Ognuno ha la sua storia, c’è chi ha seguito le orme di un familiare, chi ha trovato una macchina fotografica in soffitta, chi ha fatto l’assistente di un grande professionista…
Io non ho seguito nessuna di queste tre strade. Nessuno in famiglia era un fotografo, non ho mai avuto una soffitta dove scoprire tesori fotografici e non ho fatto da assistente a nessun professionista. Ma sono comunque riuscita a diventare fotografa. Come? Ecco la mia storia.
Ho iniziato da autodidatta nel 2006. Non ho seguito corsi o frequentato scuole, ma ho studiato libri, seguito corsi e tutorial online, fatto molta pratica.
Prima di raccontarti “come si diventa fotografi”, dobbiamo fare un passo indietro. Perché prima di iniziare come fotografa ho fatto altri lavori e in ognuna di quelle esperienze ho imparato qualcosa che mi è stato molto utile nel lavoro di fotografa.
Prima di essere una fotografa
Nell’estate della maturità, mi chiamarono, per il mio primo lavoro: dovevo colorare fumetti a computer per “Il Giornalino” (che aveva sostituito il “Corriere dei piccoli” per chi ha la mia età, sarà sicuramente un ricordo nostalgico dell’infanzia), un periodico per ragazzi. Era un lavoro che mi piaceva parecchio e inoltre, lavorando da casa, era un precursore del telelavoro moderno.
Imparai a gestire i miei tempi, riuscendo al tempo stesso ad essere produttiva e puntuale nelle consegne, e ritagliandomi del tempo per me.
Quello fu già un primo insegnamento, che portai con me nel momento in cui decisi di aprire la partita IVA da fotografa.
Dopo quel lavoro cominciai ad occuparmi di grafica, fu un periodo molto precario, presi così la decisione di cercare anche un altro lavoro. Lo trovai in un ufficio di contabilità. Tutto l’opposto di ciò che amavo, ma decisi comunque di farlo, perché avevo bisogno di lavorare.
Era un lavoro noioso e ripetitivo, io che ero abituata ai colori e alla creatività mi ritrovavo in un posto dove ogni giorno dovevo svolgere sempre gli stessi compiti. La responsabile dell’ufficio non me la rendeva facile, ma col senno di poi capisco quanto mi abbia temprata a livello di pazienza e di tenacia, altri due aspetti fondamentali per diventare fotografi.
Ho tenuto duro ma sapevo che non volevo fare quello. Ho continuato a cercare un cambiamento, qualcosa che mi facesse uscire da lì e fare qualcosa che sentivo più nelle mie corde.
L’occasione fu un corso sulla creazione di siti web. Ai tempi, di siti web non sapevo nulla (era il 2002!), ero un po’ preoccupata di buttarmi in tale impresa, ma, al tempo stesso, volevo cogliere al volo qualunque opportunità mi avesse portata via da dov’ero.
Alla fine decisi di afferrare quell’occasione. La vedevo come un nuovo inizio ed effettivamente molte delle cose che mi sono successe dopo, nacquero proprio da quel nuovo percorso.
Fu lì che ho conobbi un mio ex.
“Sì, Monica, ma che ce frega della tua vita amorosa? Vogliamo sapere come si diventa fotografi, non diventare Maria De Filippi!”
Un attimo di pazienza, è un tassello importante per arrivare alla fotografia.
Fu lui, infatti, a regalarmi la prima Canon compatta digitale, con cui iniziai a fotografare qualunque cosa. Aveva visto delle foto che avevo fatto durante un viaggio, e lo avevano colpito. Da lì gli venne l’idea di farmi quel regalo, in modo che non avessi avuto il limite del rullino.
Mi spronò ad esercitarmi. Probabilmente vedeva qualcosa che io non riuscivo a vedere nelle mie foto. Dopo circa un annetto in cui fotografai di tutto, mi fece incontrare un suo amico, Alessandro Guerriero, direttore artistico della NABA di Milano. Splendida persona dal punto di vista umano e grandissimo professionista (architetto e designer).
Nel vedere i miei primi progetti, Alessandro, mi incoraggiò a continuare. Anche lui vedeva qualcosa che io ancora non percepivo. Mi piaceva scattare ma non avevo ancora fatto mio, il senso della fotografia.
Grazie a lui potei incontrare e fotografare molti artisti della scena milanese. Ognuno di loro mi ha saputo regalare un pezzetto della propria storia. Una piccola selezione dei loro ritratti li puoi trovare qui: www.monimix.com
Come sono diventata fotografa
Come prima cosa cominciai a cercare dei fotografi da cui poter fare le prime esperienze sul campo, come assistente, ma purtroppo eravamo appena entrati nel lungo periodo di crisi economica e le risposte che ricevevo erano sempre più o meno le stesse: “Vorrei, ma non posso”, “Ho già un assistente, non posso prenderne un altro”, ecc.
