Intervistato da Lanuovabq, Alfredo Mantovano curatore del libro “Legge omofobia, perchè non va”, edizioni Cantagalli (2021), ha affermato che il Ddl Zan per alcuni può essere accettato così com’è, invece per altri, va rifiutato. Soprattutto dopo che è trapelata la notizia che il testo è stato letteralmente censurato, boicottato dalla “Feltrinelli”, la più grande catena di diffusione libraria in Italia. Un episodio grave che preoccupa chi è convinto che la Legge Zan inneschi atteggiamenti liberticidi nell’ordinamento giudiziario.
Ma perché fa paura il testo curato da Mantovano? A chi fa paura? La risposta si trova nel libro stesso. Almeno per quanto mi riguarda l’ho trovata leggendo il testo e ho constatato che fa paura perché è straordinariamente convincente; ben “confezionato”, frutto di una ricca e documentata riflessione comune maturata nell’ambito del Centro Studi “Rosario Livatino”, con il contributo di ben dieci studiosi, coordinati da Alfredo Mantovano. E’ raro discutere di una legge, dei suoi articoli, e avere una completa analisi come fanno gli studiosi di questo libro.
Il testo vuole essere una guida alla lettura dei 10 articoli del testo di legge redatto dal relatore on. Alessandro Zan, per contrastare l’omo-transfobia. I contributi sono di D. Airoma, D. Bianchini, F. Cavallo, F. Farri, C. Leotta, A. Mantovano, R. Respinti, M. Ronco, A. Salvi, e A. R. Vitale.
I primi due capitoli, inquadrano la novità legislativa nella situazione attuale e forniscono elementi per valutare la sostanziale inutilità delle disposizioni proposte.
La pubblicazione è stata completamente rivista e ampiamente accresciuta rispetto alla precedente: “Omofobi per legge?”, il suo scopo è sempre quello di mantenere uno sguardo laico e non confessionale sulla questione dell’omofobia. Un termine che ha cominciato ad essere presente nei principali quotidiani a partire dagli anni ‘90, da quando l’associazionismo gay, mette piede nelle aule parlamentari. In particolare con l’on. Franco Grillini, che si pone l’obiettivo di conseguire, più che la tutela dei “diritti” delle persone omosessuali, il riconoscimento pubblico delle unioni fra persone delle stesso sesso. “Snodo fondamentale di tale mutazione è l’alleanza strategica con quella sinistra, nata dalle ceneri del Partito Comunista Italiano, che viene assumendo sempre più i caratteri di un partito radicale di massa, espressione politica del relativismo culturale”.
In pratica la nuova sinistra, delusa dal fallimento marxista, abbraccia la questione omosessuale, rivendicando i nuovi diritti, attaccando la famiglia e il matrimonio, concepiti secondo la legge naturale.
Ben presto, l’accusa di omofobia, diventa “uno strumento efficace di lotta politica”, pertanto è omofobo chiunque si opponga all’affermazione dei nuovi diritti e al riconoscimento pubblico dei “matrimoni” same sex e delle famiglie arcobaleno. “Si passa così dalla punizione della condotta alla punizione dell’autore […] l’omofobia finisce per stigmatizzare un modo di essere, una condizione di ritenuta squalificante arretratezza culturale”.
Ormai chi studia questo settore è convinto che siamo di fronte ad una vera e propria rivoluzione antropologica, che tra l’altro non esita a divorare i suoi stessi figli. L’ideologia di fondo di questa rivoluzione, è quella del gender, che non ha nulla a che vedere con l’esigenza di rimuovere presunte discriminazioni degli omosessuali e transessuali. La lotta dei militanti gender va oltre i diritti delle minoranze sessuali. Il loro obiettivo è quello di “una volta de-costruita la sessualità, di ri-costruirla secondo il desiderio di ciascuno, disincarnandola del tutto dal corpo[…]”.
Per quanto riguarda i cosiddetti crimini (hate crime) contro le persone omosessuali, leggendo i dati degli ultimi dieci anni, dell’osservatorio OSCAD del ministero dell’Interno, si evince dai numeri che non c’è nessuna emergenza. E peraltro non esiste neanche nessun vuoto normativo, perché vi sia un impellente esigenza di nuove disposizioni.
