di Roberto Malini
La persecuzione degli europei di origine africana durante il nazismo rappresenta un capitolo poco studiato e spesso dimenticato della storia dell’Olocausto. Pur non essendo mai stati oggetto di un programma di sterminio sistematico come gli ebrei, i rom, gli omosessuali e gli slavi, le persone nere in Germania subirono discriminazioni, violenze e gravi violazioni dei diritti umani.
All’inizio del regime nazista nel 1933, la comunità afro-tedesca era composta da circa 20.000–25.000 persone. Questa popolazione includeva persone provenienti dalle ex colonie africane tedesche, perse dopo il Trattato di Versailles del 1919, e figli di unioni tra donne tedesche e soldati coloniali francesi, noti come Rheinlandbastarde. Questi bambini, circa 400–600, furono al centro di campagne propagandistiche razziste che li descrivevano come una minaccia per la “purezza” della razza ariana.
Adolf Hitler, nel suo libro Mein Kampf, li definì come una “corruzione del sangue bianco” causato da una cospirazione ebraica e francese per indebolire la razza tedesca. Questo pensiero fu alla base delle successive politiche discriminatorie del regime nazista nei confronti delle persone di origine africana.
Nel 1937, con l’approvazione di Hitler, venne istituita una commissione speciale della Gestapo per sterilizzare in modo “discreto” i Rheinlandbastarde. Circa 500 bambini, alcuni di appena 11 anni, furono sottoposti a questa procedura, spesso senza il consenso informato dei genitori. Questo programma fu giustificato come misura per proteggere la “purezza razziale” tedesca.
Le persone nere in Germania furono soggette a discriminazioni diffuse nella vita quotidiana. Vennero esclusi dall’istruzione superiore, dalle opportunità lavorative e da molti servizi pubblici. Inoltre, le leggi di Norimberga del 1935 li definirono “sangue alieno”, vietando loro di sposarsi o avere relazioni con persone di sangue ariano. Alcuni trovarono impieghi come comparse nei film di propaganda sulle ex colonie africane o furono esibiti nei cosiddetti “zoo umani” come quello della Deutsche Afrika Schau tra il 1937 e il 1940.
Nonostante la legge sulla leva obbligatoria del 1935 limitasse il servizio militare agli “ariani”, ci sono casi documentati di afro-tedeschi che servirono nella Wehrmacht o furono arruolati in organizzazioni come la Gioventù Hitleriana. Inoltre, il reclutamento di volontari stranieri durante la campagna nordafricana portò alla presenza di persone nere nelle unità come la Free Arabian Legion.
L’esercito francese fece ampio uso di soldati provenienti dalle colonie africane durante la Seconda guerra mondiale. Durante la battaglia di Francia del 1940, circa 120.000 soldati africani furono fatti prigionieri dai tedeschi. Sebbene non ci fosse una politica ufficiale riguardo al loro trattamento, molti comandanti tedeschi separarono i prigionieri neri dai bianchi, con alcuni casi documentati di esecuzioni sommarie. I prigionieri di guerra neri, segregati nei campi, subirono condizioni peggiori rispetto ai loro compagni bianchi e la metà di essi non sopravvisse alla prigionia.
Si stima che almeno 2.000 persone di origine africana siano morte nei campi di concentramento nazisti. Tuttavia, la mancanza di dati e studi approfonditi rende difficile quantificare l’impatto complessivo delle persecuzioni. La storia delle persone nere sotto il regime nazista dimostra come il razzismo, sebbene non sempre sistematico, abbia avuto effetti devastanti sulle vite di queste comunità.
Approfondire e ricordare le vicende degli europei di origine africana durante il nazismo non è solo un dovere storico, ma un passo necessario per comprendere le radici del razzismo e promuovere una memoria inclusiva, che abbracci tutte le vittime delle ideologie discriminatorie del XX secolo.
Immagini tratte da una pubblicazione tedesca sull’occupazione della Renania (1918–1930), una regione della Germania occidentale, e sui bambini nati da madri tedesche bianche e soldati neri. Pubblicazione datata 1936–1939. Fonte: Enciclopedia dell’Olocausto, USHMM.