di ANDREA FILLORAMO
Rispondo ad una lunga e-mail pervenutami, in cui fra l’altro mi si scrive: “…Come Papa Francesco (mi riferisco al suo ultimo articolo) anch’io sono diventato un anticlericale vivendo in una parrocchia dove per molti anni c’è stato un parroco prepotente che pensava solo ai suoi affari, che sono stati vergognosamente tanti, ai suoi appartamenti, etc… Tutti sapevano e nessuno parlava (…) Questo è il motivo per cui da 14 anni non vado a Messa”…
Rispondo a questa e-mail senza entrare pienamente nel merito del suo contenuto là dove si parla dell’ex parroco e, quindi, della sua supposta gestione della parrocchia e di quelli chiamati “i suoi affari”. Non debbo e non voglio trattare una situazione, infatti, che io conosco soltanto per gli accenni fatti dal mittente. Ciò non significa che non gli dia credito, tanto più che considero che situazioni del genere possano veramente esistere. Mi preme evidenziare che meriti e demeriti, lacune e difetti in ogni professione sono sempre riferibili non alla categoria di appartenenza ma ad ogni singola persona.
Ritengo assurdo, pertanto, che, per questi motivi, il mittente si dichiari anticlericale, cioè nemico del clero, o che addirittura da anni non vada a Messa.
Quel parroco, pertanto, se prepotente e affarista, come nell’email si sostiene, dato il silenzio dei suoi fedeli, protratto per molti anni, risponderà alla sua coscienza come forse ha già risposto alla Chiesa, che avrebbe indegnamente rappresentato in quella parrocchia. Non intendo dare degli alibi all’eventuale arrivismo, al senso del possesso oltre ogni limite cioè alla volontà di potere e quindi all’ambizione di quello o altro prete.
Leggendo, però, la lunga e-mail inviatami, di cui ho riportato solo uno stralcio, mi è venuto spontaneo pensare, non tanto ai “peccati”, alle “debolezze” dei preti o all’”arrivismo” di qualcuno di loro, che spesso non sfuggono agli sguardi dei fedeli pronti sempre a condannare, ma alle molte difficoltà che ogni prete deve affrontare nel suo ministero.
Di queste difficoltà e dei problemi dei preti ho già scritto più volte e su di essi mi soffermo particolarmente in un libro di prossima pubblicazione, che invito a leggere: “Vite segrete”, Edizioni Booksprint. In tale libro, fra l’altro scrivo: “Ancora oggi pochi pensano al prete che si ritira stanco la sera nella sua casa vuota, dopo una giornata di fatiche a volte infruttuose, di frustrazioni, di tentazioni e non ha con chi parlarne. I preti, del resto, sono ancora formati al più stretto individualismo; ma a creare l’individualismo è soprattutto la coscienza del cambiamento ontologico della personalità, il sentirsi sempre e in ogni caso persone sacre, quindi esseri superiori. Pochi pensano a questo aspetto della vita che li separa dagli altri, che li fa diventare delle «isole».
A tal proposito ho sotto gli occhi un’Indagine del Consiglio permanente della Conferenza Episcopale Francese, fatta dopo che in pochi anni ben sette preti si sono suicidati. L’indagine concerne la salute fisica e mentale dei sacerdoti. Da essa risulta che il 93% ha risposto di essere in “buona salute” anche se sovraccaricati di lavoro; alcuni si dichiarano depressi; 2 sacerdoti su 5 fanno abuso di alcol; più della metà dei preti vive sola e denuncia uno stato di solitudine e di isolamento.
Riferendosi particolarmente ai parroci, l’Indagine registra che mediamente essi, in Francia, ma può valere anche per l’Italia, lavorano 9,4 ore al giorno, un carico considerato troppo pesante da quasi il 20% dei sacerdoti, con una media di quasi un giorno e mezzo di riposo a settimana e quattro settimane di ferie all’anno.
Volendo tornare a quell’ex parroco, di cui nell’email, teniamo conto che adesso è anziano e merita il rispetto dovuto alla sua età e non possiamo pretendere che egli tenga conto adesso di quanto Samuel Ullman (1840 – 1924) poeta conosciuto per il suo poema “Gioventù”, scrive: “Nessuno invecchia semplicemente perché gli anni passano: Si invecchia quando si tradiscono i propri ideali: Gli anni possono far venire le rughe alla pelle, ma la rinuncia agli entusiasmi riempie di rughe l’anima”.
Una domanda, alla fine, pongo al mittente dell’e-mail: “Quel parroco ha avuto la gioia, nella sua lunga permanenza in quella parrocchia, di toccare con mano la presenza collaborativa, discreta, umile, ma sincera, generosa e operosa di tante persone che nella comunità si sono impegnate ad aiutarlo? Esse si sono anche impegnate per gli altri, accorgendosi di chi aveva bisogno, si sono avvicinate, si sono chinate su di loro, hanno speso tempo ed energie, senza chiedere ricompensa: solo per amore?”.
Termino con le parole di Cristo in Mt 7,1-6: “Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati. Perché osservi la pagliuzza nell’occhio di tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell’occhio tuo c’è la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello. Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi”.