Il diritto alla vita che non viene minacciata soltanto da un virus, ma anche dagli strumenti che attentano alla libertà personale

di ANDREA FILLORAMO

Nessuno lo pensava ma, in poco tempo, per difenderci da una pandemia, improvvisamente cadutaci addosso, con il suo carico di sofferenza e di morte, è successo quello che nessuno di noi poteva prevedere e ne stiamo subendo dolorosamente le conseguenze e, purtroppo, non sappiamo fino a quando.

Per limitare il contagio che, altrimenti, con la sua diffusione, si estende sempre di più, in vari momenti e con diverse disposizioni , cioè con ripetuti Decreti del Presidente del Consiglio pro tempore, sono stati, infatti, sostanzialmente sospesi i diritti di libertà personale, di circolazione, di riunione, di partecipazione agli atti religiosi, di istruzione, di lavoro, di impresa, riconosciuti dalla nostra Costituzione, che abbiamo sempre considerato ed è la “magna carta” del nostro vivere personale e sociale, che vincola tutti al rispetto di ogni singolo suo articolo. Tutti i rapporti con gli altri, quindi, tutte le consuetudini, le amicizie a lungo coltivate sono stravolti da questi Decreti, tant’è che determinano in noi un cambiamento della nostra percezione del tempo e la stessa visione del mondo.

Il fatto più doloroso, che accresce la nostra paura, psicologicamente insopportabile, di cui abbiamo avuto notizia nei mesi di marzo-aprile, che rischia, dopo l’ultimo Decreto di ripetersi, è quello che riguarda l’atto finale della vita, cioè la morte, che diviene, in virtù dei limiti imposti, una realtà clandestina, solitaria. La morte, infatti, con la sospensione del diritto a una fine dignitosa, diviene un episodio clandestino e solitario, consumato lontano dagli affetti familiari.

In tale situazione, della quale è impossibile vedere lo sbocco, nasce in noi la perplessità, al di là della nostra incapacità e della nostra incompetenza a suggerire mezzi e strumenti con i quali controllare e limitare il contagio che imperversa, sui limiti imposti alle nostre libertà costituzionali. Tale perplessità viene accentuata anche dallo scetticismo sugli esiti che il legislatore non riesce neppure a garantire se non in termini solo statistici.

Sono tante le domande che vorremmo porre alla nostra classe politica di maggioranza e di opposizione. Le risposte, assieme ai suggerimenti igienico-sanitari, consapevolmente e responsabilmente ormai accettati da tutti, potrebbero essere utili per non incorrere ancora una volta in quelli che sono, fino ad oggi, errori conclamati.

Diciamolo chiaramente: i politici che fra i loro doveri hanno sempre quelli di richiamare al rispetto delle norme di salvaguardia della salute, devono al più presto decidere non più sui i limiti alla nostra libertà, che soffocano la nostra economia e riducono alla fame milioni di persone, ma, a mettere in campo più risorse possibili, togliendo anche a chi ne ha troppe, sui necessari e immediati cambiamenti strutturali del sistema sanitario, di quello dei trasporti, di quello scolastico etc. Devono aiutare non con semplici sussidi, quanti sono stati danneggiati economicamente dai DPCM, che si succedono l’uno all’altro. Solo così si combatterà una battaglia con un virus, che non potrà essere sicuramente totalmente risolutiva fino a quando non ci sarà un vaccino.

Non voglio ovviamente essere frainteso: non intendo promuovere il ribellismo, ben sapendo che In Italia vi è una diffusa delusione e sfiducia nei confronti del governo, che fa da sostegno al rifiuto psicologico, teorico e perfino filosofico di qualunque potere che si erga al disopra dell’individuo e so chiaramente che la ribellione può diventare pericolosa. Mi è difficile, però, rispondere ad una domanda. “È proprio vero che c’è un diritto alla salute in grado di prevalere su qualunque altro diritto?”. Non sono un giurista, ma la risposta a questa domanda viene data dalla Corte Costituzionale, che si è pronunciate sul caso ILVA, quando ha detto, in termini che a me sembrano molto chiari: “Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (…). Se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe «tiranno» nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona» (sentenza n. 85 del 2013).

Lasciamo ai giuristi l’ermeneutica e i suggerimenti per l’applicazione di questa sentenza, a noi solo il compito di far sentire l’esigenza che c’è in tutti, di rispettare, sì, il diritto alla salute, ma soprattutto il diritto alla vita che non viene minacciata soltanto da un virus, ma anche dagli strumenti che attentano alla libertà personale, utilizzati per combatterlo se, oltretutto, con il tempo essi si riveleranno inefficaci.

È forse questo un pensiero che mi salta in testa in un momento particolare della nostra vita, ma è possibile che esso appartenga a tanti.