di Andrea Filloramo
Rispondo così come posso alla domanda inviatami via email: “è vero che tutti i preti (o quasi) sono omosessuali?”
Accade spesso che gli esseri umani, affamati di disperata ricerca di cose semplici da capire, procedano mediante una logica on/off, secondo la quale una cosa che non è bianca è – ahimè – nera. È evidente come questo modo di pensare produca errori, fallacie, scelte sbagliate e non di rado disastri. Fa parte di un fenomeno più generale che si può chiamare "rigidità di pensiero" rigidità relazionale, esistenziale. Purtroppo la funesta attività ottundente della generalizzazione estende il suo dominio anche all’interno delle nostre menti, spesso governate da generalizzazioni non solo implicite, ma per di più inconsapevoli. Basterebbe questa considerazione, anch’essa non priva di generalizzazione per rispondere al quesito posto, ma così facendo non si affronta il problema della presunta omosessualità dei preti. Quindi è totalmente falsa l’affermazione che tutti o quasi tutti i preti siano omosessuali ma che ci siano pochi o molti preti omosessuali nessuno può metterlo in dubbio. È certo, però, che al pregiudizievole “orientamento sessuale” diverso, molti preti non danno molto peso, né forse di esso si rendono perfettamente conto, sapendo che la Chiesa, pur sostenendo che l’omosessualità sia contro natura, non la giudica immorale in sé, in quanto la ritiene una condizione subìta, come qualunque altra patologia, da trattare benevolmente. Per i cattolici, perciò, solo un atto può essere colpevole e non un orientamento, che deve essere rispettato. Questo potrebbe essere il motivo per il quale ci sono dei preti omosessuali che riescono a conciliare il loro impegno di castità previsto dal loro status con le loro inclinazioni. Nessuno, pertanto, oggi si meraviglia se il consulente della Segreteria per la Comunicazione del Vaticano, padre James Martin, afferma che “alcuni santi erano probabilmente gay. Una certa parte dell’umanità è gay. Anche una certa parte dei santi poteva esserlo. Potresti essere sorpreso quando in Paradiso verrai salutato da uomini e donne gay”. Un conto, quindi, è l’omosessualità e un altro è la pratica dell’omosessualità: i santi, come i tanti cattolici che si ritrovano nell’orientamento sessuale verso il proprio stesso genere, sono invitati dalla Chiesa a vivere l’insegnamento di Gesù all’interno della propria vita, uomo, donna, gay, peccatore, santo che siano. Come del resto ripete lo stesso Papa Francesco, la condanna va al peccato e mai, per nessun motivo, al peccatore. Quanto qui affermato è una implicita condanna anche dell’omofobia esistente anche in una parte del clero cattolico, considerata anche come paura di venire considerati omosessuali, con i conseguenti comportamenti volti ad evitare gli omosessuali e le situazioni considerate associate ad essi. L’omofobia consiste nel giustificare, condonare o scusare atti di discriminazione, di marginalizzazione perpetrati contro una persona in ragione della sua reale o presunta omosessualità.