Non è una fissazione e neanche manifestazione di estremismo, ma esigenza di civiltà. Il crocifisso nelle aule scolastiche (e non solo). La civiltà a cui facciamo riferimento è anche quella che ogni giorno evoca il papa cattolico del Vaticano, leader religioso impegnato negli incontri interreligiosi che invocano comunanza, amicizia tra fedi e fedeli che in passato (e in un certo modo, e alcuni luoghi, anche oggi) si combattevano alacremente.
Evitiamo di invocare cose che sanno tutti come la libertà di religione prevista in Costituzione e in tutte le nostre leggi e codici… ché il problema (a parte l’art.7 della Costituzione che integra i Patti Lateranensi della nostra Carta e che solo per questo andrebbe rivisto)… il problema non è ufficialmente religioso (a parte una ristretta minoranza), visto che l’Italia non ha una religione di Stato. Il problema è solo economico e – crocifisso o meno nei luoghi pubblici – la mancanza di quest’ultimo non lederebbe i privilegi e gli accordi in essere.
Il crocifisso è un segnale culturale che viene dato a chi è cattolico romano, a chi ha altre religioni o non he ha, e ai bambini che cominciano a porsi le prime domande in merito e che, a parte quelli che vivono in famiglie con una specifica fede, non aiuta a valutare quanto viene loro insegnato a scuola.
Per i cattolici è segnale per farli sentire ovunque come se fossero nella loro chiesa e, quindi, ad alimentare la simmetria tra diritto e peccato. Per chi ha altre religioni o ne ha, è segnale per sentirsi ospiti, estranei o indesiderati. Per i bambini nelle scuole è monito di supremazia e potere verso cui prestare maggiore attenzione o, in non rari casi, simbolo del potere verso cui ribellarsi, mescolando istituzioni e religione.
Non capiamo, di conseguenza, perché non sia la Chiesa cattolica di Roma a porsi, per il bene della sua fede così come viene presentata, la necessità di non avere una tale ostentazione. Forse abbiamo preso troppo sul serio le esternazioni di papa Francesco? Forse siamo ingenui e disincantati rispetto a quello che ci viene presentato come inesistente condizionamento istituzionale del potere spirituale su quello temporale?
Una certezza l’abbiamo. In nome di un dio c’è chi ama e invita al dialogo per ogni questione e c’è chi ammazza e fa violenza. Per essere espliciti, in una società che ha alla base la libertà di religione (come dovrebbe essere la nostra), occorrerebbe accogliere tutti i “dio” rispettando la specifica peculiarità.
Un ragionamento e una proposta, la nostra, che si basa sulla buona fede di ogni essere umano religioso e non. Gli opportunisti (il panorama è ampio), che usano la religione per il proprio potere, sono altra cosa: da combattere (non coi loro metodi, ovviamente) per impedire che facciano più male di quanto già non ne facciano.
Tu che ci hai letto e ascoltato, da che parte stai? Cosa pensi di fare verso chi oggi non fa nulla per modificare lo stato dei fatti? O credi che questo sia un aspetto secondario della nostra vita, magari perché non sei cattolico o hai altre religioni o non hai e questo, di per sé, ti dà soddisfazione? Perché, nel contesto mondiale e italiano in cui viviamo – guerre in nome di una qualche religione e ostentazione della croce cattolica – la tua interiorità non è libera di esser tale.
Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc