Crisi climatica, fame, mancanza di educazione, conflitti e affiliazione a gruppi armati, migrazioni di massa a causa di guerra e povertà e catastrofi naturali, mortalità infantile. Sono queste le principali sfide che i bambini dovranno affrontare in tutto il mondo nel 2022, evidenziate oggi da Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro.
Dopo quasi due anni di pandemia, che ha agito da acceleratore di disuguaglianze in tutto il mondo, soprattutto nelle aree più disagiate del pianeta, Save the Children ha identificato le “7 sfide” che sono chiamati ad affrontare i bambini.
L’Organizzazione ribadisce il proprio impegno per contribuire con determinazione e competenza a vincere queste grandi sfide globali, che delineano una situazione allarmate per l’anno che sta per arrivare. Uno scenario in cui 2 milioni di bambini sotto i 5 anni rischiano di morire per cause legate alla malnutrizione e il tasso di mortalità infantile ha una concreta probabilità di aumentare per la prima volta in 30 anni. Almeno 117 milioni di bambini non frequentano la scuola a causa della pandemia, 450 milioni vivono in zone in conflitto e circa 25 bambini al giorno vengono reclutati da gruppi armati. Bambini in balia della crisi climatica, con un rischio di esposizione ad ondate di calore per i nati nel 2020 di 7 volte superiore rispetto ai loro nonni, oppure protagonisti di grandi migrazioni, con il numero di minori sfollati più alto dalla seconda guerra mondiale.
“Un secolo fa, all’indomani della prima guerra mondiale e della pandemia del 1918, la fondatrice di Save the Children, Eglantyne Jebb, promosse l’idea che ogni generazione di bambini offrisse all’umanità la possibilità di ricostruire il mondo partendo dalle sue stesse macerie. La sua intuizione fu quella di investire nel futuro dei bambini per uscire da momenti di profonda crisi: la pandemia di coronavirus è il più grande sconvolgimento globale della nostra epoca, ha decimato le economie, messo alla prova i sistemi sanitari fino ai loro limiti e sta modellando sempre più la politica. In questo scenario, i bambini che saranno ricordati per essere stati “la generazione Covid”, sono coloro che rischiano di pagare il prezzo più grande. È necessario affrontare le sfide che sembrano caratterizzare il nuovo anno e che sono interconnesse tra loro, con decisione e anche con inventiva, per rispondere allo stallo o, nel peggiore dei casi, all’inversione di tendenza nei progressi fatti per garantire ai più piccoli un futuro migliore. In caso contrario, non solo questa generazione ma anche quelle future pagheranno un prezzo enorme, in Italia e nel mondo”, ha dichiarato Daniela Fatarella, Direttrice di Save the Children Italia.
L’emergenza fame
La sfida numero uno è quella che riguarda la crisi alimentare che come mai negli ultimi decenni sta registrando dati allarmanti. Save the Children sottolinea come, nell’anno appena trascorso, una tempesta perfetta di Covid-19, conflitti e cambiamenti climatici ha portato milioni di bambini in più alla malnutrizione e nel 2022 si stima che due milioni di bambini sotto i cinque anni moriranno per cause legate alla fame. A questo ritmo così lento, con in aggiunta le difficoltà determinate dalla pandemia, gli obiettivi nutrizionali globali non saranno raggiunti entro il 2025. I livelli di malnutrizione sono attualmente inaccettabili: ben 149,2 milioni di bambini sotto i 5 anni sono rachitici, 45,4 milioni sono deperiti e 20,5 milioni di neonati (14,6% di tutti i nati vivi) hanno un basso peso alla nascita.
Il mancato accesso all’educazione
Un’altra grande sfida, prosegue l’Organizzazione, è quella che riguarda la scuola. Tornare sui banchi dopo due anni di istruzione interrotta o a singhiozzo, infatti, per molti bambini, bambine e adolescenti nel mondo non sarà un’impresa facile. Save the Children stima che almeno 117 milioni di bambini in tutti i paesi (circa il 7,5% di tutta la popolazione scolastica mondiale) non vadano ancora a scuola a causa del Covid-19. Questi si aggiungono ai 260 milioni di bambini che non frequentavano le lezioni anche prima della diffusione del virus. Ma più a lungo i bambini rimangono fuori dall’istruzione, meno è probabile che torneranno nuovamente a frequentare le lezioni, con le ragazze particolarmente a rischio di abbandono scolastico e spesso costrette a sposarsi precocemente. L’impatto dei mesi di scuola persi è drammatico: un recente studio sottolinea che i bambini di 10 anni che non sono in grado di leggere un testo potrebbero essere già passati dal 53% di prima della pandemia, al 70% di oggi.
