L’esame dell’occhio, in particolare le fotografie e le scansioni di routine della retina, stanno acquisendo sempre maggiore importanza grazie alla loro potenzialità di estendersi oltre la diagnosi delle patologie oculari, per individuare precocemente molte malattie che non colpiscono gli occhi, come Alzheimer, Parkinson, ictus, infarto, aneurismi, diabete di tipo 2, fino ad arrivare alla previsione dell’età biologica di una persona.
Una conquista rivoluzionaria resa possibile dall’oculomica, una disciplina nata pochi anni fa che, combinando tecniche di imaging capaci di analizzare i dettagli microscopici dell’occhio con l’intelligenza artificiale, in grado di confrontarli con milioni di altre scansioni oculari, consente di anticipare anche di anni la diagnosi delle malattie più diffuse e debilitanti, responsabili complessivamente dell’80% dei decessi a livello globale.
La retina è infatti una finestra, non solo sul sistema nervoso centrale per la diagnosi precoce e il monitoraggio delle malattie neurodegenerative, come ad esempio Alzheimer, Parkinson e sclerosi multipla, ma anche sulla salute cardiovascolare e metabolica, fino alla possibilità di misurare la vera età di una persona semplicemente osservando le immagini del fondo oculare. L’associazione tra biomarcatori oculari e le principali malattie sistemiche, analizzate grazie soprattutto all’applicazione di modelli di deep learning di intelligenza artificiale, emerge da lavori d’avanguardia e da una recente review pubblicata su Ophthalmology and Therapy che ha valutato 21 studi usciti tra il 2015 e il 2023.
“Dall’analisi della retina, l’intelligenza artificiale può già individuare, come uno specialista esperto, retinopatia diabetica, degenerazione maculare e retinopatia del prematuro. Ma la retina e il nervo ottico sono estensioni del cervello e, a differenza di qualsiasi altra parte del corpo umano, offrono un’opportunità unica per la visualizzazione diretta, in vivo e non invasiva, dei sistemi neurosensoriale e microvascolare – dichiara Stanislao Rizzo, presidente di FLORetina ICOOR, direttore del Dipartimento di Oculistica del Policlinico A. Gemelli IRCCS e ordinario di Oculistica presso l’Università Cattolica di Roma-. I recenti studi analizzati dalla review hanno dimostrato che le immagini della retina sono di utilità anche nella diagnosi precoce delle malattie metaboliche, consentendo di prevedere il rischio di diabete di tipo 2, prima di qualsiasi manifestazione clinica apparente di retinopatia diabetica. Dalle immagini del fondo oculare gli algoritmi basati sull’IA, in particolare quelli che utilizzano il deep learning si sono dimostrati capaci di prevedere il rischio di eventi cardiovascolari maggiori, come infarto e ictus, e di fattori di rischio correlati, come la presenza di ipertensione arteriosa e aterosclerosi”. È quanto emerge da uno studio pionieristico pubblicato su Nature Biomedical Engineering, che ha dimostrato come le tecniche di deep learning possano analizzare immagini retiniche per prevedere con precisione i fattori di rischio cardiovascolare. Utilizzando dati provenienti da oltre 284.000 pazienti, il modello ha raggiunto un’elevata accuratezza. In particolare, è stato in grado di prevedere con precisione la pressione arteriosa sistolica con un minimo errore medio di 11,23 mmHg e il rischio di eventi cardiaci avversi maggiori con un’accuratezza del 70%. “Questo studio ha rivoluzionato il campo dell’oculomica, dimostrando come l’intelligenza artificiale possa trasformare l’analisi delle immagini retiniche in potenziale strumento efficace per monitorare e gestire i rischi cardiovascolari – dichiara Daniela Bacherini, ricercatrice in Malattie dell’Apparato Visivo presso il Dipartimento di Neurofarba dell’Università degli Studi di Firenze -. In questo ambito, se confermato da ulteriori studi, l’integrazione tra imaging retinico e intelligenza artificiale potrebbe fornire strumenti non invasivi, rapidi e precisi per la valutazione e il monitoraggio del rischio cardiovascolare, potenzialmente migliorando la prevenzione e gli interventi personalizzati”.
“Applicando all’analisi della retina sofisticate tecniche di imaging come la Tomografia Ottica a Coerenza (OCT) ed OCT angiografia, che consentono l’analisi dettagliatissima delle strutture oculari, combinata con l’intelligenza artificiale in grado di elaborare moli enormi di dati, è stato possibile osservare che nella sclerosi multipla, nel Parkinson e nell’Alzheimer sono presenti alterazioni dello spessore dello strato delle fibre del nervo ottico. Sarà così potenzialmente possibile ottenere un biomarcatore oftalmico delle malattie neurodegenerative che lasciano nella retina segni rivelatori, in grado di prevedere il rischio di sviluppo di queste patologie”, afferma Francesco Faraldi, Direttore della Divisione di Oculistica dell’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano – Umberto I di Torino.
