IL PUNGOLO: PERCHE’ IN ITALIA SI LEGGE POCO?

Ci sono argomenti che ogni tanto vengono ripresi e discussi sui giornali, uno di questi è la poca propensione alla lettura dei libri degli italiani. Questa disaffezione alla lettura, viene motivata con una serie di scuse: ci sono altri passatempi o distrazioni, non c’è tempo abbastanza per leggere. Ma davvero non abbiamo più tempo per leggere libri? Possibile che più la tecnologia va avanti e meno tempo si ha a disposizione? Sembra un’assurdità.

Altre scuse: i libri costano troppo. Qualcuno sostiene addirittura che i libri siano un bene di lusso. Non si può spendere per un libro 20 euro. A parte che non tutti i libri costano 20 euro, tuttavia, ci sono vari modi per risparmiare sul prezzo: Comprare libri usati (su Ebay, Comprovendo libri.it, ecc.) Comprarli in edizione economica; Comprarli in ebook, se disponibili; Comprare vecchie edizioni; Iscriversi a un club del libro, che offri sconti su tutti i libri, anche del 50%; Prenderli in prestito in biblioteca; Farseli regalare. Ci sono i mercatini dei libri. Per quanto mi riguarda, non ho mai calcolato quanti libri compro in un anno e soprattutto quanti ne leggo. Diciamo anche che sono l’unico divertimento che possiedo. Un’altra scusa davvero ridicola, è quella di non sapere cosa leggere. Certo qui subentra anche il discorso che il lettore deve avere un valido motivo per leggere un libro, non tutti i libri hanno lo stesso valore. Pertanto leggere dev’essere visto come quasi un dovere. E questo forse è il mio caso di cattolico impegnato nella controrivoluzione (che parolona).

La lettura dev’essere una abitudine? E qui subentra la Scuola: bisogna saper insegnare, anzi infondere l’amore per i libri e la lettura, non imporlo, educare a leggere. Oggi ci sono delle allettanti alternative alla lettura. Esistono svaghi un tempo inesistenti. Ne prendo due fra i tanti, quelli che secondo me hanno portato a diminuire l’interesse per la lettura: la televisione e internet. Insomma c’è sempre uno schermo di mezzo. Ricordo che quand’ero bambino la televisione non trasmetteva programmi 24 ore su 24. La tv iniziava alle 16,30, mi pare. Era la tv dei ragazzi, con film e cartoni animati. A un certo punto della sera i programmi si interrompevano. Bei tempi. C’era meno spazzatura in televisione, anzi forse non ce n’era per niente. La televisione ha ucciso la lettura? Forse, ma di certo le ha dato una bella mazzata. Anziché leggere un libro, ti spari 4 programmi idioti alla tv. Adesso, poi, con tutte queste tv a pagamento (Netflix, Prime Video, Infinity, ecc.) Poi c’è Internet. E il suo sovraccarico di informazioni. Il bombardamento di informazioni, anzi. Con l’avvento degli smartphone è peggiorato, perché adesso si è davvero sempre connessi.  Forse, l’abuso di social media è una delle cause per cui in Italia si legge poco. Il tempo che trascorri a scrivere scemenze su Facebook può essere usato per leggere libri. Inoltre, c’è la disabitudine a leggere testi lunghi. Forse perché siamo abituati allo status di Facebook, di tweet, ai rapidi messaggi su WhatsApp: una comunicazione immediata, fatta spesso di abbreviazioni che ha portato a un’insufficiente abilità di lettura. Poi c’è il fattore della difficoltà a comprendere un testo. Ci sono ormai diversi studi che provano questa difficoltà, soprattutto tra i giovani a scuola. E siamo al punto, libri e lettura sono strettamente legati alla scuola. Una vera e seria riforma della scuola non può fare a meno di focalizzarsi su questi due aspetti. Recentemente a questo tema hanno dedicato due interventi, la Nuovabussola e il quotidiano Avvenire.

“Gli italiani leggono sempre meno, specie nel Mezzogiorno, nonostante l’alta percentuale di scolarizzazione e il libero accesso alla cultura. Un problema radicato nel sistema educativo del nostro Paese che sembra incapace di insegnare a leggere e scrivere e di offrire le motivazioni per fronteggiare l’analfabetismo di ritorno”. (Ruben Razzanti, Istruzione. In Italia pochi lettori, il divario tocca soprattutto il Sud, 25.2.25, lanuovabq.it) Esiste in Italia un analfabetismo di ritorno, è un “quadro allarmante che mette in discussione l’efficacia dei molteplici tentativi di scolarizzazione di massa”. Scrive Razzanti: “nonostante l’accesso all’istruzione sia stato garantito a gran parte della popolazione, i dati rivelano un fenomeno preoccupante: in Italia si legge sempre meno, e al Sud il divario con il resto del Paese è ancora più marcato”.

