di VINCENZO ANDRAOUS
Pasqua non è soltanto una preghiera, un sussurro, bensì è una intercessione, una spinta a fare un passo in avanti, in mezzo, dove la bufera imperversa.
Pasqua è qualcosa di più, è memoria storica di una ingiustizia rimasta a mezz’aria, come i legni e i chiodi stanno appesi alle pareti.
Pasqua è la compassione di una sofferenza, il riconoscimento di un grido che rimane strozzato in gola, la richiesta che sale alta da chi offeso, umiliato, ferito, ammazzato nella solitudine imposta.
Pasqua è giustizia per chi è rimasto senza giustizia, per chi è assente, per chi è presente più della sua lontananza.
Pasqua è finalmente il segno tangibile della speranza, della capacità di ognuno e ciascuno di appropriarsi di vista prospettica, di un progetto, di una strada in cui camminare al centro, non più ai bordi, non più con le spalle al muro.
Pasqua non è Gesù incontrato ieri, non è la Madonna vista oggi, neppure è sentiero di Damasco, ma tracce e orme sparse qua e là, di uomini spesso sconosciuti, ma impossibili da non vedere, seguire, fare proprie, passo dopo passo, in un mondo fatto di domani, domani, domani.