IL MARTIRIO DELLE CHIESE SOTTO I REGIMI TOTALITARI NAZICOMUNISTI

Qualche anno fa l’Acistampa, agenzia che fornisce informazione ed approfondimenti sulla Chiesa Universale con uno sguardo particolare a Roma e all’Italia, dando particolare risalto alle parole del Santo Padre. In occasione della Giornata della Memoria delle vittime dei totalitarismi, istituita nel 2008 dall’UE. Ha proposto la storia di alcuni religiosi caduti sotto le persecuzioni dei totalitarismi nazicomunisti. (Andrea Gagliarducci, La Chiesa e i martiri dei regimi totalitari. Una giornata per non dimenticare, 21.8.20) Un lavoro sintetico che merita attenzione.

Vale la pena, allora, ricordare questi martiri e le loro storie. Per l’Ucraina ci aveva pensato San Giovanni Paolo II, che a Leopoli, il 27 giugno 2001, beatificò 25 martiri, tra vescovi, sacerdoti, suore e laici, tutti cadute vittime del regime comunista. Ma c’erano anche figure straordinarie come quella Beato Kowcz, perite sotto la dominazione nazista. Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina ricorda che “tutti e due i regimi hanno la stessa radice del male, e da qui derivano le loro somiglianze. Purtroppo, il comunismo, al contrario del nazismo, non è stato condannato dalla comunità internazionale e perciò continua ad esistere nel mondo odierno”.

Che i due regimi fossero drammaticamente legati lo raccontano le storie dei martiri del silenzio. Come quella del Cardinale Josef Mindszenty,  O come quella Cardinale Aloizje Stepinac, che si ritrova prima a dover fare i conti con il regime degli Ustascia e poi ad essere accusato di collaborazionismo in un processo farsa dei comunisti secondo una leggenda nera che ancora ne impedisce l’avanzamento della causa di beatificazione. (Ho presentato la magnifica figura del cardinale croato presentando il libro, di Neki Istranin, Stepinac. Un innocente condannato”, Edizioni L.I.E.F., Vicenza 1982)

E ancora, la storia del Cardinale Jozef Beran che passa dal campo di concentramento di Dachau e poi, dopo la Guerra, viene perseguitato dal regime comunista. La storia del Cardinale Stefan Wyszynski, che è tra coloro che partecipavano alla rivolta anti-nazista di Varsavia nel 1944 ed è poi l’eroe della libertà polacca durante gli anni del dominio sovietico. Senza contare il vescovo Lituano Teofilo Matulionis, che durante l’occupazione nazista si adoperò per salvare ebrei lituani e che poi fu incarcerato e torturato dai sovietici, tanto da morire una volta scarcerato proprio a causa delle sofferenze: Papa Francesco ne ha visitato la cella a Vilnius, in quello che era il carcere del KGB.

Anche l’Ucraina ha vissuto sotto entrambi i regimi, e il beato Kowcz si affianca al metropolita Andryi Sheptytski, colui che guidò la Chiesa Greco Cattolica Ucraina durante gli Anni Trenta e Quaranta e la rese una realtà globale, ma che è anche noto per il suo lavoro in favore degli Ebrei in una Ucraina che pativa con forza le persecuzioni della Shoah: recentemente è stata trovata un’altra fossa comune con i resti di 286 ebrei.

Nell’omelia di beatificazione dei 25 martiri ucraini, Giovanni Paolo II fece anche un riferimento diretto a Sheptytsky e alla sua “eroica azione apostolica”.

“La Chiesa greco-cattolica ucraina – spiega l’arcivescovo maggiore Shevchuk – ha pagato un tributo altissimo al regime stalinista che ha dominato per decenni il nostro Paese. Nel ricordo dei nostri martiri, noi come Chiesa ci impegniamo affinché la libertà religiosa sia sempre rispettata, e nessuna Chiesa soffra mai quello che ha dovuto soffrire la nostra Chiesa, insieme alle altre confessioni cristiane, sotto il regime sovietico”.

In generale, scrive Gagliarducci, “i greco-cattolici hanno pagato duramente durante gli anni della dominazione sovietica. Di rito orientale, ma uniti a Roma, subivano le pressioni dei sovietici di farsi assorbire dalle Chiese nazionali ortodosse, oppure di essere perseguitati. Fu la sorte dei greco-cattolici di Blaj, la “piccola Roma” di Romania. Il 2 giugno 2019, papa Francesco ha celebrato la Messa di beatificazione di sette vescovi martiri, arrestati tutti lo stesso giorno e poi uccisi proprio per la loro unione con Roma. Tra questi, il Cardinale Iuliu Hossu, che non venne mai a Roma a ricevere la berretta cardinalizia per non abbandonare il suo popolo.(Anche di questa splendida figura ho presentato un libro, “La nostra fede è la nostra vita”, Memorie di Iuliu Hossu, vescovo eparchiale di Cluj-Gherla, curate da Marco Dalla Torre, Edizione Dehoniane Bologna, (EDB, 2016, pag. 519)

La Slovacchia ha appena ricordato il settantesimo anniversario della “notte barbarica”, durante la quale il governo comunista attaccò brutalmente i monasteri e ne distrusse 76 in una notte. Per quanto riguarda la Slovacchia a suo tempo avevo presentato un libro che racconta la storia di don Tito Zeman, Oltre il fiume verso la salvezza. Titus Zeman, martire per le vocazioni”, Editrice Elledici, 2017).

Cristiani cattolici di rito latino e bizantino, ma anche ortodossi, si sono così ritrovati accomunati dalla persecuzione di due regimi che volevano cancellare il nome di Dio. Come successe in Bulgaria, nell’isola di Belene, un lager dove furono rinchiusi centinaia di sacerdoti ortodossi e decine di pastori protestanti e sacerdoti cattolici, suore e laici. Alcuni, al lager non sono mai arrivati, come i quattro beati cattolici: il vescovo Eugenio Bossilkov di Nicopoli e tre sacerdoti assunzionisti – Pavel Dzidzov, Kamen Vichev e Josafat Sciscko -, condannati a morte e fucilati davanti alla prigione di Sofia nella notte dell’11 novembre 1952.

“Quello che abbiamo patito sotto i regimi totalitari – sottolinea l’Arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk – è un vero e proprio ecumenismo del sangue, che ha unito tutte le confessioni cristiane nella persecuzione. È una testimonianza viva, che deve essere ricordata con gratitudine. Allo stesso tempo, questa testimonianza è un impegno affinché tutte le confessioni cristiane, un giorno, possano essere unite non a causa di un martirio, ma perché accomunati da un’unica fede, mettendo da parte ogni diatriba storica e/o politica”.

A cura di DOMENICO BONVEGNA

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