Sono troppi gli storici, i sociologi, i giornalisti e tanti altri a imputare alla Religione certi aspetti tragici della storia, in ogni caso le negano qualunque ruolo positivo nelle vicende dell’umanità. Non tutti però, c’è un sociologo americano, Rodney Stark che da tempo sta cercando di affermare una grande verità: «la religione ha svolto un ruolo importantissimo nel dirigere il corso della storia».
Questa grande verità Stark la sostiene in uno dei suoi tanti studi: «A gloria di Dio. Come il Cristianesimo ha prodotto le eresie, la scienza, la caccia alle streghe e la fine della schiavitù». Il testo è stato pubblicato in Italia, dalla casa editrice torinese, Lindau nel 2011.
Il sociologo americano ribalta quello che certi storici scrivono, per esempio che il cristianesimo ha ostacolato il progresso scientifico e offerto giustificazioni alla schiavitù. In realtà è il contrario, «la scienza moderna è un prodotto della concezione cristiana del Dio unico, che attribuisce alla ragione un valore essenziale». Inoltre per Stark, «La Chiesa ha avuto una parte rilevante nella diffusione dell’idea che la schiavitù fosse un abominio agli occhi di Dio e nella soppressione di questa pratica disumana in Occidente». In questo saggio, Stark, avvalendosi di una serie impressionante di documenti, di libri, di studi, di ricerche recenti e passate, si prefigge lo scopo di denunciare e smascherare gli errori e i pregiudizi degli storici. E in particolare di dimostrare come le idee su Dio abbiano plasmato la storia e la cultura moderna dell’Occidente, costituendo l’indispensabile premessa di molte delle sue più importanti conquiste. A dimostrazione di quello che ho scritto, lo studio di Stark si avvale di una notevole bibliografia, oltre 50 pagine.
Nel testo Rodney Stark affronta anche fenomeni abbastanza complessi e contraddittori, come la caccia alle streghe e le eresie. Il sociologo delle religioni, effettua una indagine nuova, ricca di episodi, di considerazioni, che sono in grado di cambiare radicalmente il nostro modo di giudicare i fenomeni. Certo il lettore per non cadere in giudizi ideologici, dovrà sempre calarsi in quel tempo e nello spazio di quei accadimenti.
Pertanto, come ha scritto Jeffrey Burton Russell, «ciò che comunemente sappiamo su scienza, religione, stregoneria,schiavitù e sette religiose, purtroppo è falso». E certamente questo libro contribuirà molto a chiarire questi argomenti, c’è un solo impegno: non avere pregiudizi e avere una mente aperta. Lo studio di Stark ha ben 555 pagine, in soli quattro capitoli.
L’autore usa un metodo particolare: esamina in dettaglio i quattro grandi episodi storici, ognuno dei quali caratterizzato da persone che credevano di agire per la gloria di Dio.
Nel primo episodio (il 1° capitolo), Stark tratta del secolare tema delle riforme dei tre monoteismi, in particolare, all’interno della Chiesa cattolica, fino ad arrivare alla Riforma protestante. E qui Stark sostiene che le riforme del XVI secolo, avevano origini antiche, forse rintracciabili addirittura nel II secolo. In pratica si registrano dei tentativi di riforma nei vari secoli della chiesa cattolica, con la comparsa di movimenti popolari «eretici», a partire da Marciano (85-160 circa) e poi da Montano (II sec), fino ad arrivare ai catari e ai valdesi.
Stark nel capitolo mette in evidenza come nella Chiesa cattolica esistevano «due Chiese». Da una parte la «Chiesa della pietà», dall’altra la «Chiesa del potere», quella della ricchezza concessa al clero da Costantino. La prima sorse come reazione alla Chiesa del potere, dediti alla visione morale del primo cristianesimo. A questo proposito scrive Stark: «La Chiesa della pietà avrebbe potuto essere emarginata fino a diventare un’altra setta cristiana senza successo, ma ciò non accadde a causa delle sue solide basi istituzionali nel monachesimo, il quale a sua volta, era sostenuto principalmente dalla nobiltà e dalle classi più elevate». Pertanto Stark potrà sostenere che le riforme del XVI secolo iniziarono più di un millennio prima, con i movimenti monastici che chiedevano la riforma della Chiesa. Infatti, per più di un millennio, la Chiesa della pietà, tentò di riformare la Chiesa del potere. Secondo Stark, papa Gregorio Magno (540-604), il primo monaco a sedere sul trono papale, rappresenta una sorta di primo protestante. Il suo lungo pontificato fu caratterizzato da un incessante tentativo di riformare la Chiesa. Fu talmente impressionato dalla Regola di San Benedetto (480-547) che cercò di farla adottare anche dagli altri ordini religiosi. I nuovi papi anche se a livello personale erano pii, prestarono poca attenzione alla riforma e praticamente rafforzarono la Chiesa del potere. E qui Stark non è per niente indulgente con la Chiesa di quel periodo: «I papi erano nominati, corrotti e spesso uccisi dalle grandi famiglie ecclesiastiche romane». In particolare fa riferimento alla nobildonna Marozia, amante di papi, che dominava la vita politica ed ecclesiastica di Roma. Anche dopo Marozia le cose non migliorarono, si pensi che tra 872 e il 1012, un terzo dei papi morirono di morte violenta. Poi con Gregorio VII (1073-1085), monaco attivista sistemò il papato, gli subentrarono altri papi con un passato monacale che tentarono di riformare la Chiesa. Ma a questo punto si scatenarono una nuova serie di movimenti eretici, nati soprattutto all’interno degli ambienti universitari, dove si rivendicavano le libertà e di indagine teologica. Inevitabilmente per Stark si giunse a conclusioni contraddittori, che generarono conflitti religiosi e dissenso. «In effetti – scrive Stark – alcuni dei più importanti dissenzienti religiosi d’Europa erano professori universitari: John Wyclif a Oxford, Jan Hus a Praga, Martin Lutero a Wittemberg». Ma anche Giovanni Calvino ha avuto un incarico universitario.
