di Andrea Filloramo
Papa Francesco, nel discorso di fine anno alla curia romana per lo scambio di auguri natalizi, letto con voce affaticata e il respiro pesante, ha fatto una sorta di bilancio del cammino svolto quest’anno.
Al centro della sua attenzione ha collocato le relazioni umane.
Probabilmente lo ha fatto non a caso poiché la Chiesa, in questo momento storico, è lacerata al suo interno ed è ferita dagli scandali del clero, che oggi emergono con insistenza e mettono in crisi il rapporto con i fedeli che vedono tradita la loro fede.
Una cosa è certa: Non è più il tempo per i preti, vescovi e cardinali di sentirsi protetti dall’atavico velo dell’ipocrisia che – come dice il papa in un precedente suo discorso, hanno “ paura della verità”, “ preferiscono fingere piuttosto che essere sè stessi.”
L’ipocrisia per il Papa “è come truccarsi l’anima, truccarsi i comportamenti: non è la verità. E la finzione impedisce il coraggio di dire apertamente la verità e così ci si sottrae facilmente all’obbligo di dirla sempre, essere veritieri, di dirla dovunque e nonostante tutto È particolarmente detestabile l’ipocrisia nella Chiesa. Purtroppo esiste l’ipocrisia nella Chiesa e ci sono tanti cristiani e tanti ministri”.
Ed è proprio così: c’è un modo di vivere di una certa parte del clero nella Chiesa Cattolica e particolarmente nella Curia Romana, che imprigiona i concetti di onestà, lealtà, trasparenza che stanno alla base di ogni rapporto umano.
Non passa inosservato il caso del primo cardinale della storia di Santa Romana Chiesa, condannato penalmente in Vaticano da un Tribunale composto da laici. Si tratta del Cardinale Giovanni Angelo Becciu, ex sostituto per gli Affari generali ed ex prefetto per le Cause dei santi – privato tre anni fa dal Papa da questa carica e dalle prerogative del cardinalato -, condannato dal Tribunale vaticano a cinque anni e sei mesi di reclusione, oltre all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e 8.000 euro di multa, al termine del processo sulla gestione personale dei fondi della Segreteria di Stato e sulla compravendita del palazzo di Londra.
Sono decine e decine di capi di imputazione fatta al cardinale, di reati che vanno dalla truffa, alla corruzione, dal peculato, all’autoriciclaggio, dalla subornazione di teste all’abuso d’ufficio, all’appropriazione indebita che dimostrano l’esistenza un grande piano di corruttela e affari sporchi da parte di un network che agiva dentro e fuori al i sacri palazzi ai danni del Papa, naturalmente ignaro di tutto.
E’ «urgente – dice il Papa- ricuperare uno spirito contemplativo, che ci permetta di riscoprire ogni giorno che siamo depositari di un bene che umanizza, che aiuta a condurre una vita nuova. Fratelli e sorelle, anche nella curia c’è bisogno di imparare l’arte dell’ascolto. Prima dei nostri doveri quotidiani e delle nostre attività, soprattutto prima dei ruoli che rivestiamo, occorre riscoprire il valore delle relazioni, e cercare di spogliarle dai formalismi, di animarle di spirito evangelico, anzitutto ascoltandoci a vicenda. Con il cuore e in ginocchio. Ascoltiamoci di più, senza pregiudizi, con apertura e sincerità» .
E ancora, in un altro passaggio: «A volte, anche nella comunicazione tra di noi, rischiamo di essere come dei lupi rapaci ».
Molto spesso Papa Francesco ha chiesto ai cardinali, ai vescovi, ai sacerdoti e ai dipendenti della Santa Sede naturalezza e semplicità, criticando chi ricorre a trucchi. «Oggi è il tempo del trucco, tutti si truccano non solo il volo ma l’anima”, si mettono in mostra, anche sui social».
Il Papa indica la strada: di spogliarsi dalle «pretesa di sapere già tutto, dal rischio di pensare che basta applicare le regole, dalla tentazione di procedere, anche nella vita della Curia, semplicemente ripetendo degli schemi, senza considerare che il Mistero di Dio ci supera sempre e che la vita delle persone e la realtà che ci circonda sono e restano sempre superiori alle idee e alle teorie».
Ai cardinali Bergoglio ha regalato un libro dal titolo, “Santi, non mondani” che raccoglie tutti gli interventi del Papa contro il carrierismo. Anche questo è un messaggio implicito.