Il vangelo secondo me: Il travaglio di un prete

Ho cercato soltanto di capire e descrivere il travaglio che essi vivono, come del resto tutti i mortali, dinnanzi a quelle che sono le scelte sessuali che sono chiamati o obbligati a fare. 

 

di ANDREA FILLORAMO

 Stralcio dall’email del 21 marzo di   ……….@hotmail.it: “…L’ho sempre pensato: i preti non hanno una coscienza, altrimenti si comporterebbero diversamente…e non ipocritamente”.

 

Rispondo brevemente: mai ho scritto che i preti non abbiano una coscienza, anche se ho ritenuto che essa sia condizionata da un tipo di educazione/ formazione che, semplificando, chiamiamo clericale, né ho generalizzato quando, con papa Francesco, ho denunciato gli abusi sessuali che alcuni o molti di loro commettono con buona o cattiva coscienza. Ho cercato soltanto di capire e descrivere il travaglio che essi vivono, come del resto tutti i mortali, dinnanzi a quelle che sono le scelte sessuali che sono chiamati o obbligati a fare. 

Un discorso laico sulla coscienza che non posso non ritenere valido sia per i preti, sia per ciascuno di noi sarebbe molto lungo e articolato. Di esso molte scienze si sono interessate. Fra queste la filosofia, l’antropologia, la psicanalisi e la teologia morale. Accenno soltanto ad una veloce sintesi che mi serve a collegarla al concetto di ipocrisia, richiamato dal mittente dell’email e che più volte ho riscontrato in molti preti.

Da osservare, innanzitutto, che l’originalità del nostro “sentire” ci mette costantemente di fronte a contraddizioni, a scelte complesse e a momenti critici che superiamo quando esso, divenuto coscienza, riesce a essere consapevolezza della nostra condizione. Allora ci sentiamo liberi di scegliere e di orientarci sulla base di una soggettiva riflessione personale.

Invece della supina obbedienza, allora produciamo un valore autonomo e, sentendolo profondamente nostro, siamo fedeli al suo autentico significato e riusciamo ad essere felici e a esultare nella realizzazione di qualcosa di positivo che abbiamo realizzato.

Privare l’essere umano di questa potenzialità, per legarlo alla adesione passiva a una istituzione, a una norma di una morale eteronoma, a parere di Emanuele Kant, sarebbe un delitto contro la sua spiritualità e alla sua formalità, al suo essere un imperativo categorico, che rivolgendosi alla coscienza si esprime con il “tu devi perché devi”.

Se ciò non avviene non resta altro che l’ipocrisia, il cui aspetto più inquietante è la simulazione che allontana dalla partecipazione autentica alla ricerca del senso della vita, Da ciò le parole di Cristo: “quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano” (Mt 6,12).

L’atteggiamento devoto si presenta come un formidabile passaporto per essere socialmente accettati e per presentarsi con l’aspetto adeguato alla superficialità delle relazioni, ma questo simulato contatto è un ottimo vanto ed una benemerenza sociale ingannatrice. Il rinforzo narcisistico dell’io può dare una soddisfazione momentanea ma il “guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati” (Mt 6,1), mette in guardia chi sa ascoltare.

La più “bella figura” non riempie il vuoto esistenziale!

Da ciò le altre parole di Gesù: “Guai a voi, scribi e Farisei ipocriti, perché pagate la decima della menta e dell’aneto e del comino, e trascurate le cose più gravi della legge: il giudizio, e la misericordia, e la fede. Queste son le cose che bisognava fare, senza tralasciar le altre” “Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!” (Mt 23,24).

Finiamo con la citazione di Papa Francesco, che rivolgendosi ai sacerdoti dice: «L’ipocrita è capace di uccidere una comunità. Sta parlando dolcemente, sta giudicando bruttamente una persona. L’ipocrita è un uccisore. Ricordiamo questo: incomincia con l’adulazione, soltanto si risponde con la realtà. Non mi vengano con queste storie, la realtà è questa, come con l’ideologia, questa è la realtà. E alla fine è lo stesso linguaggio del diavolo che semina quella lingua bifida nelle comunità per distruggerle. Chiediamo al Signore che ci custodisca per non cadere in questo vizio dell’ipocrisia, del truccarci l’atteggiamento ma con cattive intenzioni. Che il Signore ci dia questa grazia: ‘Signore, che io mai sia ipocrita, che sappia dire la verità e se non posso dirla, stare zitto, ma mai, mai, un’ipocrisia’».