Il vangelo secondo me: stringiamo la mano a chi ci sta accanto

La stretta di mano, secondo i cattolici, è il segno di pace, di concordia, ma è tutta la Messa che, essendo il sacrificio di Cristo…

 

di ANDREA FILLORAMO

Da tempo dovevo intervenire sulla considerazione che una lettrice mi ha trasmesso in una email, in cui, fra l’altro, osserva che va in chiesa la domenica perché solo là davanti a Dio, che chiamiamo come testimone, stringiamo la mano a chi ci sta accanto, anche se non lo conosciamo o che incontrandolo per strada neppure salutiamo e diamo il segno di pace che significa accordo, superamento dei rancori. Altrove invece regna la guerra, l’incomprensione che si traduce in comportamenti di maleducazione, come vediamo molto spesso in modo plateale nelle trasmissioni televisive in cui la maleducazione regna sovrana.
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Sicuramente, come fa osservare la signora, la stretta di mano, secondo i cattolici, è il segno di pace, di concordia, ma è tutta la Messa che, essendo il sacrificio di Cristo che muore e risorge, realizza la pace e la concordia. Interessante mi è sembrato il nesso al quale fa accenno la lettrice fra la mancanza di concordia nella società e gli atti di maleducazione con cui si manifesta la prepotenza, la prevaricazione e il sopruso, che si rendono evidenti particolarmente nelle trasmissioni televisive che entrano in ogni casa e condizionano talvolta il modo di vedere e di sentire degli altri e anche il linguaggio e, quel che è molto grave, la vita dei nostri ragazzi. Nessuno può negare questa verità: la maleducazione si vede sfacciatamente in ogni luogo in cui la gente si incontra. Nessun ambiente è immune a cominciare da chi utilizza i mezzi pubblici e conosce bene la fauna che li popola: chi occupa con le borse il posto a fianco a sé, chi ascolta la musica dal cellulare, chi si allarga su due posti, chi butta la carta per terra e chi intasa le porte di salita e discesa. In generale, capita di assistere a comportamenti che rendono il viaggio un’esperienza sconfortante. Secondo una nuova ricerca, pubblicata sul Journal of Applied Psychology, la scortesia è “contagiosa come un virus”. “È come prendere un raffreddore”, spiegano gli studiosi…Danny Wallace in “La legge del cafone” (Urra Feltrinelli) scrive: “È impossibile non accorgersene, la nuova maleducazione è globale, è nell’aria, straripa dai cellulari, trabocca dalle televisioni, domina la conversazione culturale e social e minaccia seriamente di sopraffarci”. “È come un rumore bianco, con la gente che urla su cose di cui spesso non sa o su cui non avrebbe niente da dire, sempre più concentrata su se stessa, rancorosa, invidiosa, che pensa di meno e reagisce di più” ed è un fenomeno che s’allarga a macchia d’olio. Il sociologo Guido Lazzarini, autore del libro “Aggressività e violenza. Fenomeni e dinamiche di un’epoca spaventata” (Franco Angeli) dice: “Abbiamo perso quel senso di appartenenza, che ci dava sicurezza e vincoli, alla famiglia, al lavoro, a un partito politico, a un’associazione.” “Quella di cui soffriamo oggi è una sorta di nuova maleducazione, più sostanziale che formale. Perché è l’espressione diretta del malessere che vive la nostra società, della discrasia tra un passato che non c’è più e un futuro incerto (…)

Alzare i toni è un modo per ottenere consensi, per farsi sentire meglio, ce lo ha insegnato la televisione. E lo insegnano oggi i social dove il linguaggio irriverente, sdoganato dai media, si è inevitabilmente amplificato”, Giovanni Boccia Artieri, docente di Sociologia dei media digitali all’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, infine scrive: «Impazza un’insolenza che sfocia nell’aggressività: intervenire a sproposito, postare foto denigranti, praticare l’hate speech, cioè l’incitamento all’odio». Henry David Thoreau scrive: “Il complimento più grande che mi è mai stato fatto fu quando uno mi chiese cosa ne pensassi, ed attese la mia risposta”.

La maleducazione si fa evidente nella televisione dove c’è chi urla, chi minaccia, chi intercala con parolacce, chi interrompe l’intervento, chi improvvisamente si alza, abbandona la sedia o la poltrona dove stazionava fino a qualche minuto prima, e grida in faccia di chi si rifiuta di ascoltarlo, c’è, infine, chi smanetta con il cellulare incurante degli altri che aspettano che lui prenda la parola, E’ necessario ribellarsi alla schiera degli imbecilli “laudatores” di una televisione cafonesca, e tornare tutti all’educazione che ci è stata impartita nella famiglia, nelle scuole, nelle parrocchie, che esclude quel linguaggio sguaiato e ci impegna a rispettare gli altri e a essere prudenti nell’uso delle parole che come dei sassi possono ferire a morte.