Il testo curato da Mantovano evidenzia il forte legame dell’impostazione ideologica del Ddl Zan con la Rivoluzione sessuale del ‘68, oggi i sopravvissuti di quella rivoluzione, dovrebbero cantare vittoria. “Il percorso dissolutorio che in precedenza aveva scardinato le difese esterne all’uomo – religiose, sociali, nel mondo del lavoro e dell’economia – ha conosciuto il completamento dentro l’uomo stesso, grazie alla relativizzazione di dati la cui oggettività non era mai contestata in modo così diretto, diffuso e radicale”.
Gli estensori del libro, edito da Cantagalli, vedono nel t.u. Zan, se approvato, un significato politico e culturale, che per certi versi, chiuderebbe il cerchio, mettendo “in sicurezza”, i risultati dei nuovi diritti, fin qui ottenuti.
La messa in discussione della relazione uomo-donna, dà l’opportunità di una “ri-creazione del mondo attraverso la realizzazione di un indistinto magmatico [che]non sia più il desiderio di qualche filosofo gnostico, nè l’ansia elitaria di ‘illuminati’ tanto potenti quanto sconosciuti ai più[…]”.
Sostanzialmente per gli studiosi del Centro Studi Livatino, è una mentalità che “sta diventando persuasione di massa, mediaticamente egemone: nessuna fiction va in prima serata su una tv di Stato se non racconta una storia omosessuale e se non fa l’apologia della canna”.
A fronte di questa deriva, per Domenico Airoma, che ha scritto il 1 e il 2 capitolo, il solo ostacolo è una ragionata riproposizione della verità sulla persona, sulla sua natura, e sulle relazioni, anzitutto fra i sessi. Attenzione tutto questo va fatto con molta pazienza, non cerchiamo il martirio, non poniamo le premesse per subirlo, “è indispensabile stare ai fatti, all’approfondimento scientifico, distinguere i fatti dalle opinioni […] mantenendo fermi chiarezza di valutazione e di giudizio, di non allontanarsi mai – per lo meno nelle intenzioni e nello sforzo – da argomenti ragionevoli, esito di attenta riflessione”.
Occorre cercare sempre un rispettoso confronto con l’interlocutore, che è anzitutto una persona, quand’anche sia collocato su posizioni antitetiche.
Certo non è facile seguire queste raccomandazioni. Spesso i militanti Lgbt, dell’ideologia del gender, “il modo di superare l’ostacolo non è il confronto, magari aspro: è piuttosto la sanzione penale”.
Pertanto se cerchi la badante per il caro anziano, e se si propone un trans, e tu rifiuti, il tuo gesto sarà qualificato come discriminatorio, punito con il carcere. Stessa cosa per chi affitto solo a studentesse; o chi impartisce insegnamenti scientifici basati sulla realtà e non sull’identità di genere; o chi spiega i termini dell’amore fra un uomo e una donna ai frequentatori di un corso di preparazione al matrimonio.
C’è un paradosso in questa faccenda: ora che i dogmi ideologici del ‘68 sembrano trionfanti, il prezzo però è quello di sottostare al presidio del processo e dell’esecuzione penali. Infatti, “I ‘figli dei fiori’ proclamavano di combattere i padroni e istituzioni, ma adesso la tutela delle loro conquiste è affidata a quelle toghe che mezzo secolo fa odiavano, osteggiavano e nella degenerazione terroristica perfino colpivano. Predicavano e tentavano di praticare l’anarchia e oggi si ritrovano, una volta realizzate le loro parole d’ordine, in un regime: quello della dittatura del relativismo”.
