di ANDREA FILLORAMO
Il Sinodo della Chiesa tedesca è stato avviato nel 2019 dal cardinale di Monaco, Reinhard Marx, uno dei collaboratori più stretti e influenti di Papa Francesco. Quattro le questioni, affrontate: “Autorità, partecipazione e separazione dei poteri” nella Chiesa, “morale sessuale”, “forma di vita presbiterale” e “donne nei ministeri e negli uffici della Chiesa”. Dopo due anni di dibattiti e sondaggi tra i vescovi e altri esponenti del cattolicesimo tedesco sono state votate con un’ampia maggioranza, addirittura dell’86%, alcune proposte che sicuramente sono dei passi storici per la Chiesa tedesca e forse per tutta la Chiesa Cattolica.
Tali proposte, che diventano richieste da inoltrare al Papa, concernono l’abolizione del celibato dei preti, la riammissione nell’esercizio ministeriale di quelli già sposati, il coinvolgimento delle donne e il divieto a qualsiasi loro esclusione e, infine, la trasformazione delle strutture di potere della Chiesa in linea con gli standard degli Stati costituzionali democratici anche se viene sottolineata l’impossibilità di imitare i voti e la democrazia e che bisogna invece individuare una via nella “sinodalità”
Sicuramente non sono queste proposte da poco e che se accettate, modificheranno profondamente il volto della Chiesa, le sue strutture, il suo essere nel mondo.
Concentriamo la nostra attenzione sul celibato che è in nodo fondamentale delle questioni poste dai vescovi tedeschi.
A dire il vero il tema del celibato dei preti è stato sempre un tema molto dibattuto, sul quale nel corso dei secoli si sono innestate varie interpretazioni e che ancora oggi suscita non poche divisioni.
Il divieto di ordinazione di presbiteri sposati – vigente nella sola Chiesa cattolica latina – è stato discusso in termini critici nel recente Sinodo dei vescovi per l’Amazzonia, che si è dichiarato favorevole alla possibilità di ordinare come presbiteri diaconi permanenti anche sposati.
Questa eventualità è stata subìta da alcuni come un affronto alla legge del celibato, erroneamente ritenuta di diritto divino, e comunque un baluardo intoccabile.
A questo riguardo soccorre il Decreto del Concilio Vaticano II “Presbyterorum ordinis”, che presenta un apposito paragrafo (n. 16) sulla dottrina del celibato dei presbiteri, dove si dice chiaramente che « non è certamente richiesto dalla natura stessa del sacerdozio”, tuttavia “i presbiteri sono invitati a preferire la continenza e di conseguenza devono scegliere di non sposarsi”; scelta, però, che diventa obbligata, se si tratta di uomini battezzati nella Chiesa latina. Il celibato, quindi, che inizialmente, come abbiamo visto, era solo raccomandato, è stato poi imposto per legge nella (sola) Chiesa latina «a tutti coloro che si avviano a ricevere gli ordini sacri».
Da evidenziare che questa regola si era consolidata solo dopo il primo millennio, per motivi più patrimoniali che spirituali, e risulta adottata definitivamente solo col Concilio di Trento.
Su queste basi, nel 2009 Benedetto XVI, con la Costituzione apostolica Anglicanorum coetibus, non solo accolse nella Chiesa cattolica chierici anglicani sposati, ma – pur ribadendo per i futuri candidati a ricevere l’ordine la regola generale del celibato – esplicitamente ha richiamato la possibilità “di ammettere caso per caso all’Ordine Sacro del presbiterato anche uomini coniugati”.
Nel complesso il diritto canonico, perciò, attribuisce al celibato una funzione importante, ma non irrinunciabile, una scelta volontaria apprezzabile, perché sposarsi è una scelta equivalente a quella di non sposarsi. Ognuno può scegliere liberamente se e quanto essere continente. Tuttavia, obbligare a non contrarre matrimonio è una ricchezza a cui – volendo – si può anche rinunciare.
Sullo sfondo di un dibattito che monta, oggi, nella Chiesa cattolica mondiale, su abusi sessuali, celibato obbligatorio, formazione in seminario, ci sarà un Simposio internazionale “Per una teologia fondamentale del sacerdozio“, che si svolgerà dal 17 al 19 febbraio, presso l’aula Paolo VI, in Vaticano, già annunciato l’anno scorso e per la prima volta, dopo il Sinodo dei vescovi per l’Amazzonia, si parlerà della pluralità dei ministeri, dei “viri probati”, ossia del il sacerdozio a uomini sposati “di sicura fede”, delle donne diacono e della rivisitazione del celibato obbligatorio.
Secondo il Prefetto della Congregazione dei vescovi, “un simposio teologico non pretende, però, di offrire soluzioni pratiche a tutti i problemi pastorali e missionari della Chiesa, ma può approfondire le verità che formano la base della la missione della Chiesa”.
A chi domandava se i temi più controversi saranno trattati, o se egli consideri la discussione già chiusa, il cardinale rispose chiarendo che “certamente nessuno di questi punti sarà ignorato nel senso che fa parte del contesto attuale delle questioni sul sacerdozio ma prendendo le cose in modo fondamentale, cioè a partire dal battesimo, si fa appello alla responsabilità dei laici, dei religiosi, dei carismi”. Questo permette – a suo parere – di uscire dalla prospettiva molto ristretta del potere ecclesiastico.
Concludendo: Non aspettandoci molto dal Simposio, ci chiediamo invece cosa risponderà Papa Francesco ai vescovi tedeschi su tutte le questioni poste e particolarmente sulla questione del celibato.
Mi viene in mente quella frase di Paolo VI: “Preferisco dare la vita prima di cambiare la legge del celibato” ed eravamo allora, però, negli anni 68/70, anni turbolenti del post Concilio. Molte cose da allora, però, sono cambiate e molte le vergogne della pedofilia dei preti sono venute fuori. Sono certo che Papa Bergoglio supererà tutte le opposizioni presenti nei Palazzi Pontifici e risponderà con il coraggio e la chiarezza che ha sempre avuto, anche per evitare “ strappi” con la Chiesa tedesca che vuole mantenersi fedele alla Chiesa di Roma.