“Luce del Medioevo”, di Regine Pernoud, è uno dei primi libri non scolastici che ho letto. Convinto che non eravate “in pensiero” per la mia presentazione, ho pensato di rileggerlo e presentarlo ai miei quattro lettori interessati. Sono tentativi di “rileggere” la Storia, in questo caso del Medioevo, epoca che ha spesso subito troppe deformazioni a cominciare dalle nostre scuole e università. Da troppo tempo in testi, anche autorevoli (?) “copia incolla” si ripete la solita “leggenda nera”, sul tema. Una leggenda, totalmente ideologica. A proposito di certi studiosi sul Medioevo, (tipo Le Goff o Duby) la Pernoud sostiene che “preferiscono scrivere i loro libri sulla base di altri libri, piuttosto che verificare le fonti”.
Il testo di Pernoud, è la migliore sintesi sui dieci secoli che dalla pseudo storiografia illuminista sono stati chiamati per disprezzo “Medioevo”. La storica francese per oltre quarant’anni ha studiato direttamente le fonti, i documenti per comprendere quei secoli tanto discussi, tanto che è stata chiamata “la signora Medioevo”.
Io avevo letto l’edizione pubblicata da Giovanni Volpe nel 1978. Ora ho letto l’edizione di Piero Gribaudi anno 2000, curata da Marco Respinti. Presentata da monsignor Luigi Negri, con contributi finali di Massimo Introvigne, Marco Respinti e Marco Tangheroni.
Merita un gesto di gratitudine, una grande maestra che ci ha rivelato il vero volto e il fascino della grande civiltà medievale. “Regine Pernoud, – scrive monsignor Negri – ha navigato contro corrente ed ha opposto al pregiudizio secolare sul Medioevo (è il titolo di uno dei suoi volumi più importanti) le linee di una riscoperta rigorosamente scientifica, appassionatamente critica, fino all’entusiasmo, della nostra comune eredità medievale”.
La studiosa francese ci guida “passo dopo passo a prendere coscienza di tutti i tasselli che compongono il grande mosaico reale del Medioevo cristiano: dalle personalità dei santi, dei guerrieri, delle donne, all’ambito della vita famigliare, al coniugarsi delle varie forme di esperienza ecclesiale, all’irresistibile energia della grande cultura e della grande arte, in cui la civiltà medievale ha racchiuso il suo messaggio per gli uomini di tutti i tempi, quindi anche di questo tempo”.
La Luce del Medioevo è la fede che lentamente ha impregnato tutte le cose, fino a creare la civiltà cristiana medievale che ha richiesto un lungo cammino. Attenzione, monsignor Negri precisa che il Medioevo non è la forma definitiva della fede e dell’impegno cristiano alla missione e quindi alla civilizzazione e certamente non è “la creazione sulla terra definitiva del Regno di Dio che deve venire”. E’ sicuramente una testimonianza, nella varietà delle forme, un tentativo che i popoli europei di allora hanno ogni giorno fatto per costruire una vera società cristiana.
Il testo della Pernoud è composto di 13 capitoli, con un dizionarietto finale del Medioevo convenzionale. Con tre appendici alla nuova edizione.
Torniamo al testo che mette in discussione intanto il termine appiccicato a mille anni di Storia. Non è possibile definire così tanti secoli come un semplice passaggio tra l’Antichità e il Rinascimento. Come un qualcosa di cui sbarazzarci al più presto e passare subito alla civiltà susseguente. Naturalmente seguendo le pagine dell’opera questa tesi dell’età di mezzo viene egregiamente confutata dalla studiosa francese. Basterebbe accennare alla completa scomparsa della schiavitù in questi secoli, ( il servo non era considerato come lo schiavo dell’antichità).
Il primo argomento affrontato dal libro è “L’organizzazione sociale”. Per troppo tempo si è classificata la società medievale con la classica e rigida, fittizia e superficiale divisione in tre ordini: clero, nobiltà e terzo stato. “Nulla di più lontano dalla realtà storica”. E’ una suddivisione che può essere attribuita all’Ancien Regime, al XVII e XVIII secolo. Se vogliamo affrontare il tema dei privilegi, secondo Pernoud, nel Medioevo si ebbero privilegi sia alla sommità che alla base della scala sociale. “Considerare solamente i privilegi della nobiltà e del clero significa farsi un’idea completamente falsa dell’ordinamento sociale”. Per capire la società medievale occorre studiare l’organizzazione della famiglia, è questa la “chiave” del Medioevo. Tutti i rapporti si rifanno al modello familiare, quello che contava non era l’ammontare della popolazione, ma dei “focolari”.
Il secondo argomento affrontato dalla Pernoud è “Il vincolo feudale”.
