di ANDREA FILLORAMO
Con la morte di Benedetto XVI si è chiusa una parentesi incerta e imprevista della Chiesa cattolica quando un Papa, dopo quasi un decennio dalla sua elezione al soglio pontificio, ha abbandonato il comando e ha ceduto il passo al suo successore legittimamente eletto proveniente dalla lontanissima Argentina che ha preso il nome di Francesco.
Dato il fatto che il papa dimissionario continuasse ad abitare all’interno del Vaticano e che si fosse proclamato papa emerito, ha catalizzato l’attenzione di credenti e non. Da qui la mole di articoli, libri, film (come “I due papi”, diretto da Fernando Meirelles) e persino serie televisive sul tema, dibattiti e discussioni.
Questa situazione nuova nella Chiesa, i media l’hanno considerato in maniera diversa e tutto nel silenzio quasi totale dei due Papi, che hanno vissuto questa loro esperienza, unica in assoluto, con senso di responsabilità, equilibrio, con una fede profonda e con la certezza di svolgere una funzione indispensabile e benefica anche se diversificata all’interno della Chiesa.
Per tanti era impossibile pensare che due papi, uno reale, l’altro solo emerito che aveva portato per quasi un decennio sulle sue spalle il peso e la responsabilità della Chiesa, potessero risiedere in Vaticano, a distanza di centinaia di metri l’uno dall’altro, senza che tutto questo portasse confusione o che non ci fossero fra di loro dei contrasti, ma ciò sicuramente non è accaduto.
Se, infatti, per contrasto intendiamo contrapposizione, nessun contrasto in realtà c’è stato fra il Papa emerito e il Papa regnante, ma solo diversità ecclesiologiche e solo parzialmente teologiche. In poche parole, mai era stata messa da loro in discussione la dottrina anche se avevano una diversa ’idea di chiesa.
Di ciò non ci dobbiamo proprio meravigliare, in quanto un qualsiasi papa, al di là delle qualità personali, nel momento in cui viene eletto, è portatore di un certo temperamento, della cultura del paese o del continente di provenienza e, sicuramente dell’ idea di Chiesa, data dalla sua esperienza di fede, che vorrebbe realizzare.
Tutto cerca poi di conciliare per quanto è possibile con l’agenda del suo predecessore.
Se osserviamo bene, così è stato, infatti, per Giovanni Paolo II; così per Benedetto XVI, in cui non è difficile notare che è stato in parziale continuità con Wojtyła, consistente fondamentalmente nel tentativo di recuperare l’Europa secolarizzata alla cristianità, come indicava la stessa scelta del nome Benedetto.
Quel nome precisò Joseph Ratzinger evocava “la straordinaria figura del grande Patriarca del monachesimo occidentale”, che “ha esercitato un influsso enorme nella diffusione del cristianesimo in tutto il continente” e” costituisce un fondamentale punto di riferimento per l’unità dell’Europa ed è un forte richiamo alle irrinunciabili radici cristiane della sua cultura. E della sua civiltà”.
Francesco probabilmente ha preso atto che l’Europa, al di là di quanto sperava Raidzinger non avesse più la possibilità alcuna di recupero, non poteva essere più di tanto vitale.
Era passato, del resto, molto tempo da quando l’Europa ha perso una grande occasione, da quando, cioè, il Cardinale Martini con il “gruppo di San Gallo” avevano trovato nel Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa un luogo dove elaborare un progetto di Chiesa in dialogo con la modernità, senza atteggiamenti di condanna, capace di proporre una fede vissuta da cattolici adulti in una società plurale. Quella del gruppo di San Gallo rimase però una linea minoritaria, che trovò crescenti opposizioni nella curia romana di Giovanni Paolo II, fino a essere scartata come opzione per il futuro della Chiesa in Europa.
Se si guardano i numeri oggi la crescita del cattolicesimo avviene, perciò, lontano dall’Europa, soprattutto nei Paesi del Global South, del sud globale, cioè di quelle regioni più povere (in generale il sud) del mondo.
E da una di queste viene Papa Bergoglio.
Se guardiamo ad alcuni temi specifici dell’idea Chiesa la diversità di approccio dei due papi si rende più evidente. Mi riferisco particolarmente alla morale sessuale e alla visione della famiglia.
Certamente Francesco, per quanto concerne questi temi, ha un approccio e un linguaggio diverso rispetto non solo a quello di Papa Benedetto ma anche a quelli a cui eravamo abituati e ciò per le sue radici culturali e la sua formazione gesuitica.
Nella tradizione tomistica romana, infatti, seguita da Papa Benedetto si tende a legare ogni caso concreto a una legge immutabile, mentre Francesco preferisce spezzare la normativa nei singoli casi, guardando soprattutto alle persone con un approccio empatico fondato sulla misericordia. Così facendo papa Francesco non intacca, però, i contenuti di fondo, ovvero ciò che è corretto o meno secondo la prospettiva cattolica.
Secondo il Papa argentino, inoltre, a minacciare il cristianesimo non è solo il nichilismo, ma anche il consumismo, con la cosificazione dell’altro e la cultura dello scarto che questo comporta, sia a livello ambientale che umano. Tiene sicuramente all’ecologia, che però è anche un’ecologia umana e coinvolge culture, famiglie e persone”.
Un tema dibattuto degli ultimi anni nella chiesa di Papa Francesco è stata la comunione ai risposati, sulla quale Papa Francesco è intervenuto con l’esortazione apostolica Amoris laetitia.
L’altro è quello dei preti sposati.
Su questi temi secondo alcuni, a differenza di Benedetto, Francesco potrebbe veramente cambiare il magistero della Chiesa.
Probabilmente, però, non sarà proprio così poiché il celibato dei preti attiene a una prassi piuttosto che al magistero.
ll sacerdozio uxorato esiste, infatti, già nella Chiesa cattolica, nelle chiese orientali in comunione con Roma, comunità spesso molto vivaci che hanno affrontato nella loro storia problemi grossi e persecuzioni, e negli anglicani rientrati in unità con Pietro proprio per disposizione di Benedetto XVI.
Qui bisogna stare attenti alle parole: la questione non è consentire ai preti di sposarsi, ma agli sposati di prendere gli ordini sacri, come accade nelle chiese orientali.
Una cosa è certa: la morte del Papa emerito Benedetto XVI ha rotto gli equilibri della Chiesa.. Proprio Bergoglio adesso potrà guardare con più serenità anche al suo futuro. A 86 anni compiuti il 17 dicembre, si mostra tutto sommato in buona forma, a parte il ginocchio destro che lo tormenta da tempo, una gonartrosi, e in questi mesi lo ha costretto spesso su una sedia a rotelle. Non sarà per questo che deciderà di emulare Ratzinger e dimettersi. Però, certo, adesso la situazione cambia.
Alla messicana Televisa Univision ha spiegato: “Se sopravviverò dopo le dimissioni, vorrei confessare e andare a vedere i malati». Non subito, però. “Al momento non sento che il Signore me lo chieda; se sentissi che me lo chiedesse, sì”.