Il Mediterraneo è diventato un cimitero

26th August 2015. A boat containing approximately 650 people is rescued in the Mediterranean Sea by the Bourbon Argos and taken to Sicily, Italy.

Continuano le stragi di uomini, donne, bambini che affogano nel mare, continua il balletto nazionale delle dichiarazioni di ministri e opposizioni: tutti si mostrano affranti, increduli, non disposti ad accettare, che “il Mediterraneo diventi un cimitero”.

 

di ANDREA FILLORAMO

Non intendo suggerire alcuna soluzione politica al grande problema della immigrazione. Non ne sono capace né penso che sia facile trovare come aggredire un fenomeno globale che a mio parere continuerà per moltissimo tempo. Sono, infatti, convinto che sempre fiumi immensi di persone si spostano e si sposteranno da un angolo all’altro del nostro pianeta alla ricerca di un luogo più sicuro che possa garantire una più equa distribuzione dei beni o dove poter vivere in pace, dove non c’è la guerra, dove non c’ è lo sfruttamento dei ricchi sui poveri, dove regna la giustizia distributiva, dove c’è lavoro per tutti, dove la speculazione non costringe alla miseria, dove si afferma il principio che le risorse che ci dà la natura e i prodotti dell’intelligenza e della genialità umana appartengono a tutti e non ad un singolo popolo o a una singola nazione oppure ad un particolare continente.
E’ questa fino a oggi la grande utopia che ci ha sempre accompagnato e che – ne sono certo – rimarrà tale.
Non mancano, però, le singole iniziative politiche, utili, al massimo, però, a stemperare l’immancabile disagio delle popolazioni accoglienti.
Esse, però, se offendono “de facto” la dignità degli immigrati, se non riconoscono i loro diritti umani, se vengono imposte con arroganza o per motivi elettoralistici da chi detiene il potere, non risolvono nessun problema.
Continuano, intanto, le stragi di uomini, donne, bambini che affogano nel mare, continua il balletto nazionale delle dichiarazioni di ministri e opposizioni: tutti si mostrano affranti, increduli, non disposti ad accettare, che “il Mediterraneo diventi un cimitero”. Ma la realtà è che il Mediterraneo un cimitero lo è già, visto che tra la Libia e la Sicilia, solo dal 2000 sono morte più di 8mila persone.
Rendiamoci finalmente conto: dinnanzi a queste morti assurde, che si ripetono giorno per giorno e che le televisioni ci fanno vedere, rischiamo, patologicamente tutti, l’indifferenza e l’insensibilità.
Rischiamo, infatti, di non dare più significato o valore emotivo alla sofferenza degli altri; viene meno la nostra capacità empatica, mostriamo una sorta di ignoranza affettiva che ci impedisce di essere solidali con la sofferenza o anche l’allegria altrui… perché l’insensibilità non è solo verso le emozioni negative. L’insensibilità nei confronti della sofferenza altrui si manifesta in modi diversi. Non ha a che vedere solo con il rimanere indifferenti davanti allo stato di necessità o alla richiesta di aiuto degli altri, comprende anche tutti quei comportamenti per cui altri esseri umani sono visti come organismi, strumenti, mezzi, ma senza essere al contempo un fine.
Sì, è vero, sappiamo che tutte le specie animali che vivono in gruppo sono dotate della capacità di essere sensibili al dolore o alla sofferenza dei loro pari. Sappiamo che la solidarietà fa parte del corredo genetico perché nella maggior parte dei casi rappresenta una garanzia per la sopravvivenza della specie. Allora perché non reagiamo alla sofferenza di questa povera gente? Perché non ci ribelliamo al fatto che i nostri bambini vedano alla televisione i loro coetanei morti? Comprendiamo quale sia il danno psicologico dei nostri figli o nipoti?
Erich Fromm diceva che l’amore e la solidarietà, se sono genuini, sono anche universali. L’inclinazione istintiva verso la solidarietà non è un capriccio della natura. Nel nostro corredo genetico c’è un’informazione che è rimasta fissa in quanto garanzia di sopravvivenza. Aiutare ed essere aiutato è una delle strategie di cui dispone la vita per perpetrarsi.