
di Andrea Filloramo
Il Ponte sullo Stretto di Messina è un’opera dagli eterni ritorni. Ipotizzato nel 1969, anno in cui il ministero dei Lavori pubblici indisse un primo concorso di idee internazionale sul tema, fu progettato preliminarmente nel 2003, poi di nuovo nel 2010 e nel 2011.
Nel tempo sono stati presentati proclami e bloccati i cantieri sul nascere. Ciò fino all’avvento del governo Meloni, che si decise, senza forse prevedere gli ostacoli, a dare avvio ai lavori, dopo essere stato sollecitato dal ministro Salvini, il quale, per motivi elettoralistici e per altri motivi che qui non oso accennare, fece diventare l’incompiuto progetto del ponte la bandiera della sua mai accertata operatività politica,
Tuttavia, come si può osservare, l’inizio dei lavori tutt’oggi viene sempre rimandato sine die, al di là di quello che dice o promette il ministro, poiché il progetto continua a scatenare polemiche sui costi che sicuramente sono insostenibili, sulla fattibilità, e particolarmente sull’impatto ambientale dell’opera.
Non mancano i messinesi e i calabresi, che, considerano l’ipotetica costruzione del ponte una provvidenziale occasione che assicurerebbe un notevole numero di posti di lavoro in due regioni destinate a un sempre maggiore impoverimento. Uno studio, però, sui benefici che l’opera avrebbe sull’economia italiana, svela che le due regioni meridionali (insieme) avrebbero meno occupati, minori benefici economici e più limitato impatto sulle famiglie rispetto a Lombardia e Lazio.
Ciò viene affermato dallo stesso Salvini che ammette candidamente che dei cantieri del ponte “La Lombardia sarà la prima a fruirne per maggior lavoro e maggiore crescita economica”.
Da quanto detto, appare chiaramente che il ponte sullo Stretto rimane fino ad oggi un progetto molto controverso e si continua a parlare di ricadute economiche, di reti ferroviarie e di rischi sismici ma forse – da quel che si sa – è l’impatto sull’ambiente, finora passato quasi in secondo piano, a fermare la sua realizzazione: Lo dicono Legambiente, LIPU e WWF.
Una cosa bisogna dirla: oggi abbiamo maturato una sensibilità, per il sociale e l’ambiente, per la natura, che prima non avevamo.
Richiamo alla memoria, senza alcuno sforzo, un “motivetto”, cioè un breve motivo musicale facile e leggero, con cui, quando ero bambino, veniva esaltata con poche parole la bellezza della città di Messina, posta da Dio in un contesto paesaggistico tra i più significativi ed espressivi al mondo per la sua bellezza e unicità, tanto decantata fin dall’antichità, a partire dal poeta Omero.
Il motivo – lo ricordo perfettamente – è il seguente “E chi ti manca terra di Cariddi pì essiri a cchiù bedda di li beddi. Tu hai u mari, u suli e i stiddi e u canali pì li venticeddi”, che tradotto significa: “Cosa ti manca o terra di Cariddi ( Messina) per essere la più bella fra tutte le città belle. Tu hai il mare, il sole e le stelle e il canale dove soffiano i venti ( Stretto)”.
Da osservare che, per stare in armonia con il corpo e con la mente, è necessaria sempre una connessione con la natura, e, quindi, conoscerla, rispettarla e preservarla da ogni manomissione, da ogni interesse o speculazione che è sempre un impoverimento per l’intera collettività. Nella sua utilizzazione devono guidarci parsimonia e razionalità: perché la violenza contro il territorio e contro le sue risorse, quali che siano i pretesti con cui siamo soliti mascherarla, non è che una forma della più generale violenza contro uomini e cose che imbarbarisce il mondo.
Per E. Goldsmith, uno dei più grandi ecologi del nostro tempo, scrive che la Natura è la prima insegnante d’etica dell’uomo. Una cosa, perciò, è giusta se tende a conservare l’integrità, la stabilità e la bellezza del mondo naturale, è sbagliata, invece, se tende a qualcos’altro.
Per finire: il Ponte sullo Stretto – a parere di molti – potrebbe essere “ una cattedrale nel deserto”. E’ questa una locuzione sempre usata con tono polemico e con riferimento a impianti dislocati in aree depresse, senza un’adeguata previsione della funzionalità delle infrastrutture esistenti, e perciò sproporzionati, antieconomici, incapaci di dare avvio ai miglioramenti ambientali.