Il Vangelo secondo Andrea Filloramo: Sarò con voi fino alla consumazione dei secoli

di ANDREA FILLORAMO

Nel “Cerimoniale dei Vescovi”, decretato nel 1984 dalla Congregazione per il Culto divino, fra l’altro leggiamo: “Nella celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo, i presbiteri concelebrino con lui, così che venga manifestato per mezzo dell’eucaristia il mistero dell’unità della Chiesa ed essi appaiano davanti alla comunità come presbiterio del vescovo”.

La concelebrazione del vescovo con i suoi preti, pertanto, prevista e voluta dal Cerimoniale, diventa un fatto reale, in cui, in determinate occasioni, si rende manifesto il senso vero della comunità cristiana, che si fonda sullo “spezzare il pane” dell’Eucaristia fatto assieme dal vescovo e dai sacerdoti che non deve mai apparire un atto spettacolare.

A nessuno sfugge, tuttavia, che data la solennità con cui esso si svolge, possa suscitare in tanti un determinato fascino.  Tale termine (fascino) – si badi bene – nella sua origine greca e poi latina, è da ascrivere all’ambito semantico della magia, dell’ammaliamento, della forza dell’irrazionale.

Esso, tuttavia, può diventare una qualità che attiene alla spiritualità, che va al di là dell’immaginazione, che sconvolge ed annulla canoni e criteri di valutazione oggettiva.

Lo scrivente, come chiunque, ha percepito più volte tale fascino ed ecco perché ne parla liberamente; forse esso è dovuto ai suoi ricordi di lontani momenti della vita o a sentimenti mai sopiti.

Non è rimasto, quindi, indifferente anzi è rimasto colpito da un video di un pontificale che ha rintracciato nella Rete, celebrato nel Duomo della città in cui è nato e in cui ha svolto una certa parte della sua vita, in cui il vescovo, in osservanza del Cerimoniale, concelebrava con i suoi sacerdoti, che l’ha fatto molto riflettere.

Riflettere su che cosa?

Il suo pensiero, guardando con curiosità quel video, andò spontaneamente a tanti preti che ha conosciuto e non ci sono più, i cui volti ha cercato invano, quindi, di individuare in quella fila che, in processione, si recava all’altare; pensò a quelli che ha notato che erano invecchiati forse anche prima del tempo, incurvati sotto il peso di una vita per alcuni logorante; pensò, quindi, al fatto che oggi la pastorale è in mano a preti anziani e spesso di salute malferma. Ipotizzò, perciò, che probabilmente, dato anche il fatto della mancanza di ricambio con preti giovani, non ci saranno nel futuro più preti in quella diocesi come in tutte le diocesi del mondo.

Rammentò, inoltre, a quanto ha scritto Padre Scalia S.J., che ha evidenziato come, al di là della mancanza di preti e a quella che viene chiamata la crisi delle vocazioni, sia “urgente prendere coscienza, soprattutto da parte dei vescovi, della variegata situazione di quei preti che sono ormai fuori del ministero e che, tuttavia, imponendo loro le mani, abbiamo un giorno accolto come fratelli di cui aver cura e con cui camminare”.

Si tratta, secondo Padre Felice non solo di preti “vecchi” a livello anagrafico, ma anche di coloro che vengono considerati tali perché “disadattati alla comunità, ritenuti non equilibrati, forse per antiche ferite mai rimarginate, per nevrosi degenerate in vere psicosi, o forse perché fin troppo veggenti, fin troppo ‘disturbatori’ di un certo tran tran ecclesiale, e per questo buttati ai margini”.

La crisi, e non lo scrive solo Padre Scalia, quindi, è una crisi profonda della stessa Chiesa, che non sa che pesci prendere, perché, finora, non è riuscita o non ha voluto intervenire su un nuovo profilo del prete, scardinandolo da quel mondo strano, settario, ritenuto sacro e intoccabile che è il mondo clericale che non solo non ha motivo di esistere ma stravolge il mandato che ha dato Gesù ai suoi apostoli.

Ritengo che sia arrivato il momento di immaginare una Chiesa, che prendendo veramente atto che nello spazio di un decennio non ci saranno più preti, faccia la scelta di essere una Chiesa diversa, capace di superare il suo modello feudale; di abbandonare definitivamente la struttura di potere per come ci è stata tramandata sino a oggi.

È assurdo che la Chiesa sia ancora basata sul potere del clero sui laici; degli uomini sulle donne alle quali sono negati, non a parole ma “de facto” dei diritti.

Si spera che questi problemi vengano ad essere risolti nel prossimo Sinodo dei vescovi, tanto che si possa rinnovare, come previsto dal Cerimoniale dei vescovi il mistero dell’unità della Chiesa e i preti appaiano” o meglio siano un’autentica comunità, un vero “presbiterio del vescovo”, certi della promessa di Cristo: “Sarò con voi fino alla consumazione dei secoli” (Mt 28,20).