Ritorno a occuparmi della pandemia, del virus, delle contraddizioni politiche e sanitarie. Ma prima faccio una premessa per sgomberare il campo da possibili equivoci e fraintendimenti. Non sono no-vax, ma neanche si-vax (anche se ho fatto le tre dosi canoniche, consigliate [?] dalle autorità). Sono un cittadino che ha subito due anni di restrizioni e che ha ceduto al vaccino con poca convinzione, anche perché non ho nessuna competenza sui possibili effetti. Una volta evidenziata questa premessa, passo alla critica della gestione politica della pandemia.
Parto da una domanda che in tanti si pongono da settimane, da mesi: “Ma in Italia esiste ancora lo Stato di diritto?”. Non sembra affatto con la riproposizione continua dello “stato di emergenza” e del Green Pass, pertanto è ammesso giocare sporco, scrive Roberto Ezio Pozzo su atlanticoquotidiano. Secondo il principio del “pandemicamente corretto”, è ammissibile farsi beffa di ogni regola consolidata, mettendo da parte qualsiasi fonte del diritto, governando a braccio. Mi fermo per ora, per quanto riguarda l’Italia, lo Stato di diritto è messo in crisi anche in altri Paesi. Non mi riferisco naturalmente ai Paesi comunisti, alla Cina di Xi Jimping, che ormai ha “normalizzato” Hong Kong. “Sulla ex colonia britannica, un tempo città piena di vita, sede di moltissime istituzioni culturali di livello internazionale nonché unico luogo della Cina in cui vigeva la libertà di parola e di stampa, ivi inclusa la possibilità di accedere ai social network occidentali, è calata una pesante cappa di piombo.
Della precedente libertà sono rimasti soltanto dei simulacri vuoti. Per ora non sono state rimosse le cabine telefoniche rosse identiche a quelle di Londra, e continuano a circolare gli autobus a due piani che rammentano da vicino quelli londinesi. Ma è solo un inganno, giacché la città-isola è ormai del tutto simile alle grandi metropoli della Cina continentale”. (M. Marsonet, “Hong Kong “normalizzata” da Pechino: media liberi spenti e social oscurati, 21.2.22, atlanticoquotidiano.it)
In questi giorni lo Stato di diritto è stato calpestato anche nei Paesi cosiddetti democratici, come in Canada. “La cappa del comunismo sanitario avvolge il Canada”, dopo 22 giorni finisce la protesta del “Freedom Convoy” ad Ottawa, e non certo nel migliore dei modi. “Quello che non hanno potuto le minacce del governo Trudeau (sequestro dei camion, sospensione dell’assicurazione, congelamento dei conti correnti, tutto senza attendere l’ordinanza di un giudice) ed il freddo (ieri -16), lo hanno fatto le forze dell’ordine, intervenute a piegare la resistenza e l’orgoglio dei manifestanti che protestavano contro gli obblighi vaccinali. Rifiutando ogni prospettiva di dialogo, le autorità hanno dunque scelto l’uso della forza”. (F. Baldi, Arresti e blindati: così è stato sgomberato il Freedom Convoy a Ottawa, ma Trudeau non ne esce bene, 19.2.22, atlanticoquotidiano.it)
Il politicamente corretto uccide, scrive in un post il professore Eugenio Capozzi. “L’ideologia dell'”inclusione” svela ben presto il suo volto autentico di Stato etico e dittatura: censura, abolizione della libertà personale, regime della sorveglianza e del “credito sociale”, repressione feroce di ogni dissenso, cancellazione economica e civile degli oppositori con un clic.
Il Canada di Trudeau è l’avanguardia della nuova tirannia in Occidente, gemellata con quella di Pechino”.
