di Davide Romano
Prato Sesia, 1250 circa – Vercelli, 1º giugno 1307. Queste date segnano la vita di Fra Dolcino, noto anche come Dolcino da Novara, uno dei personaggi più enigmatici e controversi del Medioevo italiano. Fu il fondatore e il capo del movimento dei dolciniani, un gruppo di seguaci devoti attratti dalle sue prediche millenariste. La sua storia è avvolta da un alone di mistero, in quanto le fonti storiche disponibili sono scarse e spesso di parte avversa al suo movimento eretico.
Le origini di Dolcino sono oscure, ma si suppone che sia nato a Prato Sesia, nell’alto Novarese, intorno al 1250. Alcune fonti suggeriscono che il suo vero nome fosse Davide Tornielli e che potesse essere il figlio illegittimo di un prete, forse il parroco di Prato Sesia.
La sua carriera religiosa ebbe inizio quando si unì al movimento degli Apostoli, guidato da Gherardo Segarelli, intorno al 1291. Gli Apostoli erano noti per la loro vita ascetica, basata sulla povertà e l’obbedienza alle Scritture. Questo movimento era in contrasto con la Chiesa cattolica e venne condannato da papa Onorio IV nel 1286. Segarelli stesso fu giustiziato sul rogo nel 1300.
Dolcino abbracciò la dottrina degli Apostoli e iniziò a predicare, principalmente nella zona del lago di Garda e poi nei dintorni di Trento. Durante i suoi spostamenti, conobbe una giovane donna di nome Margherita Boninsegna, che divenne la sua compagna e lo aiutò nella predicazione.
La sua predicazione si distinse per il suo fervente millenarismo, la credenza che il mondo stesse per entrare in un’era di rinnovamento spirituale e che la Chiesa cattolica fosse corrotta e destinata a cadere. Dolcino profetizzava anche la fine imminente del papato di Bonifacio VIII.
Le sue prediche carismatiche attirarono molti seguaci, e sotto la sua guida, il movimento dei dolciniani cresceva rapidamente. Questo aumento di popolarità suscitò la preoccupazione della Chiesa cattolica, che vedeva in Dolcino una minaccia alla sua autorità.
Nel 1306, il vescovo di Vercelli, Raniero degli Avogadro, proclamò una crociata contro i dolciniani con il beneplacito del papa Clemente V. Le truppe cattoliche attaccarono il rifugio dei dolciniani, situato sul Monte Rubello sopra Trivero, nel Biellese. Dopo un lungo assedio, i dolciniani vennero sconfitti.
Dolcino fu catturato e processato a Vercelli. Durante il processo, rifiutò di pentirsi e proclamò che sarebbe risorto il terzo giorno se venisse ucciso. Fu condannato a morte e sottoposto a torture brutali prima di essere arso vivo di fronte alla Basilica di Sant’Andrea.
Margherita Boninsegna e Longino, un altro seguace di Dolcino, subirono la stessa sorte, venendo arsi vivi sulle rive del torrente Cervo, vicino a Biella. L’eroica resistenza di Dolcino di fronte alle torture e la sua proclamazione di resurrezione lo resero un’icona di resistenza per alcuni, mentre per altri fu un eretico pericoloso.
La figura di Dolcino ha lasciato un’impronta duratura nella storia dell’eresia e del pensiero religioso nel Medioevo. La sua predicazione millenarista anticipò alcune delle idee che sarebbero emerse durante la Riforma protestante, e la sua resistenza di fronte alla persecuzione lo rese un simbolo di opposizione alla Chiesa cattolica dell’epoca.
Ancora oggi, la sua storia è oggetto di studio e dibattito tra gli storici e rappresenta un capitolo affascinante e controverso nella storia del cristianesimo medievale.
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