Il capitolo naturalmente racconta come si arrivò allo strappo di Lutero. Effettivamente il clero del tempo era abbastanza immorale e indolente. Gli storici lodano i cosiddetti «papi rinascimentali» per la loro attenzione all’arte, alla ricostruzione del Vaticano, al mecenatismo di Michelangelo, Botticelli, Raffaello e tutti gli altri. «Eppure questi stessi papi erano fra fra i più dissoluti, avidi, prolifici e famigerati uomini che si siano mai seduti sul trono di Pietro». Possiamo trovare papi che scrivevano poesie erotiche o che indebitavano la Chiesa. Papi con figli illegittimi, Giulio II che dedicò tutto il suo papato alla guerra, guidando truppe su e giù per l’Italia, con indosso l’armatura fatta d’argento. Pertanto Lutero si fece avanti in un epoca in cui il papato «era al punto più basso della sua reputazione». E la situazione non migliorava negli altri territori, secondo lo storico tedesco Ludwig Pastor, autore di 14 volumi sul papato, la maggioranza dei cardinali e molti vescovi erano abbastanza corrotti, non meno i sacerdoti, addirittura nell’arcidiocesi di Braga, più di 1700 erano figli illegittimi di altri sacerdoti. Tuttavia per Stark è importante sottolineare che le accuse di corruzione, di empietà e immoralità al clero e agli ordini religiosi non sono opera di partigiani protestanti, ma soprattutto di «leali e devoti cattolici, allora come oggi, avanzavano queste accuse». Per questo nel 1335, papa Benedetto XII emanò diverse bolle pontificie nelle quali ordinava di riformare vari monasteri ed elencava una lunga serie di attività empie e immorali.
Tuttavia per Stark, «non va dimenticato che, nonostante tutte queste mancanze nella Chiesa del potere, la Chiesa della pietà esisteva ancora. C’erano migliaia di sacerdoti, monaci e suore devoti. Proprio loro avrebbero svolto un ruolo importante nella formazione e nella guida dei movimenti protestanti, e poi nel riuscire a prevalere finalmente sulla Chiesa del potere portando a termine la Controriforma».
Per quanto riguarda la cosiddetta riforma luterana, Stark sostiene che questa non portò ad una Chiesa riformata, ma ebbe il risultato di una nuova Chiesa. Anche se la sfida protestante diede finalmente il potere alla “Chiesa della pietà” di riformare il cattolicesimo romano.
Il testo poi si trattiene sulle altre riforme, tutte appartenenti al Nord Europa. Da quella inglese a quella svizzera, a quella francese. L’autore tra le tante domande, ne pone una sul protestantesimo: «perché ebbe successo in alcuni luoghi e non in altri». Stark cerca di individuare diverse risposte, da quelle dottrinali a quelle locali. Le variabili sono tante. Le aree di abbracciare il protestantesimo erano quelle «in cui la Chiesa romana cattolica pativa una mancanza di sostegno popolare di vecchia data». Infatti secondo lui, nell’Europa settentrionale, la debolezza cattolica derivava dal fallimento della Chiesa nella cristianizzazione delle masse. In alcune aree c’era risentimenti nei confronti della Chiesa, dovuto a repressioni sanguinarie. Poi subentrarono anche l’interesse delle famiglie reali alla riforma protestante. Molti principi avevano molto più da guadagnare, in termini di ricchezza e potere, dal diventare protestanti.
Il primo capitolo è importante per Stark, perché presenta in linee generali la storia religiosa europea, che lo aiuterà «a collocare i tre capitoli successivi in un contesto coerente».
