È necessario un vaccino pediatrico per il Covid? Se, infatti, le complicanze mediche del virus finora non hanno colpito pesantemente la categoria degli under 16, la trasmissibilità tra i minori e gli effetti indiretti seguiti alla chiusura delle scuole potranno essere contenuti solo vaccinandoli.
Inoltre, solo vaccinando anche massicciamente la popolazione pediatrica sarà possibile evitare la comparsa di nuove varianti.
È quanto ha affermato la prof.ssa Susanna Esposito, presidente di WAidid, l’Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici, Ordinario presso il Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Parma e Direttore della Clinica Pediatrica dell’Ospedale dei Bambini Pietro Barilla, intervenuta al Congresso della Società Europea di Infettivologia Pediatrica (ESPID), nel corso di una relazione in cui sono stati presentati gli aggiornamenti sui vaccini per i minori di 16 anni attualmente allo studio, in particolare i vaccini di Pfizer e Moderna che hanno avviato le sperimentazioni.
“Se è vero che in Europa – ha dichiarato Susanna Esposito – il COVID-19 non ha causato alcun eccesso di mortalità tra i bambini e che il ruolo dei minori nella trasmissione del virus si sia rilevato modesto, il loro coinvolgimento nella campagna vaccinale è ora essenziale, non solo per la protezione individuale, ma soprattutto per limitare la circolazione del virus. Inoltre, gli effetti indiretti della pandemia sulla salute dei più giovani sono stati drammatici, per le gravi conseguenze psicologiche e le dipendenze che molti di loro hanno sviluppato”.
Pfizer, già approvato negli USA, in Canada e in Europa per i maggiori di 12 anni, ha avviato la Fase 1 della sperimentazione su una popolazione di circa 5000 bambini di età compresa tra 6 mesi e 11 anni, testandone la tollerabilità, intesa come la frequenza e la gravità degli effetti collaterali del vaccino.
Più avanti la sperimentazione del vaccino Moderna, che sta concludendo la Fase 2 con la somministrazione di due dosi, a distanza di 28 giorni l’una dall’altra, su una platea di soggetti dai 6 mesi agli 11 anni, verificandone gli effetti, sia in termini di sicurezza che di immunogenicità, vale a dire la capacità del vaccino di indurre una risposta immunitaria protettiva.
C’è poi il vaccino della cinese Sinovac, autorizzato e rilasciato in 300 milioni di dosi per la popolazione adulta. Secondo l’azienda orientale, che non ha ancora pubblicato i dati ma che ha concluso una fase di sperimentazione su un campione di 500 soggetti di età pediatrica, il vaccino sarebbe sicuro ed efficace anche nella fascia 3-17 anni.
Dal punto di vista biologico, concordano gli esperti, non ci sarebbe motivo di aspettarsi differenze nella copertura vaccinale delle varianti nei bambini rispetto agli adulti e, anzi, proprio vaccinando anche la popolazione pediatrica sarà possibile evitare la comparsa di nuove varianti. Proprio per questo motivo gli esperti si appellano affinché già dall’imminente estate possano partire le vaccinazioni degli adolescenti tra i 12 e i 17 anni.
La durata dell’immunità indotta dal vaccino contro l’infezione da SARS-CoV-2 nei bambini dovrà essere seguita nel tempo. I risultati di tali studi aiuteranno gli esperti a decidere se i bambini avranno bisogno di richiami in futuro.
I ricercatori devono anche studiare se i vaccini COVID-19 possono essere combinati con gli altri vaccini di routine somministrati in età pediatrica.
“Gli studi sui bambini sono partiti più tardi rispetto a quelli sugli adulti – conclude Susanna Esposito – e per questo solo di recente vi è stata l’approvazione della vaccinazione contro COVID-19 a partire dai 12 anni di età e stiamo attendendo i dati sull’efficacia e la sicurezza dei vaccini nella fascia di età 6 mesi-11 anni. Sebbene siano considerati a basso rischio di sviluppare forme gravi di Covid-19, anche bambini e adolescenti possono trasmettere il virus e contribuire, quindi, alla diffusione del contagio. Grazie alle vaccinazioni degli adolescenti e, a seguire, dei bambini più piccoli, sarà, inoltre, possibile evitare che i nostri ragazzi non vadano a scuola, con tutti i vantaggi psico-affettivi, educativo-formativi e di inclusione sociale delle lezioni in presenza”.