“Fermarsi, accogliere, curare e condividere”: è sull’esempio del “buon samaritano” che la Garante regionale della Salute, Anna Maria Stanganelli si è rivolta alla Conferenza Episcopale Calabra (CEC), presieduta dall’Arcivescovo di Reggio Calabria – Bova, Mons. Fortunato Morrone, nel corso della sua audizione svoltasi in occasione dei lavori della consueta sessione invernale incentrati sui problemi del territorio, quali, appunto, la Sanità.
A margine dell’incontro, i vescovi hanno prospettato la possibilità di un protocollo d’intesa tra l’ufficio del Garante e la stessa CEC ribadendo tutto il loro incondizionato sostegno nei confronti di questa nuova figura istituzionale di vigilanza sui diritti alla salute del popolo calabrese e proponendo dei confronti periodici. “Potermi relazionare con voi che rappresentate la Chiesa universale, depositaria dei bisogni dei più deboli, – ha esordito Stanganelli – è motivo di grande emozione ma, soprattutto, mi dà l’opportunità di avviare un dialogo che vorrei fosse costante e costruttivo in tema di diritto alla salute. Qualche giorno fa, ho avuto modo di ascoltare le parole di Papa Francesco nel corso di un’udienza che ha avuto con gli operatori sanitari: “la salute – ha detto il Papa – non è un lusso, un mondo che non assiste chi ha bisogno di cure è un mondo cinico e che non ha futuro”. E, allora, io credo che bisogna ripartire da questa riflessione e ritengo l’istituzione della figura del Garante della Salute una grande conquista di civiltà per l’affermazione dei diritti di tutte le persone”. Stanganelli si è quindi soffermata sulle numerose segnalazioni che, quotidianamente, pervengono all’ufficio del Garante da parte di persone anziane, giovani, malati oncologici, enti che segnalano criticità, istituti di pena: “devo dire, però, -ha rimarcato – che da parte di tutti l’approccio nei confronti di questa nuova figura è di fiducia, perché rappresenta un riferimento istituzionale a cui ci si può rivolgere per ottenere equità ed efficienza. Credo -ha continuato – che bisogna superare prospettive a volte autoreferenziali e pensare di mettere al centro i bisogni del cittadino che non è un altro rispetto a noi ma è uno delle tante persone che rappresentano il volto di ognuno di noi nei vari momenti della nostra vita. Fondamentale sarà la collaborazione con voi – ha proseguito la Garante rivolgendosi ai vescovi – che nel quotidiano avete un ruolo privilegiato, perché riuscite a percepire i bisogni dei soggetti fragili con spirito di gratuità, senza filtri, voi che ogni giorno siete chiamati ad una missione, a seguire chi si trova in povertà e in situazioni di abbandono quindi ritengo molto importante che ci sia collaborazione con le istituzioni ma, soprattutto, con la Chiesa e con le associazioni per un percorso che diventi una sorta di “patto per la salute”. Se uniamo le professionalità, le tecnologie a quelli che sono i bisogni dei pazienti possiamo davvero rendere un servizio al territorio e collaborando insieme – ha concluso – possiamo affrontare tutte le sfide che si presenteranno per una sanità migliore”. Da parte loro, i vescovi hanno rimarcato il fatto che affinché la speranza non diventi un’illusione vada organizzata concretamente così come concretamente, a turno, hanno segnalato alla Garante le varie criticità che giornalmente pervengono loro dal territorio regionale presentando un quadro drammatico della sanità calabrese, a cominciare dalla saturazione dei Pronto Soccorso per arrivare al servizio di pronto intervento spesso privo di medici a bordo, passando per le lunghe liste d’attesa. La CEC, tramite Mons. Nostro, vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, nonché segretario della Conferenza Episcopale Calabra, ha chiesto alla Garante in cosa possono rendersi utili i vescovi per rendere al meglio la loro collaborazione e venire incontro al servizio che già la stessa Garante rende, individuando i bisogni del territorio e stabilendo insieme delle strategie risolutive per le diverse criticità. “Da questa sala – ha rimarcato Mons. Morosini, Arcivescovo Emerito di Reggio Calabria-Bova, nel suo intervento – è passata tanta gente, abbiamo discusso di piani regionali, progetti, disegni, firmato protocolli ma è rimasto tutto lettera morta. Apprezzo il suo entusiasmo e la sua buona volontà – ha aggiunto parlando al Garante – ma dall’altra parte serve una risposta seria altrimenti la sua voce si perderà nel deserto. La speranza noi ce l’abbiamo, ma la Sanità in Calabria non è più una questione di misericordia ma di giustizia”. Gli ha fatto eco Mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano allo Jonio e responsabile alla sanità della CEC: “la domanda che bisogna porsi – ha detto – è qual è la visione della Sanità che si ha in Calabria, qual è il rapporto tra medicina sanitaria ospedaliera e quella territoriale, la cosiddetta medicina di comunità; anche io mi occupo di Sanità all’interno della CEC e ogni giorno vedo cose che gridano vendetta al cospetto della giustizia; garantire il diritto alla salute è una sfida di democrazia e di civiltà”. Infine, Mons. Francesco Milito, vescovo della diocesi di Oppido Mamertina-Palmi, nonché Vice Presidente della CEC, nel ringraziare la Garante Stanganelli per la sua testimonianza ha ribadito la disponibilità della Consulta della CEC per il servizio della salute nel dare sostegno alle sue attività di tutela dei diritti dei cittadini e ha invitato la stessa al Santuario di Molochio, il prossimo 11 febbraio, in occasione della Giornata internazionale dell’ammalato, per consegnarle una miniatura con dedica del codice di Rossano dove è contenuta anche la parabola del buon samaritano.