Nel 2° episodio, la nascita della scienza, Stark dimostra «che non c’è mai stata nessuna ‘rivoluzione scientifica’ che alla fine sia riuscita a infrangere le barriere superstiziose della fede, e che il fiorire della scienza nel XVI secolo fu la normale conseguenza, graduale e diretta, della Scolastica e delle università medievali». Infatti secondo Stark, i presupposti teologici del cristianesimo spiegano il motivo per cui la scienza nacque solamente nell’Europa cristiana. Pertanto a differenza di quello che hanno scritto certi storici, «la religione e la scienza non solo erano compatibili, ma addirittura inseparabili». Quindi nell’ultima parte del capitolo quando si discute sull’evoluzione, per Stark, non si tratta di un conflitto fra scienza e religione, ma fra «Veri Credenti da entrambi le parti».
Il capitolo inizia con la questione del viaggio di Cristoforo Colombo e della «terra rotonda o piatta». Per troppo tempo si è fatto credere che la Chiesa non sapesse che la terra fosse rotonda, questa tesi è sostenuta in un testo di Andrew Dickson White, «La storia della lotta della scienza con la teologia nella cristianità». Il problema è che quasi ogni parola di White sulla vicenda di Colombo è falsa. «Ogni persona istruita dell’epoca, compresi i prelati cattolici romani, sapeva che la terra era rotonda». A questo proposito il sociologo americano cita alcuni esponenti della Chiesa come Beda il Venerabile (673-735 ca.) o il vescovo Virgilio di Salisburgo (720-784), Ildegarda di Bingen (1098-1179), lo stesso San Tommaso d’Aquino (1224-1274 ca.), tutti proclamati santi, insegnavano che il mondo era rotondo. Peraltro per quanto riguarda il Medioevo, il testo più popolare di astronomia era Sfera, scritto da uno studioso della Scolastica inglese, Giovanni di Sacrobosco (1200-1256 ca.).
I numerosi saggi spagnoli che sconsigliavano Colombo di intraprendere il viaggio, non solo sapevano che la Terra era rotonda, ma anche che era molto più grande di quanto pensava lo stesso Colombo. Pertanto erano contrari perché «egli aveva seriamente sottostimato la circonferenza della Terra e contava su un viaggio troppo corto». Dunque gli studiosi cristiani non erano dei fanatici dalla mente ottenebrata che si aggrappavano alle affermazioni delle Scritture per stabilire che la terra fosse sferica.
Chi affermava il contrario lo faceva per polemizzare e criticare la Chiesa e i suoi uomini. Pertanto Stark in questo capitolo sostiene non solo che «non esiste un conflitto intrinseco tra religione e scienza, ma, anzi, che la teologia cristiana fu essenziale per la nascita della scienza». Per dimostrarlo Stark ha studiato diverse opere di storici recenti, per dimostrare che la religione «non generò nessuna ‘epoca buia’ […]». Inoltre è falsa «l’idea che, dopo la ‘caduta’ di Roma, sull’Europa sia scesa una lunga e oscura notte d’ignoranza e superstizione è falsa tanto quanto la storia di Colombo». Certamente per Stark la cosiddetta rivoluzione scientifica del XVI secolo, fu la normale conseguenza del lavoro iniziato dagli studiosi della Scolastica del XI secolo.
A questo punto il sociologo punta la sua attenzione sul perché la Scolastica si interessò di scienza. Fino a sostenere che è stato il cristianesimo e non il protestantesimo a favorire e sostenere la nascita della scienza. Stark dimostra come le principali figure scientifiche del XVI e XVII secolo fossero in grande maggioranza dei devoti cristiani che credevano di comprendere l’opera di Dio.
Dopo aver dimostrato che i mitici «secoli bui» del Medioevo non erano per niente bui, perché avevano inventato molte cose, fino al punto che studiosi seri come Regine Pernoud, una grande storica francese, tra i tanti libri che ha scritto, ha potuto scriverne uno dal titolo significativo: «Luce del Medioevo». Peraltro fu proprio il cristianesimo in quegli anni a stimolare la nascita di una grande tecnologia europea che superava quella di qualsiasi parte del mondo. E’ in questi anni che nelle università scolastiche nacque la scienza e lo studio dei classici, da Aristotele a Platone. Furono gli studiosi della Scolastica, e non i greci, i romani, i musulmani, o i cinesi, a basare i propri studi sulla dissezione umana. Nel mondo classico non era permessa.
Nel capitolo Stark, dimostra anche perché la scienza non si è sviluppata in altre società come la Cina, la Grecia, e nell’Islam. Naturalmente da buon sociologo Stark crea tabelle per individuare la nazionalità e la religiosità delle «stelle della scienza»: «ho esaminato libri e articoli di storia della scienza, e ho anche consultato alcune enciclopedie specializzate e dizionari biografici, fra i quali devo citar le diverse edizioni della Biographical Encyclopaedia of Science and Technology di Isaac Asimov, per la sua completezza e mancanza di pregiudizi».
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Domenico Bonvegna