Sono trascorsi 77 anni dalla morte di Benito Mussolini e dalla fine del fascismo; ma stando alla contesa accanita dei giorni pre e post votazioni del 25-IX-2022, sembra che quel “passato”, dichiarato “male assoluto”, non voglia passare mai. Per alcuni, infatti, il fascismo è ancora vivo e la polemica diventa più feroce con una Sinistra che, avendo perduto le elezioni, pare abbia perduto anche la testa: basta vedere certi dibattiti televisivi dove il livore è tale che per poco i contendenti non si mettono le mani addosso!
Così, anche se è trascorsa la vita di un uomo – “70 sono gli anni dell’uomo, 80 per i più robusti” c’è scritto nella Bibbia e me lo ricordava mia mamma – noi Italiani, nonostante i problemi che ci affliggono, ci accapigliamo se rimuovere o no una foto di Mussolini: “o la sua o la mia!” ha preteso l’on Bersani!
Sull’argomento “fascismo” corrono ancora fiumi di inchiostro e c’è una letteratura da riempire biblioteche, manco fosse durato secoli: un coro di “voci” a cui – nel centenario della “Marcia su Roma”, 28-X-1922 – se ne sono aggiunte altre con libri e libretti di storici più o meno improvvisati che hanno voluto dire la loro; buon ultimo, quindi, vorrei dire anche la mia ai cinque amici e benevoli lettori, pur consapevole che questa potrà valere al massimo il solito “zero-virgola”. Premetto che io dal fascismo sono stato appena pizzicato, essendo nato alcuni mesi prima della caduta di Mussolini avvenuta il 25-VII-1943; pertanto la mia conoscenza di quel particolare periodo della nostra Storia è solo “scolastica” e “per sentito dire”, dovuta, cioè, alla lettura e allo studio di libri (mi sono familiari le sei mila pagine del De Felice), alla consultazione di giornali e, soprattutto, alle testimonianze di molte persone che c’erano, tra cui mio padre, carabiniere, qualcuna anche autorevole perché protagonista nel Ventennio e con la quale ho fatto in tempo a parlare. Tante sono le domande che ho posto ai miei interlocutori fin dalle Scuole Medie, già in quella “età breve” in cui si comincia a raffazzonare qualche concetto di “politica” e di Storia. Così, tra le altre cose, mi sono convinto che il personaggio in questione, a 77 anni dalla sua uccisione proditoria senza processo e del vilipendio del cadavere nel piazzale milanese, e di cui si dibatte con rinnovato furore, diventa – anche per questo! – sempre più ingombrante nella Storia del 1900. Tutte le occasioni sono buone: ultima in ordine di tempo, la pretesa puerile di rimuovere una sua foto da una parete (17-X-2022); in passato la cancellazione di scritte; la copertura con calce di mosaici come quello nella Stazione Marittima di Messina; la formella in maiolica scalpellata intorno agli occhi nella figura del “quadro” alla Stazione Centrale di Milano che lo mostra in camicia nera mentre presenta (30-X-1922) alla “Maestà del Re” “Vittorioso” i gagliardetti e le “centurie” fasciste appena calate “su Roma” con la frase, forse inventata dalla retorica dell’epoca: “Sire, vi porto l’Italia di Vittorio Veneto!”
(Parentesi) E a proposito di frasi “retoriche”, più o meno inventate, non dobbiamo meravigliarci poiché la Storia ne è piena, come quella – ma è solo un esempio – che Garibaldi avrebbe detto a Nino Bixio a Calatafimi: “Bixio, qui si fa l’Italia o si muore!”; parole che in Quinta Elementare ripetevamo con emozione; ogni epoca, del resto, ha la sua retorica: il fascismo la ereditò intera dal Risorgimento e la ampliò ed esaltò aggiungendovi la Guerra del Carso, del Grappa e del Piave (1915-1918). Così, passando dalla retorica delle “frasi celebri” a quella dei “fatti celebri”, per fare un altro esempio anche se marginale, noi, abitanti della zona milazzese in provincia di Messina, credevamo che la battaglia di Milazzo (20-VI-1860) si fosse combattuta intorno alla rocca del Castello con l’assalto alla baionetta delle camicie rosse comandate dall’“Eroe dei due mondi” che, sciabola sguainata e bandiere al vento, etc. etc.: il castello, l’erta, l’assalto per conquistarlo, le baionette, la sciabola, le bandiere rendevano la vicenda più eroica alla immaginazione di noi ragazzi…; in realtà Garibaldi arrivò in carrozza e gli scontri avvennero nelle campagne e tra le case della Piana, Corriolo, Merì… e di eroico, vero, ci fu solo il comportamento del colonnello borbonico, siciliano, Beneventano del Bosco che, “innamorato” della giovane bellezza di Maria Sofia, la Regina di Napoli, stava per sopraffare i “garibaldesi” ma desistette quando vide che la nave da guerra comparsa in rada per portagli aiuto si era venduta per soldi al nemico: la leggenda raccontataci e a cui credevamo fermamente, però, parlava dell’assalto al castello…! Con questo voglio dire che molta retorica risorgimentale, travasata nel fascismo, furoreggiava ancora, 70 anni fa, alle Elementari, nei libri che ho conservato!
