A Pesaro sta per nascere il Parco Urbano di Scultura, che intende unire in un unicum concettuale le opere d’arte urbana che esistono in città, opere di Arnaldo Pomodoro, Ettore Colla, Nino Caruso, Pietro Consagra, Mauro Staccioli, Loreno Sguanci, Marcello Guasti, Agapito Miniucchi, Giovanni Gentiletti, Giuliano Vangi, Eliseo Mattiacci, Giorgio Bompadre. Al percorso delle opere pubbliche ne sarà affiancato un secondo, che indicherà e valorizzerà anche le sculture sorte per iniziativa privata, ma visibili a tutti.
L’iniziativa pesarese giunge in un momento molto particolare per l’arte pubblica, che troppo spesso subisce atti vandalici oppure viene sottovalutata e abbandonata dalle amministrazioni delle città, come se si trattasse di arredo urbano privo di storia e valore. L’episodio dei “cavallini” di Costantino Nivola e Richard Stein, gruppo litico ispirato ai cavalli a dondolo dell’infanzia, che stato brutalmente rimosso dal playground delle Wise Towers di New York, ha sollevato in tutto il mondo il problema dell’atteggiamento dell’umanità di oggi nei confronti delle sculture urbane.
Durante i lavori di rinnovamento dell’area pubblica, effettuati da un’azienda incaricata dall’amministrazione newyorkese, le opere d’arte, che risalgono al 1964, sono state eradicate a colpi di mazza, che hanno fratturato le zampe dei cavallini e provocato diverse rotture in altri punti dei loro corpi. Grazie all’intervento del Museo Nivola di Orani (Nuoro) e di diverse associazioni, fra cui EveryOne Group di Pesaro, che si è appellato al Sindaco di New York, è ormai certo che le opere saranno restaurate e ricollocate nella sede originaria, ma rimane clamoroso e inaccettabile l’atteggiamento vandalico rivolto al complesso scultoreo da parte di tecnici e operai incaricati dei lavori dalle istituzioni cittadine.
La verità è che nessun membro della squadra impiegata nel rinnovamento del playground si è reso conto di trovarsi di fronte a opere d’arte. Nel caso specifico, a un gruppo scultoreo di valore storico. Episodi simili avvengono in centri urbani di tutto il mondo, dove la scultura contemporanea viene facilmente rimossa della sede in cui è stata collocata originariamente – spesso per scelta dell’artista (in concerto con le istituzioni locali) – per essere chiusa in depositi o ricollocata in zone diverse. Nel corso di tali operazioni, a volte le sculture si deformano, si indeboliscono, si spezzano. Alcune vanno perdute. Di altre, non resta più neanche una targa a ricordare il nome dell’artista che le ha create. Si può dire che la scultura urbana contemporanea è una tipologia di arte pubblica mai pienamente compresa dal pubblico e sicuramente troppo presto dimenticata. Innanzitutto, è una forma d’arte “site-specific” e dunque strettamente legata al luogo in cui viene installata. Spesso non ha piedistallo, perché il suo fine non è puramente celebrativo, ma nasce per inserirsi nella vita di una comunità, divenendo riconoscibile e familiare a tutti, proprio perché a stretto contatto con i passanti, senza barriere o recinzioni che la dividano da loro. Una delle più significative opere di scultura urbana è il grande complesso denominato “Ago e filo” di Claes Oldemburg, che nel 2006 rischiò di essere spostato dalla sede di piazza Cadorna, a Milano, per essere trasferito in un parco. Il giovane scrittore e artista Steed Gamero e io evitammo quello scempio, rivolgendo alle istituzioni un appello (corredato da una serie di fotografie) in cui spiegavamo dettagliatamente come l’opera rappresentasse le tre linee della metropolitana milanese, le quali si incontravano proprio in piazza Cadorna; tre linee che percorrevano la città di Milano come fili colorati, cuciti sotto terra per collegare i diversi quartieri della metropoli. Il Parco di Scultura Urbana di Pesaro è un progetto destinato a ispirare altre città e a risvegliare nelle cittadinanze l’amore verso il proprio patrimonio di arte contemporanea, togliendolo dall’oblio in cui spesso si trova.
È un patrimonio strettamente connesso all’evoluzione più recente delle città, dagli anni 1960 ai nostri giorni; una ricchezza che abbiamo ogni giorno sotto gli occhi, ma che non deve diventare invisibile, specie allo sguardo delle nuove generazioni, che hanno bisogno di punti di riferimento nelle città in cui vivono. Ecco perché è importante valorizzare la scultura urbana, metterla al centro di percorsi culturali e didattici. E contemporaneamente proteggerla attraverso interventi puntuali. Con questo spirito, ho accettato di collaborare al progetto del Parco Urbano di Scultura di Pesaro, accogliendo con entusiasmo l’invito di Luca Sguanci, ideatore del Parco.
È un’iniziativa intelligente e lungimirante, che restituisce vigore alle idee e alla visione di Giovanni Carandente, che nel 1962 realizzò a Spoleto l’evento “Sculture nelle città”, episodio fondamentale nella storia della scultura internazionale del XX secolo, grazie al quale cittadinanze, imprenditori, istituzioni e artisti riscoprirono tutti insieme, contemporaneamente, quanto fosse importante il concetto di “città museo”, un luogo collettivo in cui ognuno potesse riconoscersi fruitore e protagonista di una forma contemporanea di bellezza, di pensiero, di identità storica e civile.
Roberto Malini
Scrittore e saggista, curatore delle raccolte d’arte del Museo nazionale della Shoah di Roma e della Cittadella di Barletta