CATANIA – Con un focus sulla storia dell’Accademia di Belle Arti di Catania, tra passato e futuro, si sono concluse ieri le due giornate di studi dedicate alle “Giovani Accademie” italiane nate negli anni della rivoluzione studentesca e che hanno visto riuniti a Catania i direttori degli istituti di Lecce, Reggio Calabria, Urbino, L’Aquila, Bari, Foggia, Frosinone e Macerata e degli ISIA, ovvero gli Istituti Superiori per le industrie artistiche (design).
Un momento costruttivo di confronto e dialogo fra le istituzioni, protagoniste di quella burrascosa stagione di cambiamento che impose alle accademie di innovare da subito metodi e approcci di didattica, con corsi speciali e sperimentali sollecitati dagli stessi studenti e un dialogo continuo con le maggiori personalità dell’arte e della cultura di quelli anni.
Un progetto di ricerca sostenuto dal MUR dal titolo “Generazione anni 60-70. Fondatori e Accademie di Belle Arti in Italia ai tempi della contestazione”, a cura di Vittorio Ugo Vicari e Gianni Latino, al quale è abbinata anche la mostra “Tra figurazione e segno. Incisione e incisori dell’Accademia di Belle Arti di Catania. 1968-2023” organizzata in compartecipazione con il Comune di Catania, allestita alla GAM e dedicata alla storia della Scuola di Grafica etnea. A cura di Laura Ragusa, storica dell’arte e docente Abact, offre una affascinante sezione multimediale per un’esperienza di realtà virtuale “dentro” un’opera dell’ungherese Arnold Gross (a cura di docenti e studenti del corso di Nuove Tecnologie per l’arte). In programma anche laboratori didattici seguiti da studenti e cultori. Visite fino al 17 marzo 2024.
A porre le premesse del dibattito, l’introduzione di Lina Scalisi, storica, docente dell’Università di Catania e presidente Abact, che alla platea di storici dell’arte, architetti, filosofi e saggisti delle varie accademie ha chiesto se, “con la nascita di queste istituzioni “periferiche”, gli artisti abbiano saputo sfruttarne le potenzialità portando a livello nazionale la ricchezza dei loro territori e capovolgendo il modello di una formazione addensata in pochi ed esclusivi centri nazionali per irradiarla nelle periferie di origine e creare circoli virtuosi governati dalle arti e non dalla burocrazia”.
Al convegno hanno preso parte Francesco Fumelli (presidente della Conferenza nazionale dei direttori e dei presidenti degli ISIA) e da remoto sono intervenuti Giuseppe Soriero (presidente della Conferenza dei Presidenti delle Accademie di BBAA); Giovanna Cassese (storica dell’arte e Presidente CNAM); Francesco Poli (storico e critico d’arte), Gigi Caramia (segretario nazionale FLC CGIL, con delega agli AFAM), Giuseppe Furlanis (architetto e designer).
Luca Cesari, docente di Estetica e direttore dell’Accademia BBAA di Urbino, ha particolarmente apprezzato la sezione sugli incisori urbinati durante la visita alla mostra “Tra figurazione e segno” ricostruendo con la curatrice, Laura Ragusa, i legami e la dialettica intellettuale fra il maestro Nunzio Sciavarrello – pittore, incisore, scenografo e fondatore dell’Accademia di Catania – e una generazione di artisti urbinati, alcuni attivi ancora oggi. Quelli per cui Leonardo Sciascia nel 1982 ebbe a dire: ““E bisognerà, una volta o l’altra, tentare un discorso sulla congenialità dei marchigiani a questo mezzo d’espressione semplice ed arduo che è l’acquaforte”.
Il convegno è proseguito con gli interventi di Piero Sacchetti (ABA Reggio Calabria); Marco Brandizzi (ABA L’Aquila); Piero Di Terlizzi (ABA Foggia); Rossella Ghezzi (ABA Macerata); Loredana Rea (ABA Frosinone). Venerdì, nella seconda conclusiva giornata di studi, l’indagine si è polarizzata su Catania con la narrazione della nascita della Pubblica Istruzione artistica in città che di fatto sostituì l’esperienza “dal vivo” fatta a bottega. Ecco nel 1950 l’Istituto d’Arte – un’idea dello scultore Mimì Lazzaro, positivamente colpito da alcuni pregevoli schizzi (oggi diremmo murales) sulle facciate di alcuni palazzi della città realizzati da alcuni ragazzini divenuti poi veri artisti, Mimmo Tudisco e Pippo Giuffrida – e poi il Liceo Artistico 1964 e quindi, nel 1967, il decreto istitutivo dell’Accademia di Belle Arti che apre i battenti nel 1968, insieme ai primi tumulti della contestazione studentesca. Tanto che Vicari, nel suo intervento, cita una riflessione di Sciavarrello che, laconicamente, ebbe a dire: “Non avevamo ancora avuto il tempo di “costruire” una tradizione, col funzionamento di questa istituzione, che bisognava già rinnovarla”.