Il Medioevo “è una società che vive secondo un modello sociale completamente diverso dal nostro, di cui la nozione di lavoro salariato, e in parte addirittura quella di denaro, sono assenti o del tutto secondari”. La base dei rapporti umani è la fedeltà da una parte e la protezione dall’altra. L’autorità non era concentrata in un solo punto (organismo o individuo) veniva ripartita sull’insieme del territorio. E qui la Pernoud si attarda sul rapporto tra il re e il feudatario, il giuramento sui Vangeli, l’atto sacrale, l’onore. Rinnegare un giuramento, secondo la mentalità medievale è la peggiore mancanza. In questo rapporto, nel cerimoniale, il rito trionfa. Nel Medioevo, la persona era valorizzata. Si valorizzava esclusivamente gli accordi da uomo a uomo. Certo “concepire una società basata sulla fedeltà reciproca era certamente audace: come ci si può immaginare, ci furono degli abusi, dei tradimenti; le lotte dei re contro i vassalli recalcitranti ne fanno prova”. Tuttavia, “per più di cinque secoli la fede e l’onore rimasero la base essenziale, la ossatura dei rapporti sociali”.
In questo periodo centrale diventa il feudo e la sua difesa, in particolare dei suoi abitanti. Essere nobili comporta onori ma anche obblighi. A proposito dei nobili Regine Pernoud fa una riflessione interessante: il grave errore di strappare i nobili dalle loro terre, li ha portati ad abbracciare le idee illuministe, l’irreligiosità di Voltaire degli enciclopedisti che portarono Luigi XVI al patibolo.
Il terzo capitolo (La vita rurale) in questa sezione si esamina la questione della servitù, differente dalla schiavitù, del possesso della terra, i cosiddetti uomini liberi del Medioevo. Anche qui attenzione a non guardare l’epoca storica con gli occhi del nostro tempo. Gli uomini liberi delle città, ma anche molti contadini sono liberi, chiamati villani, colui che abita un podere, una villa.
La questione servi, è stata spesso fraintesa, spesso il servo viene confuso con lo schiavo dell’antichità. Della schiavitù, fondamento della società antica, non si trova nessuna traccia nella società medievale. “La condizione del servo è completamente diversa da quella dell’antico schiavo: lo schiavo è un oggetto, non una persona; è sotto la potestà assoluta del padrone che ha su di lui diritto di vita e di morte; gli è preclusa ogni attività personale, non ha famiglia, né sposa, né beni”.
Al contrario secondo Pernoud, il servo, “è una persona e non un oggetto, e come tale lo si tratta. Ha una famiglia, un’abitazione, un campo e quando gli ha pagato ciò che gli deve, non ha più obblighi verso il suo signore”. Insiste la Pernoud nel descrivere la situazione del cosiddetto servo, “egli non è affatto sottomesso a un padrone, è vincolato a un feudo: il che non è una servitù personale, ma una servitù reale. L’unica restrizione alla sua libertà è che non può lasciare la terra che coltiva”. Comunque sia da questa situazione secondo la studiosa francese, può essere intesa, una limitazione, però che ha dei vantaggi: “se non puoi la sciare il fondo che hai in godimento, questo non gli può nemmeno essere tolto”. Pertanto, secondo gli storici dell’epoca, i servi, “hanno il privilegio di non poter essere rimossi dalla loro terra”.
Aggiunge la Pernoud, oggi di fronte alla disoccupazione diffusa potrebbe rappresentare, una specie di garanzia contro la disoccupazione.
Il vincolo con la terra secondo la Pernoud, rivela molto della mentalità medievale, anche il nobile per certi versi “ha gli stessi obblighi del servo poiché anche lui non può in nessun caso alienare il suo possesso o in qualche modo disfarsene: agli estremi della gerarchia si ritrova la stessa esigenza di stabilità […]”.
La Pernoud insiste nella sua tesi: il contadino francese, “tenuto per secoli sullo stesso fondo, senza responsabilità civili, senza obblighi militari, è diventato il vero padrone della terra […]”. la leggenda del contadino miserabile, incolto, disprezzato, come viene descritto nei manuali scolastici, non viene accettata dalla studiosa francese. Certo il contadino nel Medioevo ha sofferto quanto l’uomo in tutta la storia dell’umanità. Ha subito le conseguenze delle guerre, la carestie, la peste etc. Tuttavia la figura del contadino è presente, prevale in tutto il Medioevo. Il lavoro nei campi è il tema più comune, il contadino appare nella sua autentica vita.
Segue il tema della Vita urbana. L’uomo medievale nell’XI secolo si sposta dal feudo alla città. E questo accade quando i mestieri e il commercio prendono piede. “L’evoluzione di una città nel Medioevo è uno degli spettacoli più affascinanti della storia […]”. Città mediterranee, come Marsiglia, Arles, Avignone o Montpellier, rivaleggiano in audacia con le grandi città italiane. A poco a poco acquistano le libertà necessarie per il loro sviluppo. Ogni città aveva le loro usanze, i loro costumi, c’era tanta varietà, che dava al Paese un aspetto gradevole e molto seducente.