Solo dopo, col “1968”, mi resi conto che tanto del “glorioso Risorgimento” era favola e che, comunque, si poteva leggere anche con occhi diversi: qualche studioso – fra i padri Gesuiti ve n’erano ancora di valorosi – spiegava, infatti, a noi giovani che esso era stato organizzato in funzione anticattolica e finanziato (specie la spedizione dei Mille) dalla massoneria inglese con lo scopo finale di cancellare lo Stato Pontificio, quindi il Papato e, magari, poi, la nostra Religione: insomma tutto era stato pensato nel Nord Europa, un po’ come tentano di fare ancora oggi, 2022, a Bruxelles e a Strasburgo, con alcuni Paesi (vedi la Francia, “sorella latina”) che si arrogano il diritto di “vigilare” affinché Giorgia Meloni o l’Ungheria o la Polonia non sgarrino dalla linea dei “diritti civili” (l’aborto soprattutto!) tracciata da lor signori. Aggiungo che, se i piani delle “massonerie” nord-europee nel 1800 non giunsero a compimento, fu per la Resistenza passiva del Popolo Italiano la cui unità come Nazione, dal Sud-Tirolo al Regno di Sicilia – ben prima del 1861 – era dovuta proprio al Cattolicesimo, quello della “Contro-Riforma” che tanto odio suscita ancora oggi nella corporazione degli intellettuali e fastidio in alcuni cattolici che l’hanno appresa dalla propaganda di costoro. (Chiusa parentesi).
Di ciò si rese conto il Mussolini, “figlio del fabbro”, che, anarco-socialista, lontano da ogni credo religioso e infarinato, come molti allora, dalle filosofie di Nietzsche e Sorel, non era però un politico “di dozzina”, direbbe Manzoni; così, invece di spogliare chiese e conventi incamerandone “i beni dei poveri” per metterli all’asta a vantaggio di chi era già ricco, come avevano fatto i precedenti Governi liberali, cercò la pacificazione con la Chiesa. Infatti il primo discorso da Presidente del Consiglio, 16-XI-1922, lo concluse con la frase “Mi aiuti Iddio a portare a termine questa ardua impresa…”, parole inusitate e mai udite prima nel Parlamento; poi, in sordina e “potendo forzare” direbbe Machiavelli, iniziò a tessere la tela che, l’11-II-1929, porterà alla Conciliazione con la Chiesa. Comincia qui il “periodo del consenso” che, grosso modo, si conclude con le inspiegabili leggi sulla razza, 1938, copiate forse dalla Germania nazional-socialista; in questi nove anni, nonostante la dittatura e le libertà limitate dalle “leggi fascistissime” del 1926, con carcere o domicilio coatto nelle isole (Lipari, Ponza, Lampedusa, Ventotene…) di avversari, l’adesione popolare al fascismo e al suo capo fu indiscussa, sia in Italia che all’estero. Mussolini è protagonista del “Patto a Quattro”; firmato a Roma – giugno 1933 – da Germania, Francia, Inghilterra e Italia, esso “rimane l’ultimo serio tentativo di impedire la divisione dell’Europa” dice lo storico Francesco Moroni nel libro di testo usato al Liceo.
