicano anche i preti che vengono meno al loro impegno di carità di cui dovrebbero dare piena testimonianza. Rammento che il pettegolezzo è un fenomeno che è stato molto studiato dagli psicologi sociali. Per loro esso è un "discorso valutativo che riguarda una persona che non è presente": non è quindi oggettivo ed esprime solo uno stato d’animo di chi lo fa spesso per cattiveria; è "un processo comunicativo informale che riguarda informazioni valutative sui membri di un contesto sociale". Interessante sapere, per il caso che stiamo esaminando, che l’etimologia inglese del termine "gossip" (pettegolezzo), fa risalire l’espressione all’inglese antico "God-sibb":letteralmente una persona collegata a un’altra per volere di Dio, cioè il rapporto particolare di due persone molto intime, che parlano di questioni personali, ma anche di relazioni, condividendo molti segreti. La parola italiana "pettegolezzo" invece, secondo alcuni studiosi, potrebbe derivare dal termine "pithecus" (scimmia). Da qui la formulazione della teoria secondo la quale l’umano pettegolare sia simile al "grooming" dei primati: questi ultimi, spulciandosi reciprocamente, riescono infatti a mantenere le relazioni con la loro cerchia, che in natura conta circa 50 individui. Le cerchie degli esseri umani invece, che sono molto più vaste (in media il social network reale di ogni persona conta circa 150 individui) richiedono, secondo la teoria citata, strumenti sociali come il pettegolezzo, per mantenere i contatti con tutti. Il pettegolezzo trova spazio e ancora una volta torniamo al caso denunciato dall’email, quando le persone hanno poco in comune e dunque non hanno discorsi o interessi da condividere: in questo caso si ricorre al pettegolezzo proprio per riempire dei vuoti, per superare momenti di silenzio o di noia. Leggo su Internet: “L’annoiato è in un continuo stato di sospensione psicologica che limita la sua percezione di se stesso, degli altri e del mondo a un vissuto di insoddisfazione permanente. Ai suoi occhi, le cose, le persone e il tempo si avvicendano prive di senso e si velano di tristezza. Le altre emozioni orbitano intorno alla noia come attutite, ferme, senza spinta vitale. L’idea centrale dell’annoiato é il «non aver nulla da fare» e, allo stesso tempo, la pesante certezza che fare qualcosa sarà troppo faticoso e per altro troppo deludente per giustificare lo sforzo di attivarsi in una qualche direzione”.