Il commercio si sviluppa perchè sono state indette le Crociate. Così si acquista nuovo vigore i rapporti con l’Oriente. Per la scrittrice francese inizia una epopea, fatta di commerci, di fondachi, piccole città, con la loro cappella, bagni pubblici, magazzini, fino ai castelli. Non posso dilungarmi nella descrizione, ma c’è un episodio interessante raccontato dalla Pernoud, che non conoscevo. San Luigi, il re “aveva intravisto una possibilità di alleanza con i Mongoli, che, se fosse stata realizzata, avrebbe forse cambiato completamente il destino del mondo orientale e occidentale”. Poi la sua morte improvvisa, la ristrettezza di vedute dei suoi discendenti, alla fine tutto è svanito. Intanto precisa Pernoud, “solo i Mongoli potevano opporre una barriera efficace all’Islam; essi cercarono l’alleanza con i Franchi e protessero i cristiani nel loro impero”.
La Monarchia nella società medievale appare come un organismo completo paragonabile a quello umano: con una testa, un cuore e delle membra. I tre ordini, nobiltà, clero e terzo stato, più che disuguaglianze rappresentano, un sistema di ripartizione delle forze, di divisione del lavoro. Tuttavia, chiarisce la Pernoud, nel Medioevo non c’era posto per un regime autoritario o per una monarchia assoluta. Le caratteristiche della monarchia medievale sono interessanti perché ognuna di esse offre la soluzione di un particolare problema.
Nel capitolo sui Rapporti Internazionali, si descrive l’organizzazione dell’Europa, che non è né impero, né una federazione: è la Cristianità. E qui naturalmente c’è il ruolo della Chiesa e del Papato, fattori essenziali per l’unità europea. Sempre con la distinzione e non separazione dei due poteri temporale e spirituale. “Siamo abituati a considerare l’autorità spirituale e l’autorità temporale due potenze nettamente distinte […]”. L’ingerenza della Chiesa nelle cose temporali è stata giudicata negativamente, ma spesso sono stati gli stessi principi e popoli a volerla, perché credenti, e quindi vogliono confermare la loro autorità e i loro diritti dalla Chiesa un potere super partes. Tuttavia, è innegabile che vi siano stati degli abusi, da parte della Santa Sede, ma anche del potere temporale. Comunque grazie alla Cristianità, l’Europa non si è trasformata in un campo di battaglia.
A questo proposito la Pernoud approfondisce la questione della guerra, con le frequenti Pace di Dio e Tregue per le tante feste religiose, e poi la guerra era riservata solo a chi era preparato a battersi. Molti erano esentati dal partecipare alle guerre. Molto spazio è dedicato alla cavalleria e al cavaliere, il prototipo del combattente e dell’uomo medievale, ubbidiente alla Chiesa, rispettoso delle sue leggi, devoto a San Michele e a San Giorgio.
La storia della Chiesa è intimamente legata a quella del Medioevo in generale. Non si può capire l’epoca se non si possiede qualche conoscenza della Chiesa. Carlo Magno ha capito subito dell’importanza e dell’organizzazione della Chiesa. Certo i rapporti tra i due poteri non erano privi di rischi come abbiamo visto poi con le lotte per le investiture. L’unico rimprovero, secondo la studiosa francese che si può fare al clero medievale è di non aver saputo dominare la propria ricchezza. Ma ecco subentrare i monaci benedettini e poi i francescani e domenicani che lavorato contro gli abusi presenti all’interno della Chiesa.
L‘insegnamento nel Medioevo si è sviluppato intorno alla parrocchia o al monastero. Ogni chiesa ha vicino una scuola. Talvolta queste scuole sono private, nate dall’associazione degli abitanti di un villaggio, che mantengono un maestro per istruire i fanciulli. L’insegnamento è gratuito per i poveri e a pagamento per i ricchi. Molte sono le figure importanti nate in famiglie povere. Le università sono creazioni ecclesiastiche, create dal Papato, hanno un carattere completamente ecclesiastico: i professori appartengono tutti alla Chiesa, due nomi per tutti: san Bonaventura e San Tommaso d’Aquino. L’università un mondo variegato, con una lingua comune, il latino, l’unica parlata all’università. Le università sono state il grande orgoglio del Medioevo, ma anche il sapere ha un posto rilevante: “muore giustamente senza onore chi non ama i libri”, recitava un proverbio.