Negli articoli proposti da Ddl Zan, la parte preponderante sono le sanzioni penali derivanti dall’estensione degli articoli 604-bis e 604-ter cod. pen. Sono quelli della legge Reale e Mancino. “L’estensione che viene proposta agli art. 604-bis e 604-ter del codice penale dell’orientamento sessuale e all’identità di genere fa saltare il già precario bilanciamento individuato a proposito di razza, etnia e confessione religiosa e conduce a una deriva che rischia di sanzionare non già la discriminazione, bensì l’espressione di una legittima opinione”. Per Mantovano rispondendo alle domande de Lanuovabq, c’è una incertezza nell’esatto significato delle espressioni e la nostra Costituzione indica che una legge deve essere chiara, precisa, tassativa. La Ddl Zan intende punire la manifestazione, anche privata, di un’opinione. Il libro fa l’esempio delle discussioni intrafamiliari fra una madre e una figlia che può benissimo trasferirsi in un’aula di tribunale. Un suggerimento della madre si trasforma in discriminazione. Si punisce un modo di pensare, e ancor prima di essere.
Per Airoma, la parola omofobia “si carica di una valenza etica: è lo stigma che colpisce chiunque si opponga alla costruzione dell’’omo novus’, anche semplicemente opponendo una resistenza passiva, inconsapevole, come nel caso della cosiddetta ‘omofobia interiorizzata’”. Pertanto, “omofobo è colui al quale viene attribuita una disposizione interiore di odio, per il solo fatto di non voler abbandoanre una visione dell’uomo che si pretende fondata su una legge scritta nel cuore e resa visibile dal corpo”.
Per Airoma è stata innescata con l’identità di genere, una prospettiva di respiro universale: “una vera e propria opera di nuova civilizzazione che si fonda sull’idea dell’assenza di qualsivoglia limite e che mira a superare l’uomo così come uscito dalle mani di Dio”. Attenzione, continua a precisare Airoma: “L’incriminazione serve, dunque, per un verso a consolidare le conquiste raggiunte e, per altro, a porre le condizioni per una ‘profilassi’ preventiva e per incisiva azione rieducativa nei confronti di soggetti socialmente impresentabili ed eticamente biasimevoli”.
Tra gli articoli che procurano delle preoccupazioni, sottolineato da Mantovano nelle numerose interviste, c’è il 7°, ovvero quello del gender nelle scuole. A suo tempo quando era ministro dell?istruzione la Fedeli, ci si era accordati che per trattare temi sensibili a scuola come quelli sessuali, bisognava avere il consenso dei genitori, ora tutto questo salta, anche perchè tra l’altro per il 17 maggio, è stata istituita la Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia.
Con il t.u. Zan trasformato in legge, secondo Daniele Bianchini, i genitori non potrebbero più invocare la libertà educativa per evitare l’introduzione nelle scuole di insegnamenti fondati sulla teoria gender. Peraltro la visione antropologica su cui si fonda la Legge Zan, anche se non condivisa dai genitori, sarebbe comunque ritenuta obbligatoria nei percorsi educativi proposti nelle scuole. Anzi c’è il concreto rischio “che i genitori che mettano in discussioni gli insegnamenti sull’identità di genere impartiti a scuola, siano indicati come “omofobi” e pertanto giudicati incapaci di provvedere in maniera adeguata all’educazione e all’istruzione dei figli per il loro discostarsi da quanto ‘legittimamente’ insegnato a scuola”.
E se per caso qualche genitore si azzardasse a chiedere l’esonero del proprio figlio da questi insegnamenti, rischierebbe la galera.
Naturalmente ci sarebbero forti rischi per gli insegnanti in disaccordo con l’ideologia gender.
Ma realmente che cosa accadrebbe se passasse la Legge Zan? A questa domanda si risponde con quello che è accaduto in altri Paesi, in Spagna, Fernando Sebastian Aguilar, arcivescovo emerito di Pamplona, veniva iscritto nel registro degli indagati per “omofobia”. In particolare si analizza quello che è successo negli Usa, al fioraio che si oppone di realizzare un allestimento floreale per una cerimonia di matrimonio same-sex. E poi stessa cosa per un pasticciere, il pizzaiolo, il fotografo. Tutti a rischio di perdere il lavoro e di essere incriminati e passare seri guai.
Mi fermo vi lascio alla lettura del testo tanto discusso in questi giorni.
DOMENICO BONVEGNA
domenico_bonvegna@libero.it