IL PUNGOLO: PERCHE’ L’ISTRUZIONE SCOLASTICA NON DIVENTI UN GULAG

Ha fatto e continua a far discutere l’episodio del ragazzino che in una scuola Media di Verona si è rifiutato di salire la scala arcobaleno. Prendo la notizia dalla Nuovabussola del 4 e del 6 marzo. Il blog cattolico senza mezzi termini definisce “sconcertante episodio di rieducazione Lgbt in una scuola media di Verona”. Un ragazzino di 13 anni si rifiuta di salire la “scala arcobaleno” ideata dalla scuola per i diritti omo: punito con una nota disciplinare e accusato dal preside di omofobia. I genitori scrivono al ministro Valditara: «Violati i diritti dell’infanzia».

Su Il Giornale dell’8 marzo, Paolo Gambi, definisce il tredicenne di Verona, Un piccolo eroe, che nella sua ingenuità, si è rifiutato di salire sulla scala dai colori dell’arcobaleno che la scuola ha fatto per la giornata contro l’omofobia, è contrario ai valori LGBTQ. “Sottoponiamo continuamente i ragazzi al “mito” del ribelle, del rivoluzionario, ma diventa buono solo se si ribella contro i valori tradizionali. Che poi, a dirla tutta, si fanno grandi battaglie per la laicità della scuola, perché nell’educazione pubblica non ci sia la religione dei padri, ma si lascia spazio a questi riti della religione che la sinistra americana ha diffuso in tutto il mondo. Un abbraccio al ragazzo e alla sua famiglia. Alla fine ha fatto un piccolo gesto eroico”. Il ragazzino non ha lanciato una molotov contro la scalinata e nemmeno si è preso a picconarla. Ha semplicemente espresso la sua contrarietà “rifiutandosi di partecipare al rito collettivo di quella che ha tutta l’aria di essere una rieducazione di stampo giacobino o sovietico”. Andrea Zambrano fa notare che la vicenda dopo la lettera di denuncia dei genitori, si è spostata sulla natura della nota disciplinare, che com’era prevedibile si cerca di ricondurre esclusivamente al fatto che il ragazzino si fosse messo in pericolo, per aver fatto il percorso della scalinata dall’esterno arrampicandosi sul corrimano.

“C’è però un dato che sfugge a molti e che rappresenta l’elemento di maggior gravità di questa vicenda a tinte fosche arcobaleno: l’accusa di omofobia fatta dal preside al ragazzino, così come scritto per ben due volte nella lettera ai genitori”. (Andrea Zambrano, “Il caso di Verona. Scala Lgbt, la nota è un pretesto per coprire il gulag dell’istruzione”, 6.3.25, Lanuovabq.it) Chiaramente sia il preside che l’Ufficio Scolastico per evitare di essere accusati di reprimere la libertà di pensiero del ragazzo cercano di buttare la questione sulla sicurezza e le ragioni disciplinari, no che è stato punito per le idee. Questo va nascosto. Infatti, l’ufficio scolastico provinciale di Verona, nel goffo tentativo di difendere il preside sembra già voler chiudere il caso: «Non ci sono motivazioni ideologiche dietro la nota comminata allo studente veronese che si è arrampicato lungo il corrimano di una scala color arcobaleno: l’unica motivazione dell’annotazione riguarda esclusivamente il comportamento dell’alunno, che ha messo in gravissimo pericolo la propria vita. La scuola ha agito unicamente per tutelare la incolumità del ragazzo e dissuadere da comportamenti simili».

