di ANDREA FILLORAMO
Mi scrive un prete: “Forse faresti bene a spiegare in termini chiari, come sei abituato a fare, quello che nell’articolo che riguarda Mons. Fasola hai scritto e precisamente: “Era inapplicabile allora, inoltre, a quella leadership curiale, che Fasola ha cercato di controllare, senza riuscire, per la quale valeva il principio del “divide ed impera”.
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Ho riflettuto abbastanza sulla richiesta fattami e mi sono rammentato di quanto Leonardo da Vinci scriveva che riporto testualmente:
“Il giudizio nostro non giudica le cose fatte in varie distanze di tempo nelle debite e proprie lor distanze, perché molte cose passate di molti anni parranno propinque e vicine al presente, e molte cose vicine parranno antiche, insieme coll’antichità della nostra gioventù, e così fa l’occhio infra le cose distanti, che per essere alluminate dal sole, paiano vicine all’occhio, e molte cose vicine paiano distanti”.
In parole povere e moderne: mi è estremamente difficile volgere il mio sguardo su quanto è avvenuto molto tempo fa e in cui in parte io sono stato testimone.
Ognuno di noi – lo sappiamo – fa le sue esperienze utilizzando sempre la propria mente, che è dotata di un sistema di elaborazione delle informazioni preposto anche alla dimenticanza di ciò che non ci piace.
Attraverso questo sistema di elaborazione delle informazioni siamo in grado di creare delle connessioni che tengano conto delle informazioni utili e ignorino quelle superflue.
E qui sta proprio l’ostacolo che si frappone fra noi e il dato che vogliamo osservare che cosa è utile? Che cosa è superfluo?
Tenendo conto di questa premessa che meriterebbe un approfondimento, ma non è questa la sede, né voglio tediare, ho guardato, nell’articolo, a Mons. Francesco Fasola, arcivescovo e archimandrita di Messina dal 1963 al 1977, che ho conosciuto e praticato e ho ritenuto personalmente utile esprimere un parere sul suo ministero.
Sono convinto che l’arcivescovo abbia voluto interrompere un percorso della storia della diocesi peloritana, che affondava le sue radici in un tempo allora non molto lontano, senza però riuscire, come ho scritto, a scardinare quella che ho chiamato la leadership curiale, mai contestata, anzi accettata dal clero, ereditata dalla vecchia gestione dell’era painiana, durata per ben 42 anni (dal 1921 al 1963), che è stata anche un punto di riferimento culturale di tante generazioni di preti.
È indubbio: Mons. Angelo Paino è passato alla storia come il grande costruttore, il mecenate, il vescovo dal grande cuore, ma per la sua assenza quasi continua dalla Città dello Stretto, ha dovuto o ha voluto creare una rete di potere curiale, ritenuto dal clero, a torto, strutturale nella Chiesa Locale, intesa come esercizio di influenza e condizionamento di scelte, accettate dai preti con il vincolo dell’ubbidienza, esercitato da individui, da monsignori, da insigniti e gratificati da altri titoli onorifici, sui quali non mi permetto di esprimere dei giudizi personali.
La Chiesa diocesana, così almeno a quel tempo l’ho conosciuta, è stata, quindi, per molti anni dominata da una oligarchia autarchica, sempre più svincolata dal controllo. un’élite immutabile di monsignori, da cui dipendeva il presente e il futuro dei preti, che aveva un unico obiettivo: la sua sopravvivenza, il suo potere, la sua totale discrezionalità, il suo clientelismo e non la realizzazione del suo programma pastorale che è sempre forse mancato.
Un’opera di mediazione fra questo gruppo poteva essere data, come in tante altre diocesi avveniva, da un vescovo ausiliare, ma non è stata così, almeno per Messina.
Tranne, infatti, la breve parentesi (1935-1942), di Mons. Pio Giardina, che proveniva dallo stesso Capitolo della Cattedrale, solo nel 1950, date le lagnanze di molti preti di avere un arcivescovo sempre assente e di non essere neppure conosciuti dal loro Pastore, la Santa Sede ha nominato arcivescovo coadiutore con diritto a successione Mons. Guido Tonetti, proveniente dal Piemonte, precisamente da Novara.
Bisognerebbe forse aprire gli archivi del Vaticano per sapere quanti problemi e ostacoli ha dovuto affrontare l’arcivescovo Tonetti, chiamato per disprezzo dai canonici: “il piemontese”, tant’è che dopo 7 anni, ha dovuto rinunciare alla sede prestigiosa di Messina, alla quale era stato destinato, optando per una piccola diocesi: “Cuneo”, dove fino alla morte ha svolto il suo ministero episcopale, conservando “ad personam” il titolo di arcivescovo e lasciando un ottimo ricordo di sé.
Dopo Tonetti, è stato il turno di un prete ragusano: Mons. Carmelo Canzonieri, nominato non più coadiutore ma ausiliare. Egli, facilmente si è integrato, però, nel gruppo, senza mai limitarlo o controllarlo.
Giungiamo, infine al 1963, quando Canzonieri, in contemporanea alle dimissioni del vecchio Paino, fu trasferito come ordinario nella diocesi di Caltagirone, da dove (mistero delle alternanze!!!), è giunto a Messina, come arcivescovo e archimandrita Mons. Francesco Fasola.
Che cosa sia accaduto dopo Mons. Fasola, con gli arcivescovi Cannavò e Marra? Non lo so.
So soltanto che dopo Marra c’è stato Calogero La Piana, che non si sa bene se si è dimesso o si è fatto dimettere da arcivescovo di Messina; forse è stata vittima di quella cultura ben radicata dell’arrivismo, dell’individualismo, fatta anche di accuse, calunnie, del clero messinese, risalente ai tempi painiani?
Così almeno l’ha visto l’arcivescovo emerito La Piana, quando ha dichiarato: “Più volte sono stato oggetto di calunnie e diffamazioni attraverso lettere anonime scritte da un gruppo di sacerdoti messinesi; un nutrito carteggio anonimo fatto pervenire a prelati e vescovi della Sicilia e persino alla Santa Sede. Lo screditamento della mia persona è il terreno sul quale ho vissuto e operato negli ultimi cinque anni del mio mandato episcopale”
Si spera che il periodo attuale, in cui governa la diocesi Mons. Giovanni Accolla, sia dedicato alla ricostruzione di una nuova cultura del servizio che sostituisce quello del potere. che ha attraversato tutte le fasce di età dei preti e forse non solo nel periodo di Paino o in quello immediatamente successivo.