Mussolini mobilita – 1934 – alcuni corpi d’armata al Brennero in difesa della indipendenza dell’Austria che, dopo l’assassinio del cancelliere cattolico Dollfuss da parte di sicari nazisti, è minacciata di annessione alla Germania: celebri le parole del discorso di Bari: “Trenta secoli di storia ci permettono di guardare con sovrana pietà talune dottrine di oltr’Alpe…”, si riferiva alle teorie nazional-socialiste della Germania di Hitler; certo, quelle frasi tribunizie e teatrali, declamate davanti a una folla osannante, oggi fanno sorridere perché mettevano a impossibile confronto la “Roma di Cesare e Virgilio” con la Germania di Tacito dove non si conosceva la scrittura; ma, calate nella temperie storica di quell’epoca, riempirono di orgoglio tutti gli Italiani anche non fascisti. Così, l’adesione al regime in quei momenti fu “completa” e la comunanza di intenti nel Popolo Italiano mai vista prima: la campagna di Etiopia (1935-1936) venne considerata non come aggressione ad un altro Stato, quale in realtà fu e appare oggi, ma “legittima” conquista di un “posto al sole” dove mandare i nostri lavoratori, impediti allora di espatriare altrove, non “oltre alpi e oltre mare a tagliare istmi, a scavar carbone, a scentar selve, a dissodare campi” ed essere “stranomati Carcamanos! Gringos! […] Lontani alla loro Patria nobilissima, che aveva dato i più profondi pensatori, i più ispirati poeti, scopritori, inventori del mondo…” Cito parti del discorso di Giovanni Pascoli, “La grande proletaria si è mossa”, pronunciato nel 1911 per l’impresa di Libia. Gli stessi concetti esprimerà Mussolini, come Pascoli romagnolo ed ex socialista, nel discorso a Piazza Venezia del 2-X-1935 per l’inizio delle operazioni in Abissinia; egli, quasi ricalcando le parole del Poeta di San Mauro, chiamerà quello italiano “popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di navigatori, di trasmigratori”, parole celebri ancora oggi scimmiottate in ogni occasione: “popolo di eroi e di ciclisti”, “popolo di navigatori e spaghettari” etc.; quelle di Mussolini sono scolpite sulla fronte del Palazzo dell’EUR e vi campeggiano ancora: on. Bersani, on. Letta e compagni, dobbiamo demolire anche il…palazzo, costruito 80 anni fa, solo perché avete definito il fascismo “male assoluto”? Via, smettiamola di far ridere!
Ma col 1938 gli avvenimenti in Europa subiscono una precipitosa accelerazione; a vent’anni dalla sciagurata “non pace” di Versaglia che aveva umiliato la Germania sconfitta, questa si riprende la sua tremenda rivincita: annette l’Austria fra il tripudio del popolo con il cardinale di Vienna che, all’arrivo di Hitler in città, fa cantare il Te Deum in Santo Stefano; porta i confini della Germania al Brennero, ciò che diventa un futuro pericolo per l’Italia; occupa il territorio dei Sudeti con la scusa che questi parlano tedesco (anche in Alto Adige si parla tedesco!); pretende Danzica, città “tedesca”, e la cancellazione del “Corridoio”; invade (1-IX-1939) mezza Polonia lasciando l’altra metà all’URSS secondo l’accordo russo-tedesco (Molotov-Ribentropp) del 23-VIII-1939 con grande sconcerto nell’Italia fascista e nei comunisti in tutto il mondo.
L’ultima “gloria” Mussolini la colse col Convegno di Monaco (IX-1938) in cui fu salutato “salvatore della pace”: folle plaudenti lo attesero nelle stazioni dal Brennero a Roma, al ritorno da Monaco; risalgono forse a quell’anno le parole in rima che qualche anziano mi canticchiava ancora non molti anni fa: “Se vuoi aver la pace / dovrai sentir la voce / di un popolo che dice / Duce! Duce! Duce!”. Ma il “Duce”, dopo Monaco, non padroneggerà più la situazione e, anzi, verrà trascinato e, infine, travolto dagli eventi. Così allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, vista l’impreparazione dell’Italia, sarà costretto a dichiarare la “non belligeranza” ma, poi, sbalordito e magari atterrito dalle vittorie fulminanti dei Tedeschi che, sbaragliato l’esercito francese ritenuto tra i più forti del mondo, marciavano su Parigi e sarebbero potuti calare in Provenza circondando l’Italia del Nord, dichiara guerra a Gran Bretagna e Francia, 10-VI-1940: è l’inizio della rovina sua e dell’Italia. I Francesi parleranno di “pugnalata alla schiena” ma qualcuno spiega che, tenuto conto della ormai sicura vittoria della Germania e della altrettanto “sicura” resa della Gran Bretagna, la discesa in campo, in quel frangente, diventava un male “necessario” in quanto solo il prestigio di Mussolini avrebbe potuto frenare le pretese della Germania vincitrice: è la tesi, non del tutto fantasiosa, di storici che credono al “carteggio” segreto che sarebbe intercorso tra Churchill e Mussolini, “lettere” con cui il premier inglese lo avrebbe scongiurato di scendere in guerra a fianco della Germania affinché l’Europa non cadesse tutta sotto il tallone tedesco; il carteggio che il Duce aveva in tasca ancora a Dongo, la mattina del 27-IV-1945, gli sarebbe stato sottratto dai partigiani ed è sparito. Per contro i più dicono che egli avrebbe dichiarato la guerra per accaparrarsi una parte del bottino della vittoria: “mi bastano alcune migliaia di morti per sedermi al tavolo della pace”, avrebbe affermato giorni prima, ma la frase famigerata non trova riscontro in nessun documento. Della “pugnalata” si ricordarono i “fratelli” d’oltrAlpe: infatti, durante il giro di Francia del 1948, il nostro Bartali fu fermato e insultato da tifosi perché italiano, venne sottratto agli aggressori dai colleghi ciclisti francesi; Gino quell’anno vinse, comunque, il giro e, si dice, abbia contribuito alla pacificazione dell’Italia in tumulto per l’attentato a Togliatti.
