
Anni fa, durante una omelia domenicale in preparazione del Santo Natale, il Cardinale Angelo Scola affermava che per capire il Cristianesimo, bastava guardare per qualche istante l’immagine del Crocifisso. In questo mondo di confusione e di continuo baccano, il cristiano sente il bisogno di fermarsi, di riflettere, di porsi quelle domande fondamentali della vita: perché vivo, chi sono, dove sto andando?
A queste domande ci viene incontro la Chiesa che ogni anno ci offre un periodo forte di quaranta giorni, la Quaresima, invitandoci alla conversione, a cambiare vita. E proprio in questo periodo dell’anno si consiglia qualche buon libro di meditazione sulla Passione di Nostro Signore; ho appena finito di leggere in questi giorni un ottimo libro di spiritualità: “Il pianto del Cristo”, pubblicato dalla Casa Editrice Mimep-Docete (2024, pag. 459; e.18) Scritto dall’arcivescovo americano il venerabile Fulton John Sheen (titolo originale, “The Cries of Jesus from the Cross: a Fulton Sheen anthology”) Si tratta di una antologia suddivisa in sette testi del vescovo americano, sulle “Ultime Sette Parole” pronunciate da Cristo sulla croce, sono stati raccolti in questo volume. L’autore mostra come le parole del Crocifisso siano, in realtà, un catechismo completo sulla vita spirituale. Tuttavia, come per altri libri di Sheen, sono convinto che potrebbero essere utili per una buona meditazione di Esercizi Spirituali. Lo ha scritto padre Bellon, per il libro “Il Regno di Di Dio è una sfida”: “è come se si venisse introdotti in un corso di esercizi spirituali”.
Guidato dal suo carisma eccezionale il lettore scopre i segreti per praticare le beatitudini, evitare i vizi capitali, coltivare le virtù e vivere in Grazia di Dio. E’ condotto all’ombra della Croce, per entrare in un rapporto sempre più profondo con il Salvatore. Pochi libri esprimono una tale forza spirituale: questa antologia rappresenta un’autentica chiamata alla santità. Fulton Sheen scrisse questi testi tra il 1933 e il 1945: 1. Le ultime sette parole (1933) 2. La croce e le beatitudini (1937) 3. L’arcobaleno del dolore (1938) 4. La vittoria sul vizio (1940) 5. Le sette virtù (1939) 6. Le sette parole alla croce (1944) 7. Le sette parole di Gesù e Maria (1945). Il libro edito da Mimep-Docete è un buon sussidio per tutti i cristiani che si sono dimenticati di alimentare la propria anima, lasciandosi intrappolare dal becero consumismo. Oggi diamo troppo spazio alle distrazioni del mondo. Occorre prendersi cura dell’anima, più del corpo, era una nozione del catechismo. In Quaresima la Chiesa ci invita a rinunciare a qualcosa, ci invita all’autocontrollo, alla padronanza di noi stessi. E’ importante non farci prendere dalla pigrizia spirituale. Del resto se trascuriamo il nostro corpo, i muscoli si irrigidiscono, se trascuriamo la mente, rimbecilliamo; se trascuriamo l’anima, ci roviniamo.
Nella sua ultima predica del Venerdì Santo, nel 1979, l’arcivescovo Sheen affermò che, per lui, quella era la “58 a volta che meditava” le ultime 7 parole di Cristo sulla croce. Le riflessioni qui contenute – si legge nell’introduzione – possono essere lette una dopo l’altra, come riportate nel libro, oppure in ordine sparso, come si preferisce. Il 2 ottobre 1979, durante la sua visita alla cattedrale di Saint Patrick a New York, Papa Giovanni Paolo II abbraccio Fulton Sheen e parlandogli all’orecchio, lo benedisse con le parole: “Hai parlato e scritto bene del Signore Gesù Cristo. Sei un figlio leale della Chiesa”. Dell’importanza delle sette parole di Gesù sulla Croce, parla monsignor Donato Maria Cariboni nella prefazione. “Sono la ‘mappa’ per ogni sacerdote e per ogni battezzato per potersi maggiormente immedesimare nell”amore sino alla fine’”. Per facilità di sintesi seguo lo schema di presentazione del sacerdote. 1 Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno (Lc 23,34) qui Sheen ci invita ad avere uno sguardo di misericordia e un desiderio di salvezza per l’umanità peccatrice. “Anche il peggior peccatore adesso può essere salvato”. Del resto tutti ricordiamo il passato di Paolo, un grande persecutore dei cristiani prima di diventare apostolo della carità. Addirittura ha assistito alla lapidazione del giovane Stefano. Nelle riflessioni qui monsignor Sheen accenna al sacerdote messicano padre Pro che prima di essere fucilato dai rivoluzionari, chiese ai suoi assassini di inginocchiarsi per la sua benedizione e il suo perdono.
