di ANDREA FILLORAMO
Sia i Libri Sapienziali, che i Libri Profetici dell’Antico Testamento, evocano il silenzio come espressione del timore reverenziale verso Dio. Il Nuovo Testamento non è da meno; esso contiene, infatti, la lettera di Giacomo, che è il testo di riferimento per quanto riguarda il controllo della parola. Per Giacomo la parola è un dono che chiede silenzioso ascolto e riflessione personale.
Gesù stesso sostiene che delle parole dovremo rendere conto e che alle parole infondate bisogna preferire il silenzio. Leggiamo, infatti in Mt 12,36 “In base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato”.
Dai Vangeli risulta che Gesù pregava soprattutto di notte quando domina ovunque il silenzio: “In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione. (Lc 6,12). Egli si ritirava in luoghi deserti e silenziosi: “Gesù si ritirava in luoghi solitari a pregare (Lc 5,16). “Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava” (Mc 1,35).
Il silenzio è tipico della meditazione della Parola di Dio, anzi esso è l’atmosfera della vita di Dio. Un infinito silenzio, difatti, precede la rivelazione di Dio nella creazione, come da Sap.18,14 in cui si legge: “Mentre un quieto silenzio avvolgeva tutte le cose e la notte era a metà del suo corso, la tua parola onnipotente dal cielo, dai troni regali “.
Il silenzio si ritrova soprattutto nell’atteggiamento di Maria davanti al mistero del Figlio: “Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore (Lc 2,19); Gesù “partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore” (Lc 2,51). È indubbio Maria, come scrive Bonhöffer, teologo luterano tedesco, protagonista della resistenza al Nazismo, è la “donna del silenzio” e il suo silenzio è “un silenzio tutto inteso ad ascoltare”.
In questo brutto periodo di pandemia, ciascuno di noi, sta facendo l’esperienza personale del silenzio, nell’intimità della propria famiglia e nel chiuso delle case.
Ci rendiamo sempre di più conto, nel silenzio del distanziamento sociale al quale il virus ci costringe a vivere, di come siamo inermi di fronte ad una calamità più grande di noi ma anche di avere la forza per sopportare la perdita, la solitudine, la mancanza; di riscoprire la bellezza di ciò che realmente è a fondamento del nostro essere nel mondo.
Il silenzio, quindi, non è da intendere come assenza, obbligo, distacco, solitudine, morte, oblio; non ha più il significato contrario di parola o, in generale, di suono, di comunicazione, ma diventa l’altro volto della parola, ciò che pervade l’intera vita dell’uomo, l’arricchisce come arricchisce le parole che esso stesso genera.
Il silenzio, quindi, ci trasforma, ci migliora, ci dà la forza di affrontare ogni sfida che la vita ci offre con la consapevolezza che l’importanza di perdersi nella propria interiorità può salvarci.
Scopriamo, quindi, sempre di più il suo valore, lo vediamo come alternativo al rumore che ci invade, alla parola o meglio al flusso di parole illusorie e rumorose che ogni giorno viola i nostri spazi vitali, tanto da farci diventare quasi schiavi.
A tal proposito leggo quanto scriveva Jean Arp (1887–1966) pittore, scultore e poeta francese, facendo riferimento agli anni 60 ma che vale fino ai nostri giorni: “Presto il silenzio diventerà una leggenda. L’uomo ha voltato le spalle al silenzio. Giorno dopo giorno inventa nuove macchine e marchingegni che accrescono il rumore e distraggono l’umanità dall’essenza della Vita, dalla contemplazione e dalla meditazione. Suonare il clacson, urlare, strillare, rimbombare, frantumare, fischiettare, rettificare e trillare rafforza il nostro ego”.
Se, nel passato il silenzio, pur facendo sempre sfondo alla nostra vita, è passato inosservato, se è stato inteso soltanto come portatore di obbligo, di costrizione rispetto alla cosiddetta “libertà di parola”, o ci ha fatto precipitare nella noia, oggi, durante la pandemia, assume un significato e una percezione molto più vibrante ed emozionale della parola.
Per concludere riferisco quanto scrive il già citato Dietrich Bonhoeffer, che ci fa molto riflettere:
“La vita nasce nel silenzio, l’uomo muore nel silenzio, Dio si incontra nel silenzio”.