La guerra che distrugge l’infanzia
Save the Children stima che 450 milioni di bambini vivano in zone in conflitto, di cui quasi 200 milioni in quelle più pericolose al mondo (con un aumento del 20% rispetto ai 162 milioni di un anno fa), il numero più alto da oltre un decennio. Save the Children, sottolinea l’impegno di molte organizzazioni per i diritti umani e per i diritti dei bambini nel cercare di proteggere i più piccoli dagli effetti peggiori della guerra, ad esempio facendo in modo che 112 paesi aderiscano alla Dichiarazione sulle scuole sicure che rende le scuole luoghi sicuri nelle zone di guerra. L’Organizzazione, inoltre, evidenzia come siano tantissimi i bambini che in vita loro non hanno conosciuto altro che la guerra, con conseguenze gravissime sulla loro salute mentale.
Il reclutamento dei gruppi armati
Oltre ai bambini che vivono in zone di conflitto, sottolinea l’Organizzazione, ce ne sono molti altri che risiedono in luoghi non sicuri, dove l’ascesa di gruppi armati che sfruttano proprio il reclutamento e l’utilizzo dei più piccoli è in crescita continua: tali gruppi nell’ultimo periodo sono passati da 85 a 110, e la pandemia, con l’interruzione della frequenza scolastica ha reso i bambini più accessibili e quindi più vulnerabili e a maggior rischio di reclutamento forzato. Nel solo 2020, i bambini reclutati sono stati circa 8600, circa 25 al giorno, con un aumento del 10% rispetto all’anno precedente. Dai bambini nati da membri dell’ISIS nel NE Siria ai bambini associati a gruppi armati nella RDC: nel 2022, ribadisce Save the Children, una delle prove più sfidanti sarà quella di continuare a lavorare per liberare, rimpatriare e reintegrare questi bambini e cercare restituire loro ciò che resta della propria infanzia.
La crisi climatica
I bambini nati nel 2020 saranno esposti a eventi climatici estremi molto più che in passato e le ondate di calore li colpiranno in media 7 volte in più rispetto ai loro nonni, subiranno 2,6 volte in più la siccità, 2,8 volte in più le inondazioni dei fiumi e circa 3 volte in più la perdita dei raccolti agricoli e il doppio gli incendi devastanti.
Il vertice sul clima COP26 di Glasgow a novembre ha rappresentato una sorta di punto cruciale per l’attivismo giovanile, che si è imposto con assertività e grande inquietudine grazie anche a Greta Thunberg che ne è la portabandiera. Le promesse fatte dai leader mondiali a Glasgow rimangono inadeguate e i bambini saranno quelli che più soffriranno dell’inerzia degli adulti di fronte al disastro ambientale in corso, pur non avendone alcuna responsabilità. Tutti gli occhi saranno puntati sulla COP27 nel 2022, per vedere se i leader saranno in grado di trasformare quello che è stato definito il “bla bla bla” di Glasgow in azioni concrete per garantire il futuro di bambine, bambini e adolescenti.
Le grandi migrazioni di profughi e sfollati
Tra il 2005 e il 2020, il numero di bambini rifugiati è più che raddoppiato, passando da quattro milioni a circa 10 milioni[1], mentre il numero dei bambini sfollati a livello globale oggi è quello più alto dalla Seconda Guerra Mondiale. Le immagini di bambini che cercano di attraversano le frontiere o che muoiono durante il tragitto, hanno regolarmente commosso l’opinione pubblica ma solo occasionalmente modificato le politiche in atto. Il flusso di famiglie disperate in fuga pone davanti un’ulteriore sfida per il 2022, cioè quella di trovare un rifugio a chi è costretto ad abbandonare le proprie case a causa di guerra, povertà e crisi climatica, mettendo al centro le persone e non le frontiere.
La mortalità infantile
Negli ultimi 30 anni, infatti, i tassi di mortalità infantile sono scesi quasi del 60%. Con la pandemia, però, la forte pressione sui servizi sanitari di tutto il mondo ha causato malattie che in precedenza erano quasi state debellate, ed esiste una possibilità molto concreta che il tasso di mortalità infantile cresca nel 2022 per la prima volta dagli ultimi decenni, rappresentando un’inversione di dati disastrosa per la salute delle bambine e dei bambini a livello globale. In 32 paesi i decessi per malaria, in precedenza calati sensibilmente, sono aumentati nuovamente. Recenti scoperte come il primo vaccino efficace contro la malaria, offrono la speranza che i progressi nei vaccini “stimolati dalla pandemia” possano essere d’aiuto ai bambini di tutto il mondo.
“Anche in Italia i bambini hanno di fronte numerose sfide: il paese sta vivendo un calo demografico che sembra inarrestabile, dovuto anche alla mancanza di politiche volte a tutelare la genitorialità, la povertà per contro aumenta di anno in anno. La chiusura delle scuole a causa della pandemia ha ampliato i divari nelle opportunità di apprendimento e l’Italia registra la percentuale di giovani che non lavorano e non studiano più alta d’Europa. Tali sfide possono essere affrontate solo con un lavoro sistemico e le risorse dedicate alla Next Generation e alla Child Guarantee, dovranno essere utilizzate con coraggio e mettendo al centro le giovani generazioni e le loro necessità, per non perdere un’occasione preziosa di rilancio del Paese”, conclude Daniela Fatarella.