
Torino – Martedì 1° aprile alle ore 18, presso Spazio Musa a Torino, inaugura la mostra Frammenti di città, un dialogo sul frammento, sulla precarietà e sull’assenza fra le sculture astratte di Fabio Zanino e le pitture visionarie di Diego Pomarico, con la curatela di Lucrezia Nardi. Una doppia personale che, fino al 20 aprile, si configura come un dialogo profondo e stratificato fra due artisti provenienti da ambiti diversi ma affini, entrambi legati a Laboratorio Ventre, lo spazio di via Cervino 60 che ospita le loro ricerche e che fa parte del circuito Barriera Design District.
Frammenti di città si muove lungo il filo di una riflessione comune: quella sul frammento. Non solo come elemento fisico o formale, ma come condizione esistenziale, come dispositivo narrativo capace di parlare della fragilità umana e della nostra costante tensione alla ricomposizione. Un racconto che prende forma attraverso un’alternanza di pieni e vuoti, presenze e assenze, visibile e invisibile.
Pomarico e Zanino costruiscono un discorso sull’antropologia della mancanza: ogni opera è traccia di un processo di perdita e ritrovamento, ogni materiale, ogni pennellata o detrito si carica del peso del tempo, della memoria e della trasformazione.
Le opere di Fabio Zanino partono da oggetti e materiali di recupero, spesso segnati da una storia urbana e industriale: cartelli stradali dismessi, detriti, frammenti raccolti nei suoi viaggi diventano il punto di partenza per una riflessione sul potere della scomposizione e della ricollocazione. I suoi interventi scultorei agiscono come una chirurgia estetica della materia: scomporre per ricomporre, disfare per ridefinire un nuovo ordine. Ogni frammento, decontestualizzato, si fa elemento narrativo, carico di stratificazioni simboliche che parlano di migrazione, abbandono, ricostruzione.
Diego Pomarico porta avanti una pittura che si nutre della medesima tensione: le sue tele sono architetture liquide, sospese tra la figurazione e l’astrazione. Grandi strutture emergono da fondali dove il colore si deposita in velature, gocciolature, saturazioni dense o trasparenti. Le sue composizioni appaiono come città immaginate, luoghi della memoria o del sogno, dove la figura umana è talvolta presente, talvolta solo evocata, ma sempre in bilico tra presenza e dissolvenza. Le sue opere vivono di un linguaggio stratificato, che riflette sulla precarietà degli spazi e delle forme, in dialogo costante con l’assenza.
Il percorso espositivo costruito a Spazio Musa non è una semplice giustapposizione di opere: è una ricomposizione corale, dove le sculture di Zanino e le pitture di Pomarico si rispondono, si completano e si interrogano. Le architetture visionarie di Pomarico sembrano ospitare, o forse essere ospitate, dalle installazioni di Zanino, in un paesaggio condiviso che parla di città invisibili, di geografie interiori, di territori smembrati e ricuciti. In questo incontro tra due poetiche, il senso del frammento si fa centrale e trasversale, diventando chiave di lettura del presente e della condizione contemporanea: tutto ciò che appare saldo è destinato a cedere, a spezzarsi, a riorganizzarsi sotto forme nuove. Frammenti di città è quindi un invito a osservare le crepe, a soffermarsi sulle assenze e a lasciarsi attraversare da un’estetica del ricomposto, in cui l’imperfezione diventa possibilità.