Lo rivela una ricerca pubblicata sul British Journal Of Ophthalmology, che ha coinvolto 159 partecipanti, divisi tra soggetti cognitivamente sani e pazienti con diagnosi di Alzheimer. Grazie a tecniche avanzate di imaging, come ad esempio l’angiografia OCT (OCT-A), la fotografia ultra-widefield e l’autofluorescenza del fundus, è stato possibile integrare informazioni retiniche dettagliate con dati clinici, raggiungendo risultati promettenti.
“Uno degli elementi chiave emersi dallo studio è l’analisi dello strato ganglionare delle cellule nervose e del plesso capillare superficiale, che si è rivelata particolarmente utile per predire la diagnosi di Alzheimer sintomatico. Le mappe valutate con l’integrazione di più modalità di imaging retinico hanno infatti ottenuto un’accuratezza dell’81% nella previsione della malattia. Questo approccio innovativo, basato su tecnologie già disponibili nella pratica clinica oftalmologica, potrebbe aprire la strada a un metodo non invasivo e accessibile per la diagnosi precoce dell’Alzheimer. Con questa ricerca, la retina si afferma ancora una volta come un prezioso alleato nella comprensione della salute del sistema nervoso centrale, aprendo nuove frontiere nella lotta contro le malattie neurologiche”, osserva Bacherini.
DALLA RETINA È POSSIBILE CALCOLARE ANCHE L’ETÀ BIOLOGICA
La retina può rivelare anche la vera età di una persona. Grazie all’intelligenza artificiale, è possibile determinare l’età biologica che è influenzata da molteplici fattori e può essere inferiore o superiore rispetto all’età anagrafica. “Conoscere la reale età biologica di una persona è una informazione preziosa per quello che riguarda la prevenzione di patologie correlate all’invecchiamento. Uno studio valutato nella review ha determinato che è possibile calcolare l’età biologica di una persona analizzando le immagini del fondo oculare grazie a un sistema di deep learning di intelligenza artificiale”, commentano Rizzo e Bacherini. I ricercatori hanno raccolto 129.236 immagini retiniche di circa 40mila partecipanti con età media di 53 anni. Queste immagini sono state utilizzate per addestrare e convalidare il modello di deep learning, in parole semplici i ricercatori hanno “dato in pasto” questi dati all’intelligenza artificiale affinché riuscisse a trovare una correlazione tra le condizioni della retina e l’età biologica dei pazienti, facendo emergere il rischio di mortalità sulle basi di analisi delle variazioni microvascolari rilevabili nella retina.
“È stato dimostrato dallo studio che vi era un aumento del 67% del rischio di mortalità per tutte le cause a 10 anni nei soggetti con una età biologica che risultava superiore a quella cronologica, un aumento del 142% del rischio di mortalità cardiovascolare e un aumento del 60% del rischio di mortalità per cancro – proseguono -. Questi risultati evidenziano come la retina sia altamente sensibile ai danni dell’invecchiamento e potrebbe essere un potenziale strumento di screening per interventi su misura, a scopo preventivo”, sottolineano.
DALLE FOTO DELL’OCCHIO ESTERNO UN CHECK-UP DELLA SALUTE
I progressi della ricerca stanno prospettando scenari finora mai considerati, come la possibilità di rilevare, ad esempio, segni di malattia, non più solo da immagini della retina, ma addirittura da quelle dell’occhio esterno.
È quanto emerge da uno studio pubblicato di recente su Lancet Digital Health che ha dimostrato come un sistema di intelligenza artificiale basato su deep learning sia in grado di rilevare biomarcatori di malattie sistemiche analizzando semplicemente fotografie dell’occhio esterno. “Lo studio ha utilizzato dataset derivanti da diverse popolazioni negli Stati Uniti, includendo oltre 38.000 pazienti e analizzando oltre 123.000 immagini ed è stato in grado di identificare 9 biomarcatori legati a funzioni sistemiche, evidenziando anomalie nell’emocromo e nella funzione renale ed epatica – osserva Rizzo -. Questi risultati suggeriscono che le fotografie dell’occhio esterno potrebbero contenere informazioni preziose su più organi e, se confermati da ulteriori studi, l’uso di biomarcatori rilevati da immagini esterne dell’occhio potrebbe rappresentare un ulteriore passo verso metodi diagnostici accessibili, precisi e non invasivi, con implicazioni significative per il miglioramento della salute pubblica”.
“Sebbene sia auspicabile la scoperta di biomarcatori oculari con maggiore specificità per alcuni tipi di malattie come, ad esempio, il diabete, e l’integrazione di fattori di rischio come età, sesso, indice di massa corporea e fumo, le immagini del fondo oculare mostrano un enorme potenziale come strumento di diagnosi, screening e monitoraggio delle malattie croniche, perché a basso costo, rapide e non invasive, rispetto ad altre tecniche come PET e TAC. Saranno pertanto cruciali per affrontare le sfide future dell’assistenza sanitaria delle malattie croniche più diffuse, per una medicina sempre più personalizzata e di precisione”, conclude Rizzo.