Il 20 aprile ricorrerà il settantatreesimo anniversario della morte di Ernesto Buonaiuti (1881-1946), l’esponente più importante del Modernismo italiano…
di ANDREA FILLORAMO
Il 20 aprile ricorrerà il settantatreesimo anniversario della morte di Ernesto Buonaiuti (1881-1946), l’esponente più importante del Modernismo italiano, movimento condannato dal papa Pio X quasi un ventennio fa, Indro Montanelli, Ernesto Galli della Loggia e Giulio Andreotti, domandarono alla Chiesa di rivedere il giudizio e quindi di dargli piena riabilitazione.
Era allora un tempo in cui Giovanni Paolo II chiedeva perdono a chiunque, dagli indios alle vittime dell’Inquisizione, per gli errori e i torti commessi.
Il Papa fece orecchie da mercante, e su Buonaiuti incombe ancora la damnatio memoriae voluta quasi un secolo fa dal Vaticano.
In realtà, il Modernismo non era nient’altro che un’ampia e variegata corrente filosofica e teologica del cattolicesimo europeo ed era volto a ripensare il messaggio cristiano alla luce delle nuove istanze della società moderna e a sviluppare la comprensione e l’esposizione dei contenuti della fede attraverso l’esegesi biblica e l’approfondimento della filosofia cristiana legata a profondi studi della storia del cristianesimo della Chiesa e del fatto religioso nel mondo moderno. Ciò che farà in seguito il Concilio Vaticano II.
E’ ovvio che in tale processo non mancasse il rischio per la Chiesa di perdere il controllo delle coscienze ma non era pensabile che fosse messa in atto una caccia alle streghe che conducesse teologi e pensatori cattolici alla gogna della scomunica e Bonaiuti fu uno, forse il più importante teologo, sospettato e condannato per adesione al modernismo, tant’è che, sentendosi colpito ingiustamente dalla mano pesante della Chiesa, nel 1930 scriveva: “Ho trascorso ore angosciose, rese tanto più gravose dai tentativi inumani compiuti intorno a me da altissimi dignitari ecclesiastici per indurmi a sconfessioni e a ritrattazioni… Ho resistito impavido. Ne sono fiero”.
Per aver preso le difese del movimento modernista Bonaiuti fu, quindi, scomunicato e dimesso dal ministero sacerdotale e grazie ai Patti Lateranensi del 1929 subì gravi conseguenze sociali perché il regno d’Italia lo esonerò dalle attività didattiche universitarie privandolo della cattedra di Storia del Cristianesimo presso l’Università di Roma per essersi rifiutato, con pochi altri docenti universitari (solo 12 su circa 1200 docenti), di giurare fedeltà al regime fascista nel 1931.
Seguirono anni di stenti economici (per via della sospensione dello stipendio) in cui s’impegnò nell’attività di conferenziere, sempre sotto l’osservazione della polizia segreta fascista, soprattutto presso gruppi protestanti e come professore ospite presso l’Università di Losanna in Svizzera dove tenne cicli di lezioni sulla storia del Cristianesimo non accettando mai di diventare professore ordinario perché questo avrebbe richiesto da parte sua il passaggio alla chiesa cristiana riformata.
I difficili anni di guerra furono passati con continue limitazioni alla sua libertà personale suscitate spesso da interventi ecclesiastici presso la polizia fascista.
Per questo dopo la fine della guerra Buonaiuti fu l’unico docente italiano non reintegrato nel ruolo di professore ordinario (come era accaduto per gli altri colleghi che non avevano accettato il giuramento di fedeltà al Fascismo) sulla base di una discussa applicazione retroattiva (sostanzialmente ad personam) dei Patti Lateranensi che prevedeva il divieto per un sacerdote scomunicato o ridotto allo stato laicale, anche per sua libera scelta, di occupare una cattedra in una università o in un Liceo statale.
Nella sua autobiografia (Il pellegrino di Roma, 1945) Buonaiuti ricostruì il conflitto con la Chiesa cattolica della quale nonostante la scomunica continuò a proclamarsi figlio fedele. Il giorno della sua morte il 20 aprile del 1946 gli venne rifiutata l’estrema unzione che il Vicariato aveva eccezionalmente permesso per un prete scomunicato a patto che sul letto di morte abiurasse tutte le sue posizioni teologiche per cui aveva operato e vissuto con grande sacrificio.
Cosa che appunto Buonaiuti con altissima dignità non fece pur soffrendo come cattolico la mancanza del sacramento.
È sepolto presso il Cimitero del Verano di Roma.
O Dio come sono cambiati i tempi da allora! Oggi assistiamo ai vari Socci legati ai settori tradizionalisti che si muovono con disinvoltura nel panorama della Chiesa cattolica che li ritiene non scomunicabili, anche se il loro linguaggio, sembra evocare uno scisma della “parte cattolica” contro la “parte non cattolica”. Sono uomini e donne che invitano i fedeli alla dottrina e all’obbedienza e si mettono alla testa di una rivolta che dovrebbe concludersi con la cacciata dell’infedele, in questo caso il buon Papa Francesco. Essi giungono persino a negare che papa Bergoglio sia un vero Papa, che è la Chiesa che deve tornare al Concilio di Trento ma solo per loro non deve emettere la condanna dell’«anatema sit» cioè «che sia scomunicato». Forse per colpa loro la Chiesa Cattolica, che attende la loro conversione, assieme allo Stato Italiano che fascista non è, non restituisce ancora e a Bonaiuti, anche se a memoria, quanto allora gli è stato tolto, così come è avvenuto per Galileo e per altri pensatori riconosciuti a posteriori appartenenti al popolo di Dio,
Spero che nasca nella Chiesa un movimento che lotti per la riabilitazione di Bonaiuti, ritenendo superato il contenuto dell’Enciclica “Pascendi” di Pio X e il giuramento anacronistico antimodernista che ne è seguito.