Le classiche porte in faccia. I primi no furono cocenti, lo ammetto. Uscivo sconsolata perché pensavo fossero solo scuse perché non vedevano in me nulla che potesse far venire loro voglia di prendermi come assistente. Poi iniziai ad ascoltare meglio le loro parole, senza prenderla sul personale.
Cominciai a chiedere dei consigli, non potevano assumermi o prendermi in prova, ma potevo sfruttare l’occasione del colloquio per fare qualche domanda.
Non aver paura di far domande, puoi imparare molto da chiunque.
Pian piano capii come poter migliorare la presentazione del portfolio.
In quel periodo partecipai ad una lettura portfolio con alcuni photo editor di riviste. Mi presentai col mio primo portfolio. Oggi ripenso con tenerezza alla me di allora e alle foto che portai. Erano oggettivamente terribili, col senno di poi, ma ai tempi ci credevo veramente! E di questo ringrazio la testardaggine della me del passato per aver avuto il coraggio di mostrare quelle foto.
Mi presentai ad una di queste photo editor, iniziò a sfogliare il mio portfolio, e come uno schiaffo mi arrivarono le sue parole. Per farla breve, non se ne salvava una. Quella fu la prima volta che sentii la frase “Less is more”.
Dovevo togliere, c’era troppa roba nelle foto. Al momento ci rimasi male, ma nei giorni a seguire iniziai a capire il senso del suo discorso.
Dovevo ricominciare da capo. Scegliere vere modelle, non ragazze senza esperienza, se volevo fare fotografia di moda. Dovevo comunicare un messaggio, raccontare una storia, non limitarmi a fotografare la ragazza di turno. Dovevo puntare su un’eleganza più semplice, meno orpelli che distraessero.
“Less is more” divenne il mio mantra.
Quello fu anche l’anno in cui aprii la partita IVA. In famiglia temevano fosse un azzardo, visto il periodo e la pochissima esperienza. Ma tenni duro, mi mostrai convinta della mia scelta e alla fine capirono.
Iniziai a contattare le agenzie di modelle. Non fu facile trovare qualcuno che mi desse fiducia visto il mio portfolio scarno. Ai tempi, i free test erano molto meno diffusi. Le agenzie non erano così disposte a spedire le modelle ad una fotografa sconosciuta e senza esperienza.
Fui fortunata, perché tra le varie persone che avevo contattato, avevo scoperto una stylist, Giulia, che stava già muovendo i suoi primi passi nell’ambiente. Mi piaceva il suo stile minimalista. Sposava in toto lo stile del “Less is more”. Insieme andammo a bussare ad un’agenzia di modelle e finalmente riuscimmo a ottenere la loro fiducia.
Iniziammo a collaborare ad alcuni progetti moda che poi presentavamo ad alcune riviste che ce li pubblicavano.
Fu l’occasione per fare molta esperienza sia con le modelle, col team di lavoro (stylist, make up artist, hair stylist), con le luci e le location.
Aprii il mio primo studio fotografico. Era il mio regno, dove potevo sperimentare con le luci, i materiali di scena. Furono anni in cui feci parecchi progetti e alcune delle foto a cui, tuttora, sono più legata risalgono proprio a quegli anni. Ho potuto ritrarre molte persone e da ognuna imparavo qualcosa in più sull’arte del ritratto, sulla fotografia e persino su di me.
Col senno di poi, credo sia stata una fortuna per me (per come sono fatta io), non aver fatto da assistente, perché mi sono messa completamente alla prova; non è stato per niente facile, ma se avessi avuto l’occasione di fare da assistente, magari, non avrei mai scoperto quanto potevo essere testarda e tenace a perseguire il mio sogno.
Conclusioni
Ci vuole molto più tempo a far tutto da soli, senza una guida, ma oggi, con tutti i tutorial e le guide online puoi essere molto più agevolato, se deciderai di scegliere la strada dell’autonomia.
Con questo articolo non voglio dirti di non bussare alle porte di altri fotografi. Preferisco chiarirlo.
Ti ho raccontato il mio percorso perché vorrei prima di tutto dirti di non mollare. Se la fotografia è il tuo sogno e senti che è la tua strada, fai di tutto per riuscire. Non sempre è facile, ma è nelle difficoltà che ti metti davvero alla prova e capisci se è la strada per te.
Devi metterti nell’ottica di lavorare su te stesso. Non temere il fallimento, anzi! Fai e non aver paura di sbagliare, da ciò che ti sembra un errore possono nascere nuove occasioni e nuove strade.
Sii affamato di conoscenza, non smettere mai di studiare. Qualunque persona incontrerai, potrà insegnarti qualcosa, apriti all’ascolto e accogli qualunque cosa possa arrivarti.
Se qualcuno ti dice che le tue foto non vanno bene, chiedigli la motivazione e non fermarti alla prima risposta. Approfondisci la loro opinione. Confrontati anche con altri se lo ritieni necessario. E’ importante capire a fondo cosa poter fare per migliorare il tiro. L’importante è che la critica che ti arriva sia costruttiva. Accetta le critiche costruttive perché ti aiuteranno a crescere.
Non prenderla sul personale.
Monica Monimix Antonelli