di ANDREA FILLORAMO
Per anni abbiamo cercato di esplorare le idee forza che hanno acquistato nell’ultimo secolo un sempre maggiore vigore. Abbiamo seguito miti e utopie dell’uomo contemporaneo nella sfera etico-sociale ed etico-politica. Spesso o sempre abbiamo sottratto il tempo all’autocomprensione, prendendo in considerazione le nostre credenze diffuse, cioè gli ideali che ci attiravano e ci commuovevano e quelli che ci respingevano e ci irritavano.
Ci siamo divisi pur parlando tutti di socialità, ci siamo odiati pur predicando l’amore, abbiamo mangiato e ci siamo abbuffati senza pensare che accanto a noi c’era chi moriva di fame. Abbiamo pagato le tasse o meglio molti di noi hanno pagato le tasse pur sapendo che con la loro vendita o con il loro acquisto si facevano le guerre che erano però sempre extra moenia.
Persino sulla pandemia ci siamo vergognosamente divisi; abbiamo proclamato la fine delle ideologie pur sapendo che esse erano ben nascoste, camuffate e cambiavano solo nome, etichetta; abbiamo creato movimenti e partiti senza tener conto che erano e sono partiti personali, anche se i nomi son sempre evidenti e quelle facce che sorridono sono l’emblema di chi irride alla miseria di tanti.
Potremmo continuare con altri riferimenti, forse all’infinito, a fatti che evidenziano degli orientamenti nel mondo e conducono a determinati e contradittori e assurdi corsi d’azione, che hanno coinvolto tutti.
Adesso è bastata e non è cosa da poco l’occupazione dell’Ucraina che nessuno e nessuna nazione si assume alcuna responsabilità, pur sapendo che quello è stato un atto piratesco, ben preparato nel tempo che tutti condannano e forse tutti si aspettavano ma nulla facevano per evitarlo.
Non è possibile accusare soltanto Putin, l’artefice indifendibile di questo grande misfatto che grida indubbiamente vendetta al cospetto di Dio.
Non è possibile, inoltre, per paura di una guerra totale o per emotività dinnanzi ai bambini che muoiono o scappano atterriti, che molti piagnucolino davanti alle televisioni che trasmettono 24 ore al giorno e non recitino il mea culpa.
Rendiamoci conto: non sappiamo ancora come e quando si concluderà questa brutta storia che è destinata a cambiare il mondo e la nostra vita.
Rimane una sola verità: la pace non è solo una parola, uno slogan, una bandiera che si fa sventolare nelle grandi adunanze pubbliche o sotto il palazzo pontificio per dimostrare l’adesione all’invito convinto del Papa, ma si costruisce giorno per giorno dentro di noi, nelle nostre famiglie, nelle istituzioni, fra le nazioni, nel mondo e rimane una meta da raggiungere, un augurio, come quello di Gesù Risorto che rivolgeva agli Apostoli quando diceva: “pace a voi”.