di ANDREA FILLORAMO
LETTERA APERTA AD UN AMICO ESORCISTA
Carissimo amico, mi preme, innanzitutto, fare una premessa: ho grande rispetto per la tua personale convinzione della presenza nel mondo di una forza malevole, chiamata demone, diavolo, satana e che essa possa prendere possesso di ciascuno di noi ma, stando a quanto leggo sulla Rete circa il tuo operare da esorcista, tanto pubblicizzato, anche attraverso qualche libro, non ne sono del tutto persuaso.
La tua – diciamolo pure – è una visione dualistica manichea, condivisa da tanti ma condannata da S. Agostino, risalente, quindi, al persiano Mani (sec. III), che accetta la compresenza di ordine e caos, bene e male nell’universo a partire dal conflitto tra il Dio di luce e l’emissario delle tenebre, pur prevedendo, in quanto applicata ad una religione di salvezza, com’è il Cristianesimo, una separazione finale delle tenebre dalla luce.
Ma, oltre la condanna agostiniana, non può sfuggirti – anche se i tuoi studi di teologia risalgono a molti anni addietro ma che sicuramente una volta diventato prete hai continuato a coltivare – la puerile leggenda, contenuta nel Libro dei segreti di Enoc.
In esso si mettono salde radici nel cristianesimo dei primi secoli che ha alimentato credenze popolari, in cui Lucifero, il bellissimo angelo è castigato da Dio per la sua superbia e trasformato nell’orrendo diavolo nemico dell’umanità.
Questa leggenda, al pari di tante altre leggende, di cui si alimenta una certa religiosità popolare, ancora circola, con l’apporto anche dei preti, nell’ingenuo mondo dei cristiani.
Comprendo che mi potrai obiettare che dell’esistenza del diavolo e della possessione diabolica si parli nei testi sacri del Primo Testamento e negli stessi Vangeli, ma è proprio così?
Fra quanti cercano di rispondere a questa domanda, c’è il biblista Alberto Maggi, che afferma con dovizie di particolari che: “quella del diavolo è stata indubbiamente una trovata eccezionale, un alibi per le malefatte degli uomini…che hanno fatto e fa più danni ai cristiani con l’ossessione del diavolo che quanti ne negavano la presenza…”.
Quella che Alberto Maggi ha fatto per giungere a questa conclusione è un’analisi attenta, scientifica, ermeneutica della Sacra Scrittura del Primo e del Nuovo Testamento, sulla credenza della presenza e dell’attività del diavolo nel mondo, che ovviamente qui riportiamo solo in minima parte.
“Già nel II sec. a.C. – egli afferma – l’autore del Libro del Siracide ammoniva che era inutile scaricare sul diavolo quelle che erano le proprie responsabilità. In esso, infatti, leggiamo: “Quando un empio maledice il satana, maledice sè stesso” (Sir 21,27).
Non si esime Maggi di analizzare filologicamente alcuni testi biblici in cui si utilizzano i termini di satana e di diavolo e afferma che nella Bibbia ebraica con il termine “satan” (avversario/nemico), tradotto in greco con “diabolos”, si indicano sia figure simboliche che persone concrete, come Davide, di cui i Filistei dicono “Non venga con noi in guerra, perché non diventi nostro avversario (ebr. satan) durante il combattimento” (1 Sam 29,4).
Secondo il biblista “il satana” svolge un ruolo importante nel Libro di Giobbe, dove non compare come nome proprio, ma sempre come una funzione, che era quella di sovrintendente al servizio di Dio per accusare al suo cospetto i peccatori.
Il satana nel Libro di Giobbe non è un nemico di Dio, ma un suo solerte funzionario, un prezioso collaboratore che fa parte della corte divina e viene ricevuto insieme ai figli di Dio, e al quale il Signore si rivolge con grande amabilità (“Il Signore chiese al satana: Da dove vieni?”, Gb 1,7). E il satana insinua a Dio, che si vanta della fedeltà di Giobbe, che forse costui si comporta bene perché tutto gli va a gonfie vele, e ottiene il permesso di metterlo alla prova (Gb 1-2).
La funzione del satana, di accusare gli uomini dinanzi a Dio per poter infliggere loro il castigo divino, tramonta definitivamente con Gesù, che presenta un Dio diverso da quello della religione ebraica: non è vero che Dio premia i buoni e castiga i malvagi, ma a tutti offre incondizionatamente il suo amore, “perché egli è benevolo verso gli ingrati e malvagi” (Lc 6,35).
Per questo Gesù, come effetto della sua predicazione, può annunciare “Vedevo il satana cadere dal cielo come una folgore” (Lc 10,18). La funzione del satana, di accusatore degli uomini, viene meno con un Dio che non castiga ma che ama anche i peccatori, e il diavolo viene così espulso dalla corte divina “È stato precipitato l’accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte” (Ap 12,10).
E’ vero che satana appare nell’episodio delle tentazioni del deserto (Mt 4,1-11) ma gli evangelisti, sempre secondo Maggi, non intendono trattare dell’esistenza o meno del diavolo, ma offrire suggerimenti per indicare chi è.
Mentre Dio è l’Amore che si pone al servizio degli uomini per renderli liberi, il diavolo è figura del potere che li domina e li sottomette.
Per Gesù sono i capi religiosi ad avere “per padre il diavolo” perché sacrificano gli uomini al proprio interesse, mascherato dietro la dottrina, e sono come il loro padre menzogneri e omicidi (Gv 8,44). Gesù apostrofa come satana anche i due discepoli traditori: Pietro che vuole intralciare la sua missione (“Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo”, Mt 16,23) e Giuda, il ladro (“Eppure uno di voi è un diavolo! Parlava di Giuda”, Gv 6,70-71; 13,27).
La domanda è d’obbligo: Allora Satana è soltanto una figura simbolica? Esiste il diavolo? Non esiste? Difficile per noi dare delle risposte a queste domande, date le stratificazioni culturali di millenni su questa figurazione del male. È pertanto alquanto singolare vedere come la figura del diavolo, irrilevante nella Sacra Scrittura, abbia assunto nel corso del tempo dimensioni spropositate nella vita dei credenti, al punto che molti cristiani sembrano credere più nell’onnipresenza del tentatore che in quella del Salvatore. Hanno fatto e fanno più danni i cristiani con la loro ossessione del diavolo, conclude Maggi, che quanti ne negavano la presenza. Basti pensare per il passato alla mattanza di decine di migliaia di donne torturate e bruciate vive perché ritenute ree di commercio carnale con il diavolo e, per l’attualità, alle tante donne vittime di sedicenti esorcisti che, con il pretesto di liberarle dal demonio, le sottomettono a ogni forma di violenza psichica e fisica.
Una nota finale: in medicina esiste una fobia alquanto strana: la demonofobia, che può essere indotta anche da chi lotta in buona fede contro il maligno che annulla la libertà umana con la “possessione diabolica”.
Come suggerisce il nome, le persone che sono affette da questa patologia, hanno una paura spropositata per i diavoli e le forze avverse.
Per curare questa malattia ovviamente non occorre l’esorcismo che non è un antitodo anzi ne aumenta molto i sintomi, ma è la fede, quella vera, che tiene lontano dalla mente il diavolo.
Siamo noi e solo noi gli artefici del bene e del male.