2 In verità, ti dico, oggi tu sarai con me in paradiso (Lc 23, 43) Qui il vescovo monsignor Sheen ci dice l’importanza di avere lo sguardo proteso alle realtà eterne, le sole capaci di donare speranza all’orizzontalità di questa vita. Sheen riflette sul comportamento opposto dei cosiddetti due ladroni crocifissi sul Calvario ai lati di Gesù. Il ladro crocifisso alla sua destra è stato misericordioso e compassionevole, e per questo ha ricevuto misericordia e compassione. La scena delle tre croci sul Calvario sviluppano profonde e ampie riflessioni. “Se guardiamo questa scena […] vediamo un anticipo di quello che sarà il giudizio universale; il Giudice al centro e l’umanità divisa su due schiere: le pecorelle e i capri; i beati e i dannati; coloro che amano e coloro che odiano”. Inoltre, il capitolo esamina l’aspetto fondamentale della misericordia, anima della Chiesa di Nostro Signore. Anche nel peggiore delle persone c’è qualcosa di bene, e quindi può essere salvato. Ancora nel capitolo il vescovo offre delle interessanti riflessioni sulla sofferenza, sul dolore. Trattando la Speranza, e guardando i due ladroni, monsignor Sheen, si sofferma sui due estremi da evitare : la disperazione e la presunzione. “La presunzione è un eccesso di speranza. La disperazione è quando manca la speranza”. E a proposito della disperazione abissale di oggi, Sheen sottolinea che i cantori dei piaceri sono sempre anche cantori della disperazione. “I piaceri devono essere continuamente rinnovati, proprio perché si rivelano continuamente incapaci di soddisfare: fanno aumentare la fame anziché saziare”.
3 Donna, ecco tuo figlio. Figlio, ecco tua madre (Gv 19,26) Il capitolo mostra la dimensione mariana ed ecclesiale della fede. Maria ha amato Colui che è morto per tutti gli uomini, pertanto Lei amerà coloro per i quali Egli è morto. Il capitolo fa approfondite riflessioni sul matrimonio, sulla castità. Merita attenzione la scheda sulla lussuria. “E’ Dio stesso che ha associato il piacere all’atto carnale”. Il Signore ha previsto che l’uomo potesse provare piacere nel mangiare, così non si può sottrarre a mantenersi in vita. “Ha associato il piacere all’atto sessuale, così che il marito e moglie non si sottraessero all’obbligo sociale di continuare la specie umana e di crescere nuovi figli per il regno di Dio”. Nel paragrafo della “Prudenza”, vengono esaltate le donne; il livello di una civiltà si vede dal comportamento delle donne. Il capitolo visto che parla di Maria, la Madonna, termina con un invito a patrocinare la preghiera del Rosario.
4 Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? (Mt 27,46; Mc 15,34) La quarta parola evidenzia l’immersione di Cristo nella nostra umanità e nel dolore umano e la necessità di lottare per non lasciarci separare da Dio. La mia attenzione si sofferma sulle considerazioni sull’orgoglio che può manifestarsi in molteplici forme: l’ateismo, la superbia intellettuale, delle menti che credono di sapere tutto. Orgoglio che si contrappone all’umiltà.