Coloro che, per conoscere questa pagina di Storia, si affidano solo a certa propaganda, possono pensare che io sia benevolo nei confronti del Ventennio “nero”; se poi ciò che sto dicendo lo confrontano con alcune trasmissioni televisive – a 100 anni dalla Marcia su Roma – allora mi potranno accusare perfino di essere “fascista”: ridicolaggini. I “nostalgici” che, in questi 77 anni hanno immaginato di ricreare il fascismo, quelli provenienti dai campi di concentramento inglesi dell’India e del Sud-Africa o di Coltano presso Pisa dove gli Alleati rinchiudevano nelle gabbie i “non collaboratori” o “criminal-fascisti”, come li chiamavano (negli anni 70 ne ho conosciuto uno, siciliano, che a Milano faceva il calzolaio e mi raccontava…), quelli che nel 1946 hanno fondato il MSI sedendo, poi, in Parlamento, quelli che magari si sono creduti “fascisti” salutando romanamente in convegni ed adunate, cantato le canzoni, aggredendo avversari o venendone aggrediti, subito ostracismi e persecuzioni o si sono recati in pellegrinaggio per il “Presente!” alla “Tomba” di Predappio…, coloro in realtà hanno compiuto solo opera innocua nei riguardi della Democrazia o, semmai, un po’ di “folklore” ai margini della Storia: superflue, quindi, secondo me, sono state le leggi che vietano la “ricostituzione” del Partito, salvo che queste non abbiano rappresentato una tardiva “mea culpa” o vile rivalsa di chi, incapace di opporsi al regime quando era vivo, lo abbia voluto coraggiosamente colpire da morto! Invece credono ancora nel fascismo le Sinistre che hanno bisogno di un fantoccio creato dal nulla contro cui spingere folle di “spensierati” vocianti nelle piazze.
Con questo mio scrittarello intendo difendere non il fascismo ma ciò che io credo sia la verità storica e il Popolo Italiano che nel periodo del “consenso” si identificò col regime e non si accorse che era “male assoluto” scoperto oggi col “senno del poi” da lor signori; sulla nascita del fascismo, infatti, i padroni delle televisioni ci propinano trasmissioni incomplete e faziose in cui – ad esempio – evitano di citare le violenze dei rossi nel “biennio” 1919-1920, passando disinvolti a considerare solo le “violenze fasciste” del 1921-1922 come se gli operatori di queste ultime fossero degli alieni sbarcati all’improvviso da Marte e non figli legittimi (come i comunisti e i nazional-socialisti) di quel caos seguito alla terribile Guerra del 14-18; costoro fanno opera di disinformazione: penso, ad esempio, alla trasmissione condotta da Aldo Cazzullo su “La 7” del 14 ottobre e quella su “Rai 3” da Ezio Mauro di oggi, 28 ottobre.
Il fascismo è finito nel 1945: qualcuno, per favore, lo fischi all’orecchio dei “neo-anti-fascisti” che cantano “bbellaciao”!
A meno che venga detto “fascista” chi è per la vita contro aborto e eutanasia, chi dice che l’unica e sola Famiglia, riconosciuta nei millenni, è quella naturale formata da uomo e donna che possono generare figli, chi è contro l’utero in affitto, chi presenta una proposta di legge per proteggere il nascituro, chi è contro il “gender” oggi impunemente propagandato nelle scuole all’insaputa dei genitori che si fidano, chi si oppone alla droga, alla pedofilia… Domanda: per caso è “fascista” pure chi osserva i Dieci Comandamenti? Attenzione, a Sinistra c’è qualcuno che già lo dice!
Carmelo Bonvegna