A seguire il contributo di Gianni Latino, graphic designer e attuale direttore a Catania, che con il contributo dei dati ufficiali dell’ente ha ricostruito la crescita esponenziale dell’istituzione in termini di offerta dei corsi e soprattutto di popolazione studentesca, passata negli ultimi vent’anni dagli 805 studenti dell’Anno accademico 1999/2000 fino ai 2149 di quello in corso: numeri che la pongono al quarto posto in Italia dopo le istituzioni storiche di Milano (Brera), Napoli e Roma (e prima fra le “Giovani Accademie”). Quindi le relazioni dello storico dell’arte Gaetano Bongiovanni, che ha elencato alcuni artisti catanesi del Novecento; e Gianluca Majeli (storico contemporaneista) che ha tracciato un inedito ritratto di Nunzio Sciavarrello, intellettuale super partes invitato a far parte della Commissione Edilizia negli anni delicati del varo del Piano Regolatore di Piccinato.
Infine i contributi di ricerca dei cultori Abact Andrea Calì, Mery Scalisi, Barbara Sorbello e Chiara Compagnino. Mentre Viviana Scalia, docente di Beni Culturali, ha anticipato alla platea l’avvio di una interlocuzione avanzata fra l’Accademia e il Teatro Stabile di Catania per il progetto “Archivi di Scena”, ossia la proposta di archiviazione, catalogazione e valorizzazione di documenti (bozzetti, costumi e locandine) e materiali di scena dello storico teatro di prosa etneo. “Un’iniziativa – spiega la Scalia – che coinvolgerà gli studenti di Didattica e Mediazione Culturale in sinergia con Fashion Design e Scenografia chiamati a tradurre le competenze acquisite in catalogazione e gestione degli archivi mettendo in sicurezza il patrimonio teatrale del loro territorio, scongiurandone la dispersione. Abbiamo un precedente, con il Teatro Massimo Bellini di Catania, inventariando e catalogando bozzetti e figurini. Per Catania e per la Sicilia orientale un processo virtuoso che, dalla formazione delle nuove generazioni, si riverbera nella tutela della memoria della comunità, attraverso i suoi punti di riferimento culturali”.
In mostra alla GAM per “Tra figurazione e segno” le opere di decine di autori italiani e stranieri e fra loro molti maestri dell’Accademia di Urbino – alcuni dei quali su invito del fondatore Nunzio Sciavarrello insegnarono anche a Catania come Bertoni, Ceccacci, Polisca, Toccacieli) per i quali Leonardo Sciascia nel 1982 ebbe a dire: “E bisognerà, una volta o l’altra, tentare un discorso sulla congenialità dei marchigiani a questo mezzo d’espressione semplice ed arduo che è l’acquaforte”.
Settanta le incisioni – alcune giunte dal Giappone, dagli Stati Uniti, dall’Argentina, dalla ex Jugoslavia e da tutti i Paesi europei – con cui lla curatrice, Laura Ragusa, ricostruisce la storia della Scuoala di Grafica dell’accademia etnea, a partire dal contributo dello stesso Sciavarrello. Sono il frutto di un meticoloso quanto complesso lavoro di catalogazione e ricognizione condotto negli archivi dell’Accademia e attraverso interviste con gli incisori italiani presenti in mostra e che figureranno nel catalogo in lavorazione. “Il concetto di grafica è estremamente variegato – spiega la curatrice Laura Ragusa – e mette insieme interpretazioni molto diverse. Se da un lato la tecnologia consente l’elaborazione virtuale delle immagini e processi digitali di stampa, che prescindono fisicamente dal concetto di matrice, dall’altro i processi manuali mantengono un fascino immutato, alimentato dalle possibilità di sperimentazione e ibridazione. La mostra offre uno sguardo originale e articolato sulle possibili interpretazioni del linguaggio grafico attraverso le opere e le riflessioni di alcuni artisti che sono stati docenti a Catania: da Pino Polisca a Giuseppe Sciacca, da Chiara Giorgetti a Gianluca Murasecchi, solo per citarne alcuni”.
Spazio anche a una selezione di opere del maestro Sciavarrello, pittore, incisore e scenografo oltre che animatore della scena culturale catanese (prestiti della collezione di Alfio Milluzzo); la raccolta di incisioni patrimonio dell’Accademia; alle tirature numerate commissionate nel tempo dall’ente a maestri di chiara fama come Brancato, Freiles, Greco, Guccione, Indaco, Russo, Zarco e lo stesso Milluzzo, autore anche delle stampe; e opere di docenti della Scuola di Incisione dal 1968 ad oggi.
Tra passato e futuro della grafica d’arte, chiude l’allestimento una sezione sperimentale e ad alto contenuto tecnologico curata da docenti e studenti del corso NTA (Nuove tecnologie dell’Arte) dell’Accademia di Catania: un’esperienza immersiva con visori VR (realtà virtuale) che consentono di attraversare l’opera dell’ungherese Arnold Gross “Piccola città italiana” (1968) ed entrare in una dimensione fantastica popolata dai personaggi protagonisti dell’incisione colti nella routine della quotidianità, tutti da esplorare in 3D con una sonorizzazione spazializzata (progetto di Gabriel Ardini, Giulio Interlandi, Stefano Zorzanello, Lorenzo Di Silvestro e Ambra Stazzone).
Mentre per il mondo della scuola, per le famiglie e i gruppi, l’Accademia ha predisposto una ricca proposta di laboratori didattici a cura degli studenti e dei cultori e che potranno essere prenotati via email scrivendo a generazione60@abacatania.it. Visite: dal lunedì al giovedì 9.30-13.30, da venerdì a domenica 9.30-19.30. Ingresso gratuito.