Don Ettore Sentimente andrà a Santa Teresa Riva

di ANDREA FILLORAMO

Ho conosciuto tanti preti ammalati di “carrierismo”, cioè dell’attaccamento esagerato alla propria immagine e, quindi, dell’attenzione alla propria carriera. Mi chiedevo nel passato e me lo chiedo ancora nel presente: forse è nel DNA del prete, in contrasto con ciò che il Vangelo predica, ambire a primogeniture, optare per passerelle di vanità, offrire il fianco alla chiusura settaria? E’ forse nella natura del prete voler indossare talari scarlatte, coprire la testa con strani copricapo che ricordano l’antico Egitto, voler diventare ad ogni costo monsignore, senza tener conto che quanto egli desidera nulla ha a che fare con il sevizio presbiterale? I preti carrieristi spesso considerano la Chiesa come un grande palcoscenico dove poter recitare la loro parte facendo credere che tutto vada bene, noncuranti del fatto dì essere stati recentemente diventati il bersaglio di Papa Francesco, ritenuti da lui colpevoli di tradire l’essenza del loro compito: “c’è una malattia nella Chiesa che bisogna debellare- egli dice – Si tratta della malattia della rivalità e della vanagloria: quando l’apparenza, i colori delle vesti e le insegne di onorificenza diventano l’obiettivo primario della vita, dimenticando le parole di San Paolo: ‘non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri’ (Fil 2, 1-4). È la malattia che ci porta a essere uomini e donne falsi e a vivere un falso «misticismo» e un falso «quietismo». Lo stesso San Paolo li definisce ‘nemici della Croce di Cristo’ perché ‘si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra’ (Fil 3, 19)”. La Chiesa, costituita da uomini, è sempre un luogo in cui vengono fuori vizi e virtù dei singoli, che spesso cercano solo di apparire. “Quando un vescovo o un prete va sulla strada della vanità, entra nello spirito del carrierismo e fa tanto male alla Chiesa". Diciamolo con chiarezza: nella arcidiocesi di Messina il nuovo arcivescovo Mons. Giovanni Accolla, dimostrando intelligenza, rapidità nelle decisioni sta dimostrando come aggredire il virus del carrierismo. Nessun protocollo imposto dalla tradizione, infatti, gli ha impedito di individuare il nuovo vicario generale, il nuovo rettore del seminario, il nuovo presidente della Caritas e di fare altre nomine: “uomini giusti al posto giusto". Sono convinto che per lui non esistano i concetti di promozione e di bocciatura ma quello di servizio. Mi perdoni don Ettore Sentimentale, già precedentemente nominato da Accolla vicario episcopale della riviera Ionica, un prete sicuramente non carrierista, che ha lottato, anzi, durante l’episcopato precedente il carrierismo, che fra qualche giorno si insedierà come arciprete a Santa Teresa Riva, se colgo l’occasione per fargli i migliori auguri. Credo di conoscere bene don Ettore sul quale sicuramente punta, a ben ragione, l’arcivescovo per un miglioramento della diocesi. Don Ettore è una bella persona, che sa come avvicinare gli altri. Non intende egli conquistare il mondo, ma semplicemente vuol vivere con gli altri un umanesimo in Cristo. Sono certo che quel che avvenuto nelle due parrocchie dove egli è stato parroco avverrà anche a Santa Teresa Riva. Sono certo: i fedeli si incontreranno con un vero uomo di Dio.