Perchè Papa Benedetto XVI si è dimesso?

di ANDREA FILLORAMO

Perchè Papa Benedetto XVI si è dimesso? E’ questa una domanda che torna continuamente, segno che fino ad oggi delle risposte chiare non ci sono e navighiamo, quindi, fra dubbi ed incertezze, che lasciano spazio a fantasie e addirittura a complotti che si sarebbero svolti all’interno della Chiesa. E’ certo che le cause delle dimissioni del papa tedesco, per quanto egli ha voluto che noi sapessimo, stanno nella comunicazione delle dimissioni, data ai cardinali, quando ha detto: “nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, e’ necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me e’ diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato”. Essendo, però, il pontificato di papa Benedetto una prosecuzione del pontificato precedente, le dimissioni, in una certa misura, erano prevedibili e auspicabili da chi vedeva che si era esaurita l’onda lunga di una vasta area di adesione che Giovanni Paolo II era riuscito abilmente a costruire attorno a sé e si rendevano evidenti i problemi di una Chiesa in grande difficoltà. Tali problemi consistevano in fatti morali, organizzativi, strutturali e comportamentali e non ultime in scelte economico-amministrative che il papa polacco aveva lasciato in eredità al suo successore. Il cardinale tedesco, essendo per 27 anni compartecipe con Giovanni Paolo II della gestione organizzativa e dottrinale della chiesa, sapeva di essere corresponsabile, nel bene e nel male, con il papa di tutte le sue scelte e quindi anche dei suoi eventuali errori. Egli conosceva perfettamente gli strumenti e i meccanismi con i quali Giovanni Paolo II era riuscito a tenere sotto controllo la nave ecclesiastica per evitare che si schiantasse nei marosi che la minacciavano ma, avendo una personalità diversa dal suo predecessore o ritenendo che da allora molte cose stavano cambiando anche nella chiesa, cercò di utilizzarli ma non sempre riuscì nel suo intento. Pertanto la situazione, ad un certo punto, gli sfuggì di mano. Vedendo che tutto gli stava crollando addosso veniva, quindi, assalito da uno stato di depressione reattiva, dovuta anche all’età che avanzava e si sentì costretto ad abbandonare la nave di Pietro. Sono stati, quindi, le eventuali “defaillances” del lungo pontificato di Giovanni Paolo II, a causare il “malessere” e la crisi del suo successore? Probabilmente. Una tesi del genere ovviamente non può essere accettata da quei cattolici che hanno voluto l’immediata canonizzazione del papa polacco al grido di “Santo subito”, ammiratori di un uomo che sicuramente ha dato anche testimonianza di vita autenticamente cristiana. Da osservare, però, che la santità è una categoria religiosa, che si ispira alla fede e non è una categoria storica. Lo storico o chi guarda laicamente ai fatti che succedono, nel leggere anche la storia della Chiesa, dei suoi papi, deve necessariamente assumere criteri di accertata scientificità e fare con molta attenzione l’analisi delle singole realtà, mettendo talvolta in dubbio il detto: “vox populi, vox Dei”. Egli, pertanto, analizzando i 27 anni del pontificato di Giovanni Paolo II non può non porsi tante domande. Non può non vedere le penombre del pontefice polacco, santificato con tanto di cerimonia fastosa e sfarzosa. La sua lotta contro l’idea comunista, in ogni caso positiva gli ha fatto inevitabilmente e con molta probabilità tralasciare l’immensa sporcizia che si andava sedimentando nella Curia e soprattutto nello Ior, la cosiddetta "banca dei preti", oscuro forziere in cui sono transitati i capitali più sporchi della "strategia della tensione" . La sua vicinanza, più che altro comunanza tout court, con l’Opus Dei gli fece prendere la sciagurata decisione di concedere la "prelatura personale", "massoneria bianca" fondata dal reazionario Escrivà de Balaguer, prete spagnolo, amico e consigliere del dittatore Francisco Franco. L’Opus Dei ha il controllo di una cospicua catena di banche ed un’infinità di aziende nel mondo e ha tutte le caratteristiche di una setta segreta. Allo stesso modo lo storico rimane stupido davanti al papa polacco quando del 1987, in Cile strinse la mano a Augusto Pinochet affacciandosi con lui dalle finestre del palazzo presidenziale e guadagnandosi il titolo di “Giuda” da parte delle madri dei desaparecidos. Da sapere che Augusto Pinochet tra 1976 e il 1983 attuò un sistema di terrore grazie all’acquiescenza delle diplomazie internazionali. La “sparizione forzata” di tanti è ancor oggi considerata dal Tribunale penale internazionale e dalle Nazioni Unite un crimine contro l’umanità. E ancora: nell’ottobre 1998, Papa Woityla ha beatificato Aloysius Stepinac, vescovo cattolico, che si rese complice dei misfatti perpetrati in Croazia da Ante Pavelic. Beato, inoltre, nel periodo in cui il cardinale era segretario dell’ex Santo Uffizio, diventò anche Pio IX cioè quel papa che affermava nelle sue Instruzioni del 20.6.1866 che: “la schiavitù in quanto tale, considerata nella sua natura fondamentale, non è del tutto contraria alla legge naturale e divina; Possono esserci molti giusti diritti alla schiavitù e sia i teologi che i commentatori dei canoni sacri vi hanno fatto riferimento. Non è contrario alla legge naturale e divina che uno schiavo possa essere venduto, acquistato, scambiato o regalato.” Pio IX si è reso anche autore del Sillabo, del razzismo contro gli ebrei, degli assassini di patrioti italiani che lottarono per l’unità d’Italia. Inoltre Wojtyla ha coperto una quantità considerevole di abusi sessuali commessi da preti cattolici. Potremmo ancora continuare l’elenco di fatti accaduti durante il suo pontificato, incluse le condanne di molti teologi che cercavano di affrontare i problemi della fede in un mondo in continuo cambiamento. La pesante eredità di Giovanni Paolo II adesso è gestita da Papa Francesco che con coraggio affronta le difficoltà e anche le ostilità di una certa parte della Curia Romana, che non accetta che il pontefice argentino voglia, ad ogni costo, realizzare una “Chiesa dei poveri”, che faccia da contraltare alla “Chiesa dei ricchi” del periodo dei suoi due ultimi predecessori.