Dopo aver arrestato i leader della protesta, Tamara Lich, Pat King e Chris Barber, la polizia canadese ha affrontato i manifestanti con reparti a cavallo e unità speciali, intimando prima ai manifestanti di abbandonare la zona, e poi procedendo ad arresti indiscriminati. Oltre 100 le persone arrestate e Notizie non ancora confermate ufficialmente parlano di una anziana calpestata a morte dai cavalli della polizia. “In sostanza un’azione quasi militare contro manifestanti disarmati, anche se è stata riportata la notizia che alcuni di loro avrebbero aggredito dei poliziotti, tentando di disarmarli. E’ interessante seguire le dinamiche del comportamento della polizia canadese, naturalmente su ordine del governo Trudeau, Stefano Magni fa un resoconto dettagliato: “La polizia si è mossa come se avesse a che fare con una protesta violenta, anche se i camionisti erano disarmati (le uniche “armi” finora sequestrate sono fumogeni e corpetti anti-proiettile) e in tre settimane di manifestazioni non hanno mai attaccato le forze dell’ordine. Le foto mostrano poliziotti a cavallo che travolgono i manifestanti, largo uso di sfollagente da parte di agenti in tenuta anti-sommossa e lancio di lacrimogeni”.
Inoltre, “La reazione delle forze dell’ordine ha colpito le proprietà. Sulla base dello stato emergenziale, il ministero delle Finanze ha congelato 76 conti correnti per un totale di 3,2 milioni di dollari canadesi. Le autorità hanno avvertito che gli animali domestici, che i camionisti si erano portati con sé, sarebbero finiti tutti in canile per otto giorni e poi dichiarati “randagi” e messi in adozione. Le autorità hanno anche deprecato la presenza di figli minorenni. Ovviamente non hanno minacciato di mandarli in un canile, ma hanno allertato i servizi sociali che, in caso di arresto dei genitori, sarebbero stati inviati in case rifugio, in attesa di contattare altri parenti”. (S. Magni, Canada, contro i camionisti sono manganelli antirazzisti, 21.2.22, lanuovabq.it)
In tutta questa situazione il comportamento del premier Justine Trudeau è stato pessimo, ha trattato i manifestanti come una minaccia alle istituzioni democratiche, come se si trattasse di un golpe o una rivoluzione. “Tutto questo è stato ordinato da un governo che ha sempre, – scrive Magni – costantemente, appoggiato la libertà di manifestare, sia in patria che all’estero. Il governo Trudeau ha tollerato i blocchi causati dalle proteste delle popolazioni indigene contro i nuovi oleodotti. All’estero ha sostenuto apertamente la causa di Black Lives Matter negli Stati Uniti. E nel dicembre del 2020 aveva anche accusato il governo indiano di aver avuto il polso troppo duro contro gli agricoltori, sostenendo la loro piena libertà di manifestare pacificamente”.
Certamente a rendere possibile una simile incoerenza è sicuramente il Covid. “La pandemia ha travolto ogni regola della politica normale, permettendo di giustificare quel che fino all’anno prima era ingiustificabile. Ma è solo uno degli elementi, perché di fatto stiamo assistendo all’applicazione di un’ideologia di sinistra antirazzista sempre più autoritaria. Anche le proteste di Black Lives Matter violavano, in teoria, le regole del distanziamento sociale. Ma erano tollerate perché la questione razziale è ormai considerata “prodromo” del contagio, sulla base di teorie che mischiano disinvoltamente scienze sociali e medicina”.
Nell’editoriale del Washington Post sulla fine della protesta dei camionisti in Canada, invece, si legge a chiare lettere che l’idea dei diritti di libertà sia “strettamente interconnessa alla bianchitudine”. E quindi “Credere che una persona abbia diritto alla libertà è una componente fondamentale della supremazia bianca”. Ciò che rappresenta il lascito migliore della società cristiana occidentale, dunque, è ormai passibile dell’accusa di razzismo. E di fronte al razzismo, nella migliore delle ipotesi, ci sono i manganelli e le cariche dei poliziotti a cavallo.
DOMENICO BONVEGNA
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