Il professor Pazienza ha atteso a lungo, quella sera, don Antonino, un vecchio amico con il quale negli ultimi anni si era visto pochissime volte ma che talvolta lo contattava telefonicamente dimostrando un rapporto che riteneva però, incerto. Se quel prete, da una parte, infatti, dimostrava un legame fatto di ricordi…
di ANDREA FILLORAMO
L’allegato contiene una riflessione di un ipotetico prof. Pazienza su un incontro, che ha avuto nell’agosto 2018 con un sacerdote, il cui nome di fantasia è don Antonino. Egli ha atteso del tempo per tradurlo, seguendo la sua memoria, in un racconto che è sicuramente fedele nell’essenziale a quanto confidenzialmente il prete gli ha voluto trasmettere. Il contenuto potrebbe rispecchiare la reazione di una certa parte del clero alle notizie sugli abusi sessuali che trascinano nel fango la Chiesa cattolica.
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Il professor Pazienza ha atteso a lungo, quella sera, don Antonino, un vecchio amico con il quale negli ultimi anni si era visto pochissime volte ma che talvolta lo contattava telefonicamente dimostrando un rapporto che riteneva però, incerto. Se quel prete, da una parte, infatti, dimostrava un legame fatto di ricordi, quindi, di un passato lontano che con il tempo, diventando sempre più sbiadito, non rinnovava i sentimenti antichi, dall’altra parte, sollecitando la curiosità su come interpretare il suo ruolo di prete nella Chiesa di oggi, non forniva al professore elementi che l’avrebbero potuto aiutare, come più volte richiesto, nella sua ricerca, intrapresa da tempo, sulla crisi profonda che stava attraversando il clero. Il parlare di don Antonino spesso, quindi, era enigmatico, criptico, elusivo, sfuggente. Esso non conteneva nulla di personale dal quale attingere per un’anamnesi delle informazioni, delle notizie e delle sensazioni che avrebbero potuto aiutare il professore a indirizzarlo verso una corretta e adeguata procedura per indagare sul malessere che la chiesa denuncia. Don Antonino riferiva sempre al professor Pazienza d’essere un attento lettore di quanto lo stesso scriveva ed un ammiratore della chiarezza e del coraggio che avrebbe avuto nell’affrontare determinati contenuti e che sarebbe stato felice d’incontrarsi con lui. Il professore ha accettato, quindi, tale richiesta nell’agosto 2018, ed eccoli l’uno di fronte all’altro seduti attorno ad un tavolo per consumare una parca cena. Di tutto si è parlato quella sera, al fresco della terrazza dell’appartamentino non disturbati da nessuno, tranne dalle zanzare, che non temono più i prodotti e rimedi più o meno pubblicizzati come miracolosi e che alla prova dei fatti non garantiscono nessuna efficacia. Erano quasi arrivati alla frutta, quando don Antonino, dopo aver commentato un articolo che concerneva la pedofilia dei preti, con tono enfatico disse: “Senti Pazienza! Ti devo dire una cosa: Basta con la favola che se un ragazzino viene abusato, il fatto deve essere denunciato……..e chi l’ha detto?”. Poi, abbassando la voce aggiunse: “Io ho perdonato un prefetto che in seminario…lo dico chiaramente non mi ha violentato…… Ha abusato di me? Forse…non lo so e chi sapeva distinguere allora la violenza dall’abuso? … Allora io avevo tredici anni e lui più di venti. Se si è sentito responsabile? ha chiesto perdono a Dio…Il papa invoca sempre la misericordia… Non potevo allora distruggere la carriera di quel prefetto, che diventerà ed è un bravo prete. Si è trattato di una debolezza chiamiamola pure sessuale. Il confessore mi ha detto che certe cose possono succedere e quando succedono si devono dimenticare, anzi ogni volta che si ricordano si compie peccato mortale”. Tante sono state le considerazioni che con un certo imbarazzo fece dentro di sé il professore e molte più sono state le obiezioni, non tanto su quanto quel prete tredicenne allora pensava, ma su quel che egli pensa adesso. Diciamolo chiaramente: nelle considerazioni di don Antonino c’è tutto il modus vivendi del prete, la mancanza totale di una formazione affettivo-sessuale di chi si avvia al sacerdozio e di chi è prete da molti anni, il considerare l’abuso solo come peccato e mai come una colpa da espiare, anzi come una normalità da vivere nel silenzio, la cui reminiscenza è peccaminosa e, ciò che è ancora più grave, può fare diventare la vittima diventata adulta un carnefice. Il professor Pazienza ha esposto tali obiezioni con chiarezza e don Antonino ha ascoltato, con la consapevolezza di essere a sua volta ascoltato. Pazienza ha richiamato alla memoria del prete, inoltre, alcuni suoi scritti che lui diceva d’aver letto e gradito. Improvvisamente, senza avvalersi del ragionamento il professor Pazienza a bruciapelo chiese al prete: “Dimmi con sincerità, tutta la verità……..sei un pedofilo?”. Il prete impallidì, lo guardò quasi in modo implorante: “Pedofilo è troppo – rispose con in fil di voce – qualche volta mi piace stare con i bambini…………..proprio come Gesù”. Il professore gli porse un limoncello e gli disse: “don Antonino, hai il mio numero di telefono, quando vuoi, vieni a Torino, ti ospito io…là c’è un medico che ti può aiutare”.
Da allora il professor Pazienza non l’ha più sentito.