EPIFANIA FESTA DEL SIGNORE DELLA STORIA

Mentre il mondo festeggia la befana, i cristiani, i cattolici festeggiano l’Epifania del Signore, così è stato questa mattina nella ultra moderna chiesa del Santo Volto di Torino. Ha presieduto la celebrazione eucaristica solenne S.E. Il cardinale monsignor Roberto Repole. Da qualche anno, il 6 gennaio, la Diocesi di Torino festeggia anche la “Festa dei popoli”, infatti in una chiesa gremita di folla, erano presenti anche le comunità etniche cattoliche di Torino, accompagnate dalle rispettive cappellanie, hanno partecipato alla S. Messa del giorno dell’Epifania. Come i Re Magi, vengono da lontano per portare i loro doni, nelle lingue più diverse pregano insieme, a rappresentare al ricchezza e la vivacità delle comunità cattoliche presenti nella Diocesi di Torino. Lingue, culture, costumi differenti, tanti colori per celebrare la fede che li unisce. La Messa è stata seguita dal coro multietnico che ha cantato in latino, in francese, in inglese e in spagnolo. Lo stesso per quanto riguarda le letture e le preghiere.

Ero presente alla solenne celebrazione e sono rimasto sbalordito dalla partecipazione dei tanti e diversi gruppi etnici, delle tante famiglie in abiti tradizionali che hanno animato la celebrazione. Io ero seduto vicino a due ragazze del Madagascar. Una festa di identità e colori uniti dalla fede. Questa mattina c’era la evidente dimostrazione dell’universalità della religione cristiana, il mondo era presente al Santo Volto di Torino. Una meraviglia espressa nell’omelia dal cardinale, quando ha detto che “C’è qualcosa di davvero sorprendente e persino commovente nel fatto che siamo in tantissimi qui riuniti, provenienti da continenti diversi, avendo imparato sin da piccoli delle lingue estremamente differenti, incomunicabili l’una con l’altra, affondando la nostra vita dentro culture che sono a volte anche molto distanti tra di loro. C’è qualcosa di davvero sorprendente e commovente nel fatto che siamo tutti qui non soltanto per dire il nostro desiderio di una solidarietà degli uni nei confronti degli altri, ma per professare l’unica fede che ci unisce nel Cristo Signore di tutti; per ascoltare quella Parola, la Parola di Dio, che ci permette di rimanere vivi in profondità; per nutrirci insieme dell’unico corpo di Cristo e sentire di avere bisogno di una vita che non è semplicemente la vita fisica, la vita biologica, ma è la vita di Dio”. La giornata di festa poi è continuata con il grande banchetto condiviso preparato dalle varie comunità. Successivamente è previsto uno spazio per la musica e le danze, proposte dalle varie comunità e da alcune associazioni e gruppi di origine migrante. Naturalmente non bisogna dimenticare Chi è oggi il festeggiato.

Omelia di monsignor Repole.

Il cardinale lo ha ben sottolineato,“il bambino, deposto nella greppia di Betlemme, non appare semplicemente come il compimento della promessa del popolo di Israele, ma appare come il Signore di tutta la storia, come Colui, l’unico, che è capace di dare salvezza a tutta l’umanità, a tutti i popoli. E’ importante meditare quello che hanno fatto i Magi, questi uomini hanno avuto coraggio, afferma monsignor Repole, che hanno lasciato,“alle spalle le loro certezze, le loro comodità, le loro sicurezze, le loro conoscenze e soprattutto, e perfino, la loro fiducia nella conoscenza che sapevano attingere dalla scienza, per mettersi in cammino e cercare qualcosa di inedito e intuire in quel cammino che il desiderio profondo che hanno nel cuore è un desiderio che va percorso, che va attraversato”. Al contrario dei vari capi dei sacerdoti e degli scribi del popolo che sono a Gerusalemme, che stanno fermi, sono statici, potrebbero leggere la Scrittura, tuttavia, sono “incapaci di cogliere che in quel volto, nel volto di quel bambino, c’è tutta la salvezza di cui ha bisogno l’umanità”. Monsignor Repole punta l’attenzione ancora sui Magi che si sono messi in cammino seguendo una stella. Sono astrologi e vengono dall’Oriente, “davanti a quel bambino, si prostrino, riconoscano che lì c’è l’unico dono di tutto ciò che esiste, c’è la sorgente di ogni dono, eppure sentono la necessità di portare a loro volta dei doni: l’oro, l’incenso e la mirra, simboli del fatto che quel bambino è re, è Dio ed è uomo. Quasi a dire che non si attinge alla ricchezza del dono di Dio se non ci si mette in gioco, se non si offre qualcosa di sé. È l’epifania del Signore, la “manifestazione” del Signore, che ci dice che ancora oggi è davvero commovente e per certi aspetti sconvolgente che siamo qui tutti insieme a celebrare Lui”. Anche oggi come i Re Magi abbiamo bisogno “di metterci in viaggio se vogliamo essere vivi, se vogliamo incontrare l’Autore della vita. Se siamo statici, se siamo fermi, non c’è possibilità che il Signore si manifesti a noi per quello che è”.

DOMENICO BONVEGNA

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