La rivista Cristianità organo ufficiale di Alleanza Cattolica ha festeggiato i novant’anni dalla morte del generale cristero Enrique Gorostieta Velarde, con uno studio ben documentato di Oscar Sanguinetti.
Gorostieta ha comandato a partire del 1926, l’Esercito di Liberazione Nazionale o Guardia Nazionale, quelle formazioni popolari armate del Messico, chiamate con disprezzo Cristeros, i “fanatici di Cristo-Re”, dallo Stato Federale messicano del presidente Plutarco Elìas Calles.
Lo studio di Sanguinetti oltre a presentare l’insurrezione popolare dei cattolici messicani contro le leggi repressive anticlericali di Calles, racconta la vita del leader cristero che per certi versi è rimasta «sepolta nel silenzio insieme a quella della cruciale insurrezione cristera, considerata tanto dal governo quanto dalla Chiesa una vicenda assai poco ‘politicamente corretta’, sulla quale era meglio tacere». (Oscar Sanguinetti, “Enrique Gorostieta Velarde. Appunti per una biografia del generale ‘cristero’ a novant’anni dalla morte”, n.398, luglio-agosto 2019, Cristianità)
Il nostro nasce a Monterrey il 18 settembre 1890 da Enrique Gorostieta Gonzales, noto avvocato e uomo politico, e da Maria Velarde Valdez-Llano. La famiglia Gorostieta è una famiglia di “uomini d’ordine”. Ecco perchè Enrique intraprende la carriera delle armi, nel 1914, arriva al grado di generale, ma per motivi politici e religiosi rifiuta la riforma dell’esercito federale di Venustiano Carranza Garza e lascia l’esercito e il Messico, stabilendosi a El Paso e a San Antonio in Texas.
Nel 1921 ritorna in Messico e si dà alla carriera di imprenditore, avviando una fabbrica di articoli di profumeria. Il 22 febbraio del 1922 sposa Gertrudis “Tulita” Lazaga Sepulveda, del loro matrimonio nasceranno tre figli.
L’adesione di Gorostieta al movimento insurrezionale è ancora oggetto di dibattito tra gli storici. E’ stato “assoldato” dai capi della Lega Nazionale per la Difesa Religiosa e dalle altre organizzazioni cristero, in particolare quella dell’avvocato Anacleto Gonzales Flores, beatificato nel 2005. «Il direttivo della Lega, con l’implicito avallo dei vescovi, offre a Gorostieta circa tremila pesos-oro al mese – quasi millecinquecento dollari americani di allora, circa il doppio dello stipendio di un suo pari-grado in servizio -, più una congrua assicurazione sulla vita a vantaggio dei propri eventuali superstiti, ma, a quanto pare, riesce a incassare solo le prime mensilità».
Tuttavia per Sanguinetti, «Gorostieta non è un mercenario, né un fanatico religioso e nemmeno una testa calda: semplicemente è un uomo d’ordine infastidito dall’oltranzismo anti-clericale del presidente Calles, successore di Obregon. Lo colpisce la sospensione del culto decretata dall’episcopato messicano per ritorsione contro le leggi anti-cattoliche di Calles e lo disgustano le violenze e i sacrilegi contro le chiese e il clero […]».
Inoltre Sanguinetti precisa che certamente, «Gorostieta non è un cristero quanto a mentalità e modo di vivere la fede». «Non è un integralista, apprezza la laicità della sfera pubblica e, realisticamente, si prefigge, in caso di vittoria del movimento cristero, i ripudio dell’atteggiamento ‘giacobino’ dello Stato[…]». Lui è nato e cresciuto nella città, ed è nota la differenza, del modo di essere cristiani, del laicato cattolico, tra la città e la campagna dei contadini messicani.
Infatti Gorostieta, borghese messicano, venuto dal “Nord”, “americanizzato”, dovrà fare non poca fatica con i “rozzi” contadini del centro-sud, a ottenere il riconoscimento della sua autorità e a rendere effettivo ed efficace il suo comando. Alla fine però riuscirà a spuntarla, «saprà fare tesoro dell’intuito e del valore dei suoi subordinati e, nel contempo, ne limiterà le ‘fughe in avanti’ e gli scatti di orgoglio e ne tempererà i sentimenti di vendetta». Il generale riuscirà sotto il suo comando a far diventare le formazioni cristere «dallo stadio di aggregazioni spontanee di guerriglieri a un esercito vero e proprio, con capi addestrati e coraggiosi e gregari disciplinati[…]», contro un esercito professionale, potente, agguerrito e determinato, infliggendogli tra il 1928 e il 1929, sconfitte sanguinose e parzialmente decisive.
Gorostieta trova la morte il 1 giugno 1929, a soli trentotto anni, in una fase favorevole ai cristeros. Lo studio di Sanguinetti racconta minuziosamente la morte del generale riprendendola dal libro, “Historia de la ACJM 1925 a 1931”, scritto da Antonio Rius Facius, pubblicato nel 1960.
Chi era Gorostieta? La domanda finale che si pone Sanguinetti nello studio su Cristianità. Innanzitutto occorre sfatare la leggenda che Gorostietà era uno scettico e massone. Questa immagine è stata diffusa dallo storico Jean Meyer, con la sua celebre opera, La Cristiada del 1977, ma dopo un incontro con una dei pronipoti, Leticia Gorostieta Damm e un nipote del generale, che gli ha mostrato le lettere scritte dal bisnonno alla moglie negli anni della clandestinità, lo studioso si è ricreduto e ammette di avere commesso un errore. Probabilmente anche il film, “Cristiada (For Greater Glory)”, si prende parecchie libertà nella ricostruzione storica.
Comunque le lettere di Gorostieta, «parlano in realtà di un uomo assai legato alla famiglia e innamorato della moglie, di un uomo integro, totalmente impegnato nella difesa della libertà religiosa dei cattolici messicani, – riservato e schivo -le sue fotografie al campo assommano al massimo a tre o quattro -, di un cristiano ardente che invoca Dio, Gesù Cristo e la Madonna di Guadalupe e che chiede sempre preghiere per sé e per i suoi uomini».
Per concludere, Sanguinetti cita padre Luis Laurean Cervantes, il biografo del giovane martire cristero san Josè Sanchez del Rio, ha incontrato nel 1999 nipote del generale, Yolanda Sada Gorostieta, che ha smentito la tesi di uno zio miscredente. «lo zio generale non era né ateo, né liberale, ma cattolico praticante, anche se, comprensibilmente visto l’ambiente in cui viveva, non ostentava la propria fede».
Quando parte per il fronte, Gorostieta «benedice e affida a Dio la moglie Gertrudis e i suoi piccoli, dichiara di andare in guerra per difendere i diritti di Dio e per l’ultima volta recita il rosario con i suoi».
Il generale Gorostieta rappresenta «una delle ultime figure di combattente e di condottiero cristiano che crede che la difesa delle tradizioni e della libertà di religione del suo popolo dalla Rivoluzione possa e debba avvenire anche – una volta vanificate le misure legali – con le armi in pugno e che questa scelta s’imponga anche a costo di dover abbandonare nel fiore degli anni ed esporre a gravi rischi moglie e figli».
Lo studio pubblicato da Cristianità, si chiude con un corrido per il generale, una ballata popolare per i martiri, combattenti messicani.
DOMENICO BONVEGNA
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