Il “sesso è un dono di Dio”. Così ha scritto Papa Francesco nell’Esortazione Apostolica “Christus vivit.” dedicata ai giovani. “Non è un tabù”, come lo è stato sempre nella Chiesa Cattolica, dove il solo accenno alla sfera sessuale ha causato sempre polemiche e giudizi impietosi.
di ANDREA FILLORAMO
Il “sesso è un dono di Dio”. Così ha scritto Papa Francesco nell’Esortazione Apostolica “Christus vivit.” dedicata ai giovani. “Non è un tabù”, come lo è stato sempre nella Chiesa Cattolica, dove il solo accenno alla sfera sessuale ha causato sempre polemiche e giudizi impietosi.
Finalmente una parola chiara, anche se fatta solo per accenni, da parte di un Papa, una rivoluzione, che seppellisce venti secoli di sessuofobia, anche se non è la prima volta che il papa afferma che “la sessualità è un dono divino per amarsi e generare vita e non un parco giochi con tanti clienti senz’anima”.
Ha perfino ammonito che il “matrimonio include la sessualità: non rifiutatevi l’un l’altro” e ancora: “Il sesso è il dono di Dio per amare. E’ passione, è l’amore appassionato. Il vero amore è appassionato. L’amore tra un uomo e una donna, quando è appassionato, ti porta a dare la vita per sempre. Sempre e a darla con il corpo e l’anima”.
Lo sappiamo: Chiesa e società, fino ad oggi, non hanno mai potuto trattare di questo tema con pacatezza e serenità, Da un lato, infatti, abbiamo una società secolarizzata, per la quale la libertà di vivere la propria sessualità è intesa come affrancatura da un contesto che identifica nella Chiesa cattolica l’ultimo baluardo di un mondo retrogrado. Dall’altro abbiamo ancora nella stessa Chiesa e non solo nei preti che per legge non possono praticare il sesso, gente che fa molta fatica a scoprire il valore della sessualità umana e il significato che ha nella vita delle persone.
Tanti cattolici identificano il sesso con il peccato, forse addirittura l’unico peccato che si può compiere – così è stato a loro insegnato – e, pertanto, non sanno reinterpretare i cambiamenti intercorsi negli studi di questa materia, e spesso non sono accompagnati da un adeguato approfondimento in campo antropologico e morale.
Si spera che nella Chiesa maturi l’idea cristiana di sessualità di Papa Francesco, di non facile attivazione, data la “mens communis” che si è imposta in ciascuno di noi, e che si segua l’indicazione di Papa Bergoglio, che, come usa sempre fare, demolisce ogni muro che impedisce di vedere la verità alla luce della parola di Dio, filtrandola da ogni incrostazione a dir poco moralistica che può diventare, volendo ancora parlare della sessualità come considerata da molti cattolici, fonte di patologie difficili a trattare.
Nessuno oggi può mettere in dubbio che l’identificazione della sessualità con il peccato costringa l’inconsapevole fedele, da quando era bambino, a continui stress, la cui problematica può influire sempre sulla sua salute fisica e psichica.
In uno studio pubblicato nel 2005 su Biological Psychology, è emerso come l’attività tranquilla erotica riduca sensibilmente i livelli di stress, ansia e depressione, grazie al ruolo protettivo di ormoni.
Le università di Oxford e Coventry hanno dimostrato come una regolare attività sessuale possa rallentare l’invecchiamento cellulare, soprattutto a livello del cervello, il tutto influendo positivamente anche sulle capacità del sistema immunitario: il contatto ravvicinato con il partner, stando alle rilevazioni della Wilkes University in Pennsylvania, agisce positivamente sulle capacità dell’organismo di sconfiggere infezioni e malattie.
E’ la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità che in considerazione di specifiche valutazioni formulate nel settore, asserisce la validità del binomio –vita sessuale soddisfacente – mantenimento di un buon stato di salute generale. E’ un paradigma di notevole importanza che esprime compiutamente una correlazione molto stringente tra sessualità e salute.
Ecco perché la forzata rinuncia della sessualità che è un insopprimibile bisogno di vita, un po’ come respirare, nutrirsi, dormire, implica necessariamente la patologia della rinuncia con la relativa patologia della degenerazione, dalla quale possono aver origine alcuni fenomeni come il femminicidio e la pedofilia.