Il clericalismo ha spinto a tollerare le proprie infedeltà: leggo in tanti giornali nonché in tanti siti internet la notizia che un prete messinese, ultrasessantenne, laureato in filosofia a Messina, parroco di Monteparano…
di ANDREA FILLORAMO
Leggo in tanti giornali nonché in tanti siti Internet la notizia che un prete messinese, ultrasessantenne, laureato in filosofia a Messina, parroco di Monteparano, don S. C. è una tra le 13 persone arrestate a Taranto nell’ambito dell’operazione contro l’organizzazione di un “sodalizio di ampiezza transnazionale dedito allo sfruttamento della prostituzione ai danni di alcune giovani ragazze prevalentemente provenienti dall’Est Europa, che venivano collocate su strada, indotte alla prostituzione, e sottoposte a protezione dietro il pagamento di somme di denaro”.
Leggo ancora che il prete è ai domiciliari per favoreggiamento e che “l’arcivescovo di Taranto Filippo Santoro, in via cautelativa, l’ha sospeso dal ministero pastorale”.
Mi limito a dare queste scarne notizie, per non far pensare di appartenere, prima che la magistratura si pronunci sul caso, alla schiera di quanti spesso alimentano i peggiori istinti moralizzatori delle persone, dando vita a una versione moderna e violentissima della gogna pubblica, il cui bersaglio può essere chiunque, il personaggio famoso, quello che attira su di sé l’attenzione degli altri o come in questo caso un prete che gode della stima di tutti coloro che lo conoscono a Messina come a Taranto.
Essi ritengono assurda l’accusa fatta a quel prete, di “aver svolto il ruolo di accompagnatore della maitresse, anche lei arrestata, di essersi occupato di mantenere i collegamenti tra le prostitute rumene e i protettori”, che abbia, quindi, partecipato direttamente o indirettamente allo sfruttamento della prostituzione, l’abbia favorito e abbia fatto parte di quel sodalizio.
E’ certo che al di là di quanti ritengono assurde le accuse fatte, molti, leggendo i giornali o nei siti Internet, pensano che il fatto, anche se fosse riconosciuto come vero, nulla aggiungerebbe alle nefandezze della Chiesa, che è stata incapace di impedire che il marciume allignasse a lungo e in profondità dentro di sé e che fosse sostanzialmente ignorato il «fumo di Satana» penetrato nella casa di Dio, di cui nel lontano 29 giugno 1972 parlò Paolo VI. Oggi finalmente si è capito che non si può e non si deve sopire, nascondere, celare il marcio nella convinzione che far scoppiare il bubbone danneggi la Chiesa.
Il clericalismo ha spinto a tollerare le proprie infedeltà, i propri vizi, perfino le proprie perversioni perché il clericale si considera al di sopra di ogni giudizio ed è tanto inflessibile con il popolo quanto indulgente verso se stesso e i confratelli.