Invece per Zambrano si ha l’impressione “che si voglia creare la tempesta perfetta per mettere a tacere quello che rappresenta un vero e proprio caso di correzione da gulag perpetrato a scuola nei confronti di alunni indisciplinati non per ragioni di temperamento, ma di idee”. Zambrano racconta altri particolari che io evito per questione di spazio. La questione ha avuto anche ricadute politiche, ci sono già due deputati di maggioranza che hanno chiesto al ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara di avviare accertamenti ed eventualmente inviare gli ispettori nell’istituto. Il primo è Alessandro Amorese, deputato di Fratelli d’Italia, il quale proprio nei giorni scorsi ha depositato una proposta di legge che regolamenti il consenso informato dei genitori per le iniziative extracurricolari, sopratutto quelle che riguardano l’educazione degli studenti su tematiche di carattere sessuale, affettivo ed etico.  Amorese, inoltre, ha presentato un’interrogazione al Ministro perché accerti quanto è accaduto e nel caso invii gli ispettori a scuola: «Mi sembra che sia una situazione da gulag dell’istruzione», ha commentato.

Il secondo deputato è Rossano Sasso capogruppo Lega in Commissione Cultura Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati, in occasione della presentazione del suo libro “Il Gender non esiste – giù le mani dai nostri figli” illustrerà una nuova proposta di legge della Lega sul consenso informato e le carriere alias. «L’autonomia dell’insegnamento è per noi un valore fondamentale, ma bisogna porre un argine alla deriva di certe frange minoritarie ideologizzate che provano quotidianamente a confondere e indottrinare bambini e adolescenti, spesso all’insaputa dei genitori», ha detto Sasso. Sull’argomento è intervenuto anche Stefano Chiappalone, (venerdì della bussola. L’ideologia Lgbt avanza indisturbata tra i banchi di scuola, 8.3.25, lanuovabq.it) che ha fatto riferimento all’incontro della serie “I venerdì della Bussola”, con Marco Lepore, insegnante, intervistato da Andrea Zambrano che per primo ha sollevato il caso accaduto in una scuola di Verona. A Verona c’è stato “un caso in cui l’indottrinamento gender, di solito mascherato da progetti o slogan più generici, è uscito allo scoperto sin dalla verniciatura della scalinata: «un lavoro che non viene fatto in quattro e quattr’otto e a costo zero, tanto più che ci vogliono autorizzazioni di spesa», e quindi anche l’approvazione di insegnanti e genitori, osserva Lepore. Ma come è possibile – chiede Zambrano – che un preside possa affibbiare a un ragazzino uno stigma che potrebbe costargli la condanna di compagni e insegnanti? «Evidentemente crede nell’ideologia Lgbt, altrimenti non avrebbero realizzato quell’opera. Ed è convinto che rifiutarla sia un atteggiamento da sanzionare» in nome dell’onnipresente «inclusione», parola talismano in cui entrano ideologie e da cui escono condanne: «Questo ragazzino non è inclusivo – e oggi non essere inclusivi è gravissimo». Lepore è pessimista sulla questione del consenso informato che devono dare i genitori su certi progetti. Purtroppo è da tempo che i genitori tendono a delegare e dare «carta bianca» alla scuola in campo educativo, intervengono solo quando un voto è ritenuto troppo basso.

Per quanto riguarda gli insegnanti per quieto vivere sono succubi di quella “minoranza rumorosa” di sinistra e fanno passare tutto nei vari collegi,“è difficile che qualcuno alzi la mano per entrare nel merito educativo dei progetti”. “In realtà la scuola è specchio della società”. Il professore Lepore è abbastanza pessimista. E infatti – «non mi sorprende» – il tredicenne di Verona non è di origini italiane, mentre «i nostri studenti come gli adulti che li “educano” sono estremamente passivi». Dalla passività non è immune neanche il mondo cattolico. Non ci sono più quei tempi, quando «le associazioni cattoliche studentesche si battevano, chiedendo spazi per pregare o facendosi sentire nelle assemblee», all’attuale «ripiegamento su una fede “da sacrestia». Soprattutto tra gli studenti italiani, «mentre quelli provenienti dall’Est o da altri Paesi hanno un atteggiamento più combattivo».

a cura di DOMENICO BONVEGNA