C’era un appetito di sapere, scrive Pernoud. Continuando la presentazione, salto le pagine delle Lettere, a questo punto devo fare delle scelte. Passo alle Arti, un tema centrale per l’epoca medievale, che apprezzo più di altri. “Il Medioevo ignora l’arte per l’arte”, già questo potrebbe innescare una serie di discussioni. In questa epoca si è ancorati all’utilità, che determina tutte le creazioni. Ma questo no va a discapito della bellezza dell’opera. Ogni costruzione a cominciare dalle chiese e poi i castelli, subiscono modifiche per rendere più utile la costruzione. L’espressione più completa dell’arte medievale in Francia, si trova nella sua architettura, nelle sue cattedrali, dove il Medioevo ha espresso tutta la sua anima.
Naturalmente la nostra studiosa dedica molto spazio alla cattedrale in stile gotico, una specie di miracolo, dove c’è una varietà spettacolare, infatti, sembrerebbe una costruzione disordinata, senza regole precostituite. Per alcuni storici, il Medioevo amava il buio, falso: nelle cattedrali medievali l’architetto si preoccupava di avere santuari luminosi, immense vetrate che dovevano far passare il sole e illuminare sempre meglio lo splendore delle celebrazioni religiose. Il mondo medievale era colorato, basta vedere le vetrate delle cattedrali di Chartres, di Saint-Denis. Nulla è lasciato al caso: la bellezza deve coniugarsi con l’utilità. Ogni dettaglio aveva la sua importanza, ogni statua, tutte hanno un significato e costituiscono un simbolo, un segno. Il simbolismo delle cattedrali va studiato, approfondito.
La Pernoud insiste sull’aspetto del colore, colpisce nel costume del Medioevo. “Lo spettacolo della strada doveva essere allora un incanto per gli occhi: ornamento di facciate dipinte e insegne rutilanti, il movimento di questi personaggi tutti vestiti di colori vivaci, uomini e donne, […] Nel mondo moderno non si può in alcun modo immaginare simile festa di colore, se non in quelle sfilate, che non molto tempo fa conosceva l’Inghilterra, in occasione del matrimonio di un principe o dell’incoronazione di un re e in certe cerimonie ecclesiastiche come quelle che si svolgono in Vaticano”. Il 3 settembre scorso ho visto per la prima volta il “Palio di Asti”, una manifestazione dove essenzialmente si rievocano alcuni passaggi della vita medievale della città e mentre assistevo alla sfilata dei circa milleduecento figuranti in costume medievale, con tutti quei colori che accenna la Pernoud, pensavo chissà se tutta questa gente cosa pensa del Medioevo, o se ha qualche conoscenza di quell’epoca in modo corretto come l’ha descritta la grande studiosa Regine Pernoud.
Chiusa parentesi. Salto il tema delle Scienze e passo alla vita quotidiana.
La studiosa si sofferma sulla costruzione e disposizione delle strade nei villaggi, nelle città. Le case si aprono sulla strada; è il segno di una vera rivoluzione nei costumi. La strada diventa un elemento della vita quotidiana – come era in passato l’agorà – o il gineceo. Tutti i bottegai espongono la loro mercanzia all’aria aperta. Lo studio di Regine Pernoud, prende in considerazione tutti gli aspetti delle città medievali (le fogne, le latrine, le sale da bagno, la cura della salute pubblica, le campane delle chiesa, le case). Il Medioevo è stato un’epoca di igiene e pulizia. L’Abbazia romanica di Cluny, che risale all’XI secolo, aveva non meno di dodici sale da bagno.
E poi l’arte culinaria, le tradizioni della gastronomia, certamente l’uomo medievale non era un perpetuo “morto di fame” come è stato rappresentato spesso nei manuali scolastici.
L’ultimo intervento è su “La mentalità del Medioevo”. I nostri antenati pare che hanno avuto come caratteristica il senso dell’utilità, il senso pratico in tutti i campi. Anche la bellezza deve essere collegata all’utilità. C’è orrore per l’astrazione, per l’ideologia. Due preoccupazioni coinvolgono gli uomini: la casa e il pellegrinaggio. I medievali nonostante il loro legame con il territorio, furono sempre in continuo movimento. Abbiamo assistito a grandi spostamenti di folle, ad una circolazione intensa, che non si è vista in altre epoche storiche. Basti pensare alle Crociate, ai pellegrinaggi verso Roma, San Giacomo di Compostella. Una febbre del viaggiare, che fa del mondo medievale un mondo in marcia. Pernoud sottolinea a questo proposito come il giovane all’età di quattordici o quindici anni, si allontana dalla propria famiglia per fondarne una sua. Nel Medioevo ovunque brilla, la gioia di esistere, un’epoca in cui seppe apprezzare le cose semplici, sane e gioiose: il pane, il vico e l’allegria.
DOMENICO BONVEGNA
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