Il 4 febbraio si celebra la Giornata Mondiale contro il Cancro, patologia che, solo in Italia, colpisce un considerevole numero di pazienti: ben 369.000 i nuovi casi registrati nel 2017 (192.000 fra i maschi e 177.000 fra le femmine) e più di 3 milioni e trecentomila le persone che, oggi, vivono con una diagnosi di tumore.
Complessivamente la sopravvivenza a 5 anni fa registrare dati decisamente più alti nelle donne (63%) rispetto ai valori riportati per gli uomini (54%); questa differenza è determinata soprattutto dal tumore alla mammella, che rappresenta la neoplasia più frequente nel genere femminile ma che si caratterizza per una buona prognosi.
“Fino a pochi anni fa – commenta il Prof. Antonio Pellicer, Presidente Gruppo IVI – una diagnosi di tumore escludeva la possibilità di una gravidanza dopo la guarigione perché le terapie utilizzate per combattere la malattia possono compromettere la normale funzionalità delle ovaie e quindi la fertilità delle pazienti. Ma oggi – prosegue il Prof. Pellicer – la paziente oncologica può ricorrere a tecniche per preservare la capacità riproduttiva e, quindi, può rimanere incinta anche dopo trattamenti farmacologici e chirurgici importanti”.
La tecnica più diffusa è la vitrificazione degli ovociti che ormai garantisce tassi di successo nelle gravidanze analoghi all’utilizzo di ovociti freschi: attraverso la vitrificazione gli ovociti vengono conservati mediante un raffreddamento ultrarapido che evita la formazione di cristalli di ghiaccio, proteggendo così gli ovuli per il tempo necessario.
“Per le pazienti oncologiche – afferma Daniela Galliano, Direttrice del Centro IVI di Roma – la prospettiva di una gravidanza dopo la malattia può rappresentare un fattore determinante per affrontare il faticoso percorso terapeutico che le aspetta. IVI già dal 2007 promuove un programma gratuito di preservazione della fertilità dopo eventi di carattere oncologico dal titolo “Madre dopo il cancro, Padre dopo il cancro”, al quale hanno aderito 908 donne che hanno deciso di vitrificare i propri ovociti e che ha permesso la nascita di 25 bambini sani. Le donne, infatti, una volta guarite possono sottoporsi a una fecondazione in vitro con gli ovociti scongelati; è importante sottolineare che il programma IVI non impone nessun vincolo all’utilizzo degli ovociti vitrificati”.