5 Ho sete (Gv 19,28) E’ il desiderio profondo del cuore di Cristo, che san Giovanni Bosco sintetizzava così: “Da mihi animas, cetera tolle”, “Dammi le anime, toglimi pure il resto”. Scrive Fulton Sheen: “Il Creatore non può vivere senza la sua creatura, il pastore senza le pecore, la sete d’Amore di Cristo senza l’acqua che sgorga dall’anima dei Cristiani”. In questo capitolo, la mia attenzione si ferma sull’”importanza dello zelo”. Gesù ha passato tutta la vita a cercare anime. “Se Gesù Cristo ha avuto sete del cuore dell’uomo, non deve un cristiano avere la stessa sete? Se Lui è venuto a gettare il fuoco sulla terra, non deve un cristiano lasciarsene infiammare?”. Più avanti monsignor Sheen scrive: “Per meritare il nome di cristiani, dobbiamo anche noi avere sete di diffondere l’amore divino; e se non abbiamo questa sete allora non saremo mai ammessi al banchetto della vita”. Tuttavia l’affermazione principe potrebbe essere questa: “un cattolico che non sente l’urgenza di diffondere la fede è un parassita nella chiesa; chi non si cinge i fianchi per svolgere la sua missione sta rinunciando al suo posto sul podio della cristianità […] chi non è uno spirito conquistatore è un rinnegato”. E’ un inno alla missionarietà quella di Fulton Sheen. Nel paragrafo sulla “gola”, c’è una interessante distinzione tra il digiuno e la dieta. La Chiesa digiuna; il mondo fa la dieta. Non è per la salute del corpo che il cristiano digiuna, ma per la salute dell’anima. Mentre chi non crede, non digiuna per il bene dell’anima, ma per il corpo. E’ molto triste vedere tanta gente che trascurano la propria anima, mentre concentrano le proprie energie sulla cura del corpo. Un’altra scheda da guardare con attenzione è quella sulla “Temperanza”, che tiene sotto controllo le pulsioni. I due appetiti più forti nell’essere umano sono quelli del mangiare e bere, e il bisogno sessuale. Qualsiasi eccesso in questi due bisogni sono all’origine di due peccati: gola e lussuria. La temperanza è la virtù che tiene sotto controllo le pulsioni per il bene dell’anima. Il capitolo offre altri particolari interessanti sui compromessi a cui ci abituano tanti cristiani, poi ci sono gli “spettatori”, gli ignavi, gli indifferenti che sono difficili da convertire. E’ più facile farlo con i “focosi”, alla san Pietro.
6 Tutto è compiuto (Gv 19,28) La sesta parola ci suggerisce come affrontare la morte. Non come “una fine”, ma come “il fine”, la meta, il traguardo, il compimento di tutta la nostra vita, del disegno di Dio. Beati gli operatori di pace, predicò Nostro Signore, sulla collina del Calvario, Cristo ha messo in pratica questa beatitudine, ma come tutte le altre beatitudini, scrive Sheen, anche questa si pone in contrasto con la mentalità del mondo, dove chi è più forte ha sempre ragione, dove l’aggressività e la prepotenza sono considerate una virtù. Ma la pace non è quella del mondo, è quella che auspicava S. Agostino: “La pace di tutte le cose è la tranquillità dell’ordine”. Non si da pace, tranquillità con la paura come negli Stati totalitari. La pace del mondo è diversa da quella del Signore, è quella che viene dal “retto ordine della coscienza, dalla giustizia, carità, amore di Dio, e amore per il prossimo”. “Anche noi, suoi discepoli, che predichiamo la sua pace, ci dobbiamo aspettare di venire crocifissi”, ci ricorda il vescovo americano. Così può accadere che il ragazzo che entra in seminario o la ragazza che entra nel convento, saranno odiati anche in famiglia. Attenzione, alla pace illusoria, alla falsa pace: “i comunisti, ad esempio, ci invitano a formare con loro una lega per la pace. Ma non possiamo, semplicemente perché si tratta di una falsa pace”. Per questo ci odiano e ci perseguitano. E allora per noi cristiani se non c’è un Venerdì Santo, non ci sarà mai una mattina di Pasqua. Se non moriamo a questo mondo, non vivremo nella vita futura. Senza la corona di spine, non ci sarà l’aureola di luce. Se non saremo crocifissi con Cristo, con Cristo non risorgeremo. Certo è un discorso duro, ma il Cristianesimo è questo.
7 Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito. (Lc 23,46) L’abbandono totale del Figlio nelle braccia del Padre, anche noi siamo chiamati a vivere e ad avere fiducia nella Provvidenza di Dio e obbedienza al suo volere. Anche oggi noi cristiani siamo chiamati a “leggere il ‘libro’ della Croce, con l’augurio che capiti anche a noi che vedendo come muore Nostro Signore, ci insegnerà a vivere da veri cristiani. Anche in questo ultimo libro, monsignor Sheen ci lascia tante interessanti riflessioni, a cominciare dal concetto di libertà, ne esistono due tipi: una libertà da qualcosa e una libertà per qualcosa; poi la riflessione sull’avarizia e la ricchezza, infine quella sulla carità.
DOMENICO BONVEGNA
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