I libri venduti nelle regioni meridionali non supera il 20% del totale nazionale. Secondo l’Istat, nel Centro-Nord si registra una percentuale del 45% di lettori, mentre al Sud solo il 28%. Un divario culturale preoccupante. Nonostante tutto, ancora in Italia per l’istruzione si dedica risorse insufficienti, specialmente per i gradi più alti. “Il sistema scolastico italiano, seppur inclusivo, non sembra essere in grado di rispondere adeguatamente alle esigenze di formazione di una popolazione che fatica a sviluppare strumenti culturali adeguati, come la comprensione di testi complessi e la scrittura. Ci sono indagini che dimostrano questa situazione. “Nonostante numerose iniziative finanziate con fondi europei, come quelle legate al PNRR, non si è registrato un miglioramento sostanziale del livello culturale nelle regioni meridionali. Anzi, il risultato sembra essere stato l’opposto: la sottrazione di tempo prezioso ai programmi scolastici ordinari, ormai sistematicamente ignorati in molte scuole del Sud, non ha fatto altro che aggravare il problema”.

Pertanto, è necessario un ritorno a un’educazione che sappia puntare su discipline tradizionali, capaci di stimolare il pensiero critico e la consapevolezza linguistica. Per Razzanti, l’annuncio del Ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara di un ritorno alle discipline tradizionali, sebbene tardivo, potrebbe essere visto come un tentativo di porre rimedio a una situazione che rischia di compromettere le competenze di intere generazioni. Anche se la questione non riguarda solo la scuola, ma tutto il sistema generale educativo della società italiana. Serve motivare e spingere le nuove generazioni a sviluppare competenze reali. La qualità della didattica deve essere valutata in modo serio, e l’insegnamento delle materie fondamentali deve essere una priorità assoluta. Inoltre, è necessario un maggiore controllo sull’applicazione dei programmi, che deve essere uniforme in tutto il Paese.

L’assenza di vigilanza ha portato a un sistema scolastico spesso incoerente e disorganizzato, con gravi ripercussioni sugli studenti”. Su Avvenire, Caterina Majocchi (Educazione. “Mio figlio non legge più”. Ma i genitori che esempio danno?, 17.2.25, Avvenire) La giornalista raccoglie gli allarmi di alcuni genitori e ci si domanda, Cosa distoglie gli adolescenti dai social e dallo smartphone e cosa si può fare per avvicinarli ai libri? Un tema molto sentito dai genitori. che rappresenta un problema tutt’altro che agevole da risolvere. Una mamma è profondamente preoccupata perché suo figlio sedicenne ha perso “completamente interesse per la lettura. Fin da piccolo gli ho letto fiabe, abbiamo scelto libri insieme e cercato di coltivare il piacere della lettura, ma con l’adolescenza tutto è cambiato. Ormai legge solo il minimo indispensabile per la scuola e, appena può, passa il tempo davanti allo schermo dello smartphone o del computer. Anche quando gli impongo di stare senza dispositivi, preferisce semplicemente non fare nulla piuttosto che leggere e sembra cadere in uno stato di apatia. Questa situazione mi addolora e mi spaventa”.

La giornalista fa riferimento agli studi della neuroscienza per capire come mai ad una certa età subentra questa disaffezione alla lettura. Queste mamme chiamano in causa la scuola che si focalizza solo su tematiche di attualità e trascura  “gli intramontabili grandi classici della letteratura. Infine, un altro fattore importante, cruciale, è il modo in cui la scuola propone la lettura. Vengono assegnati libri poveri di lessico e di contenuti, per lo più di intrattenimento o su temi legati alla cronaca, evitando i classici. “Gli intramontabili grandi classici della letteratura sono libri senza tempo, che andrebbero letti perché forniscono una vera e propria educazione ai sentimenti e costituiscono un patrimonio comune di conoscenza che permette di costruire la nostra identità culturale”. La Majocchi insiste sulle lacune dei programmi scolastici, “Non si trasmette lo spirito di uno scritto, la bellezza di una frase, il gusto per la scelta delle parole. L’estetica di uno scritto, capace di muovere le emozioni e di condurre alla riflessione è del tutto trascurata. Nel momento in cui si analizza un testo in questo modo, la sua qualità diventa irrilevante”. Infine la Majocchi pone alcune domande sul perché il ragazzo non legge:“Invece di preoccuparci del perché il ragazzo “non legge”; chiediamoci: Cosa lo emoziona? Cosa lo incuriosisce? Come possiamo fare per attrarlo verso la lettura?

DOMENICO BONVEGNA

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