Un’opera potente che racconta l’uccisione di Thomas Becket, arcivescovo di Canterbury, per mano di quattro cavalieri inviati da re Enrico II.
È Assassinio nella cattedrale. Murder in the Cathedral, nuova produzione del Centro Teatrale Bresciano realizzata in collaborazione con Progetto Teatrando che vede Moni Ovadia tornare a essere protagonista di una produzione CTB (dopo i recenti successi di Oylem Goylem e Dio ride Nish koshe), insieme a Marianella Bargilli. Per il capolavoro di Eliot, un cast di altissimo livello, e la regia di Guglielmo Ferro.
In scena per la cinquantesima Stagione del Centro Teatrale Bresciano, intitolata Il mondo nuovo, Assassinio nella cattedrale è la decima produzione del cartellone 2023-2024 del CTB: sarà al Teatro Sociale di Brescia (via Felice Cavallotti, 20) dal 27 febbraio al 3 marzo 2024, tutti i giorni alle ore 20.30, la domenica alle ore 15.30.
Assassinio nella cattedrale. Murder in the Cathedral di Thomas Stearns Eliot vede la regia di Guglielmo Ferro; sul palcoscenico Moni Ovadia con Marianella Bargilli, insieme ad Agostino Zumbo e (in ordine di apparizione) Viola Lucio, Pietro Barbaro, Francesco M. Attardi, Daniele Gonciaruk, Plinio Milazzo, Mario Opinato, Emanuela Trovato. Le scene sono di Salvo Manciagli, le luci di Santi Rapisarda, le musiche di Massimiliano Pace, i costumi della Sartoria Pipi Palermo per una produzione Centro Teatrale Bresciano, Progetto Teatrando.
Assassinio nella cattedrale è realizzato grazie al sostegno di Ministero della Cultura, Gruppo A2A, Fondazione ASM, Gruppo BCC Agrobresciano, ABP Nocivelli.
Cattedrale di Canterbury, 2 dicembre 1170. Sono gli ultimi giorni dell’Arcivescovo Thomas Becket, di ritorno dalla sua permanenza in Francia durata sette anni. La monarchia, sempre più potente e pericolosa, è divenuta una reale minaccia, tanto che Becket stesso esprime con rassegnazione ai suoi sacerdoti la consapevolezza di andare incontro al martirio. Alcuni giorni dopo, infatti, quattro cavalieri inviati da Enrico II lo accuseranno di tradimento e porranno fine ai suoi giorni.
“Mai come oggi – spiega il regista Guglielmo Ferro – il capolavoro di Eliot rappresenta una testimonianza senza tempo sul rapporto fra opposti, nel cuore della civiltà occidentale: potere temporale e potere spirituale, ragione e fede, individuo e stato, libertà e costrizione. In questa vicenda leggiamo il dramma e l’esizialità delle scelte che oggi si compiono davanti ai nostri occhi. Di più: vi leggiamo lo iato fra la micro e la macro storia; fra la grande vicenda dell’umanità e la vicenda privata, piccola – a volte inutile, quasi sempre insignificante – di ciascuno di noi.
L’ambiguità del potere e del suo sistema nel rapporto con gli individui è sempre presente: manipolatorio, ricattatorio, inafferrabile. (…) Una costante dell’infingimento, della manipolazione – appunto – del Sistema, che indirizza i destini di interi popoli senza – apparentemente – esercitare coercizione, ma, anzi, promuovendo libertà e democrazia.
Oggi, il nostro allestimento, la nostra versione del dramma, mira appunto a questa ‘trasversalità’ storica; a questa ‘atemporalità’, orientata a togliere la matrice specifica a questo conflitto, restituendola a una dimensione più generalmente estesa. Una rotta precisa, un percorso fatto di convincimenti profondi. Una scelta confermata anche dalla presenza del maestro di Teatro Civile più genuino che il nostro Paese esprime in questo momento: Moni Ovadia. Artista, attore, ‘cantore dell’impegno’, che – anche – nella sua appartenenza alla cultura yiddish, suggerisce una polifonia di linguaggi e istanze antropologiche, oltre che storiche, civili e sociali”.