Ci troviamo immersi nel “tempo forte” di Avvento

di Ettore Sentimentale

Ci troviamo immersi nel “tempo forte” di Avvento, durante il quale la Chiesa offre con maggiore abbondanza la lettura di brani profetici, dal sapore prettamente messianico.
Parto da qui per offrirvi qualche spunto di riflessione sulla dimensione profetica dei cristiani, vista nelle varie articolazioni. Non mi soffermerò tanto sull’aspetto squisitamente teologico, quanto sulle ricadute esperienziali.
Se da una parte questa attitudine affonda le radici nelle grandi figure del primo testamento (Isaia, Geremia…) è ovvio che il suo punto culminante è in Gesù.
Se dovessi descrivere in un battuta in cosa consista la “vocazione profetica”, potrei dire che si tratta di vivere vicinissimo alla vita della gente al fine di rispondere alle sue problematiche, in modo “spiazzante” rispetto a ciò che essa ha l’abitudine di vedere o comprendere. Ovvero, comportarsi in un modo che faccia problema, che tenti di annunciare ciò che è l’uomo denunciando ciò che lo “calpesta”. Il profeta è l’uomo dalla parola che “deraglia” dalla formalità (estetica e contenutistica), non per il piacere di essere originale, ma per una necessità interiore. E, per noi cristiani, ciò avviene in ragione di quel che abbiamo ricevuto da colui che ci abita.
La nozione di essere “abitati” mi sembra essenziale. Non è un’idea o un semplice programma. Essa viene da più lontano e dal più profondo. Penso a Martin Luther King, a Oscar Romero, ma pure alle comunità di “piccoli” che si levano – e ve ne sono tante soprattutto in America Latina – nei momenti in cui viene messo a repentaglio il bene di tutti. Penso soprattutto alle comunità ecclesiali di base. Attenzione! Noi cristiani non abbiamo il monopolio di questa attitudine. Riconosciamo che altri possano avere delle parole o delle iniziative anche forti in rapporto alle urgenze dalle quali attingono la ragione e la forza per dare gusto, colore e spessore alla dignità dell’uomo.
Di fronte alla gravità dei problemi della società contemporanea, bisognerebbe che le energie del seguito di Gesù e quelle positive che si radicano negli uomini di buona volontà, diano un certo “peso” agli eventi della vita odierna. Voglio precisare ulteriormente. Non basta essere contestati per rientrare nella dimensione profetica, ma bisogna mettere in campo una scelta di vita che si leva in nome della giustizia e che provochi “necessariamente” dei contraccolpi.
Diciamolo apertamente, senza acredine ma con spirito di umiltà e verità: se da un lato riconosciamo l’inerzia della Chiesa in tante occasioni , dall’altro ammiriamo la presa di coscienza di alcune comunità cristiane (guidate da vescovi e preti) che sono state spesso emarginate e “messe a morte”. Secondo le previsioni di Gesù: “ ed ecco, io vi mando profeti, sapienti e scribi, di questi alcuni ne ucciderete e crocifiggerete, altri ne flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città” (Mt 23,34).
Su queste linee di “provocazioni gesuane” possiamo rileggere la vicenda dello stesso Gesù e la sorte di Giovanni Battista che ha reso testimonianza al suo impegno profetico mettendoci la faccia, anzi la testa…
Cari amici, in questo scorcio di fine anno, prendiamo il coraggio a due mani e chiediamo al Signore di darci “la forza anche domani di rendere il suo amore” (Mario Piatti).
Auguri di ogni bene per le festività natalizie.